Per quest’ultimo romanzo King ha scelto di seguire le tracce di un libro che ha fatto la storia degli horror: Frankenstein.
Ma questo lo si comprende davvero solo alla fine.
All’inizio, lo stesso King afferma che questo libro è per alcuni degli scrittori che hanno costruito le fondamenta della sua casa, e tra essi appare in primis, appunto, Mary Shelley.
I protagonisti sono due: Jamie Morton, colui che sta narrando la vicenda e il reverendo Charles Jacobs.
Il piccolo Jamie incontra il reverendo da bambino, mentre sta giocando, e da quel momento in poi le loro vite si incroceranno ciclicamente e ciclica, appunto, sarà tutta la loro storia.
Il reverendo si affeziona al bambino e gli permette di assistere suoi piccoli esperimenti con l’elettricità. E' un vero e proprio appassionato e si diverte a costruire bizzarri modellini, come un piccolo Gesù che attraversa un laghetto, trainato da un filo.
Jamie ha una famiglia numerosa, un giorno il fratello Conrad perde la voce. Il reverendo lo fa andare a casa sua e, grazie a dei piccoli elettrodi applicati sulla gola, riesce a curarlo.
Passano gli anni e Jacobs si trova a dover affrontare la prova più grande della sua vita: in un banale e tragico incidente stradale, perde la moglie e il figlio. Da quel momento chiude le porte in faccia a Dio, rifiutandosi di accettare che possa esistere un’entità che ti costringa soffrire in questo modo senza darti alcuna spiegazione e consolazione.
Anche Jamie cresce diventa musicista ed entra a far parte di diverse band, finendo col diventare anche schiavo della droga.
Quando i due si reincontrano casualmente, Jacobs è diventato un imbonitore da fiera che fa trucchetti, manco a dirlo, utilizzando l’elettricità. Il reverendo lo riconosce e, grazie ad una sua invenzione, riesce a curarlo dalla dipendenza.
In effetti, Jacobs sta aiutando molte persone affette da varie malattie, ma non sempre i suoi rimedi sono innocui. Alcune volte si presentano degli strani effetti collaterali...
A differenza di altri romanzi recenti, qui ho ritrovato la voglia del raccontare del primo King. Non ci sono colpi di scena "cinematografici" o svolte "mozzafiato"; pare che l'autore si lasci andare al puro piacere di scrivere senza pensare (troppo) a quel che potrebbe dire il “caro lettore”.
Diciamo che questo King è meno… pifferaio magico (o imbonitore da fiera) e più scrittore.
Naturalmente il libro è scritto bene, come sempre; anzi, benissimo.
Una storia più soft, potabile e curiosa.