“Le memorie di una gatta” il volume a firma dell’autrice Lodovica San Guedoro è una storia decisamente “sui generis” narrata da una protagonista inusuale: una “gentilgatta” dal pelo folto e nerissimo. Una creatura astutamente intelligente e dolcemente coccolosa come solo i gatti sanno essere. Una micia colta e istruita tanto da decidere di scrivere, ormai a tarda età, le sue memorie in un’autobiogattografia.
Qualcuno ha detto che i gatti prima o poi comanderanno il mondo e mai affermazione fu più fondata, come si può evincere del Muzzi-pensiero sugli umani: “Assecondarli, circuirli, fare le viste di accettare le loro condizioni, insomma, tenere in pugno il timone, lasciando credere di essere loro a decidere la rotta, comandarli con apparenza di servirli, è la nostra divisa infallibile”, tant’è che la prodigiosa eroina del romanzo precorre i tempi e tra una tolettatura, una caccia, un riposino e un’affilatura alle unghie, asseconda l’ispirazione e con un sommesso ron ron riporta con puntuale precisione aneddoti, eventi, situazioni e personaggi che, avvenuti nel mondo umano, si sono ripercossi in maniera più o meno positiva sulla sua longeva e “gattolica” esistenza.
Al sornione tentennamento iniziale, tipico della sua razza, piano piano, pagina dopo pagina Muzzi, la gattina scrittrice, ci conduce in una natura quasi incontaminata ricca di profumi, odori, rumori e ronzii per assistere alle sue spericolate avventure sui tetti muschiosi, tra i rami degli alberi, sotto il fitto fogliame del bosco o attraverso i pertugi aperti tra le pietre di antiche mura.
Ecco, quindi, la Muzzi ra-gattina felice con i suoi genitori umani che, in punta di zampine, arriva nella colorata campagna senese. Terrorizzata dall’incontro-scontro con il bullo e invadente gattone rosso, stupita ed incredula all’arrivo di un pigolante fratellino.
Poi la trasformazione in un’elegante, bucolica ra-gatta che oltre ai crocchini e ai salsicciotti si nutre, per trasmissione diretta dalla sua mamma umana, di letteratura e dalla quale trarrà la sua vena ispiratrice. Ed, infine, un’amabile gattona che, dopo aver lasciato la leggendaria Valle dei Grilli viaggia per mezzo mondo insieme alla sua famiglia umana, condividendo con essa, quale membro alla pari, gioie e dolori, sacrifici e umiliazioni, vittorie e delusioni.
Ed è proprio in tale intreccio e condivisione parenterale che Lodovica San Guedoro, invertendo la prospettiva, diventa essa stessa gatta e Muzzi autrice.
Una mossa astutissima, un ribaltamento di vedute riuscito alla perfezione, una trasformazione camaleontica nella quale le emozioni umane della San Guedoro assorbite e “felinizzate” da Muzzi arrivano al lettore con una dirompente incisività.
Nell’excursus semplice e avvincente della trama, c’è tutta la forza del romanzo: dalla rievocazione allegra, triste e a volte ironica delle tappe fondamentali dell’esistenza dell’una che sono, poi, le medesime dell’altra, dalla sonnacchiosa campagna Toscana, dalle sue valli e colline, dai boschi, dai mille e mille filari di vite, alle città rumorose e indifferenti, dall’abbandono forzato al ritorno agognato, dall’elaborazione del lutto alla ricerca di nuove motivazioni esistenziali fino alla nascita della casa editrice Felix Krull.
Attenzione a non farvi fuorviare perché Muzzi è e resta l’antitesi delle opere di Esopo e di Fedro perché fino alla fine del volume manterrà sempre la sua felinità, niente e nulla riusciranno ad umanizzarla, per sua fortuna!
“Ve ne sarete accorti, tra gatti e uomini corre, malgrado tutta la comprensione reciproca e la complicità, una gran differenza.
Nonostante l’innata attitudine a condividere l’intimità e i suoi piaceri ci faccia apparire come fatti gli uni per gli altri, siamo molto molto diversi.
Questa diversità si nota ora di più ora di meno, ma, quando, dal piano della vita immediata si passa a quello morale, direi che esplode alla luce del sole.
I loro bisogni spirituali si rivelano, allora, troppo spesso in contrasto con i nostri, i loro punti di vista non coincidono quasi mai con quelli di noi gatti, i motivi dell’agire degli uomini sono il più delle volte impenetrabili per noi e i nostri fanno aggrottare la fronte a loro.
Arriveremo a capirci, mi domando, prima della fine del mondo, prima che la Terra scompaia, come è apparsa, nell’immensa notte dell’Universo? Io non lo so, ma propendo a credere di no.”
Come si nota dal breve e significativo estratto, il modo di scrivere della San Guedoro è classico, elegante e i preziosismi lessicali toscani che non di rado si incontrano nella lettura lo rendono appropriato ad una gatta dalle nobili (seppur solo da parte materna) origini.
La struttura è scorrevole e eccellente la cura con cui Muzzi/Lodovica San Guedoro ha selezionato i vocaboli.
Struggente il capitolo di Pio, l’adorato fratellino peloso, compagno di mille avventure, che ingenuo e fiducioso nei confronti degli esseri umani salirà precocemente sul Ponte dell’Arcobaleno per la mano assassina di alcuni cacciatori: “quell’orribile genìa si comporta spesso così con i gatti, nei quali vede solo rivali che le sottraggono gli uccelli”.
Ho appreso, con piacere, che “Le memorie di una gatta” è candidato al Premio Strega 2019, un concorso ambito e di alto spessore culturale, pertanto auguro all’autrice Lodovica San Guedoro e alla Felix Krull Editore ma, soprattutto, alla nostra Muzzi, il mio più caloroso “In bocca a mamma gatta!”. A mio modestissimo avviso è un riconoscimento che il volume meriterebbe appieno e rappresenterebbe con onore.
Concludo con le parole di Harold Weiss che se: “Un gatto non dormirebbe mai su un libro mediocre” figuriamoci scriverlo! Non potrà che essere un’ottima, rilassante e deliziosa lettura come lo è “Le memorie di una gatta”, aggiungo io.