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Una chiave di lettura della tetralogia L’amica geniale
di Marigiusy Digregorio
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Una chiave di lettura della tetralogia L’amica geniale

Dopo la fortunatissima serie tv prodotta dalla Rai in collaborazione con HBO, la tetralogia della Ferrante torna a far parlare di sé: l’anno prossimo sarà trasmessa la seconda stagione, anche se la data risulta essere ancora incerta.

Naturalmente, prima ancora di approdare al prodotto cinematografico, “L’amica geniale” è, innanzitutto, un’opera letteraria e, come tale, scalpita di vita, di morte e di dolore. La saga consta di quattro volumi: “L’amica geniale”; “Storia del nuovo cognome”; “Storia di chi fugge e di chi resta” e “Storia della bambina perduta”. Essa ricopre un lasso di tempo molto vasto, in quanto è incentrata sulla vita di due donne, Elena Greco, detta Lenù, e Raffaella Cerullo, detta Lila, dalla tenera infanzia alla vecchiaia.

Fin qui nulla di nuovo, ma cosa rende così speciale e singolare questa saga?

Innanzitutto, la scrittura della Ferrante: uno stream of consciousness rivisitato e riadattato, un fiume in piena di emozioni che rende le parole vive, palpabili, sanguinanti. Il suo punto forte sono senza dubbio le descrizioni non solo delle condizioni sociali della Napoli del Secondo Dopoguerra, tradotte su carta in maniera estremamente realistica, ma anche dell’animo umano. Notevole è, a tal proposito, la smarginatura così tanto temuta da Lila e che ricorre in moltissimi momenti dei romanzi: ad esempio, Rino – suo fratello - si smargina quando perde se stesso, sino a liquefarsi, confondendosi e mescolandosi con l’ambiente mafioso, prepotente che lo circonda, diventando un tutt’uno con esso. Questo è il primo episodio di smarginatura che toccherà profondamente Lila.

Un altro aspetto è ovviamente legato all’ambientazione, Napoli, precisamente il rione, distinto, quasi isolato dalla città, perché selvaggio, retrogrado. La vita del rione è scandita dalle prepotenze delle due famigerate famiglie dei Solara e dei Carracci, proprietari di buona parte degli stabilimenti e non solo. L’influenza esercitata dal luogo natìo è talmente forte da condizionare per sempre la vita delle protagoniste, anche quando una delle due, Elena, si trasferisce a Pisa, dove riuscirà a sopravvivere ai vari soprusi subiti in quanto meridionale (e donna) proprio grazie al dialetto, agli insulti e in alcune circostanze persino ai pugni. Un po’ come a dire, insomma, che dalle proprie radici non si può fuggire.

Non si può prescindere, chiaramente, dal tema dell’amicizia. La particolarità di questa saga è anche lo sguardo, la prospettiva con cui la Ferrante descrive il complicatissimo rapporto tra le due ragazze. Poiché amicizia è anche invidia, gelosia e persino odio e non c’è spazio per mere idealizzazioni   che, in effetti, striderebbero con il realismo quasi esasperato dell’opera.

Perché realismo? La Ferrante ci apre uno squarcio sul mondo dell’educazione infantile di quegli anni, della violenza a cui i bambini – e le donne – erano abituati. I padri di famiglia erano padroni indiscussi e le percosse erano semplicemente la normalità. Realismo è anche quello con cui si guarda ai rapporti di potere, alle gerarchie sociali, al fatto che ogni attività commerciale sia contrassegnata da un marchio, quello mafioso, da cui non si può assolutamente prescindere.

Tutto questo – e tanto altro - rende i romanzi di Elena Ferrante preziosissimi, testimonianza di realtà che spesso si tende a reprimere, a minimizzare, eppure ci sono state – in alcuni casi ci sono ancora -. Allora, perché scandalizzarsi?

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Elena Ferrante (Napoli, 1953) è una scrittrice italiana.
Nata e cresciuta a Napoli, fra i suoi autori preferiti cita Elsa Morante. Dal suo primo romanzo, L'amore molesto, edito nel 1992, è stato tratto l'omonimo film di Mario Martone. Dal romanzo successivo, I giorni dell'abbandono, edito nel 2002 e finalista al Premio Viareggio, è stata realizzata la pellicola omonima di Roberto Faenza. Nel volume La frantumaglia, edito nel 2003, racconta la sua esperienza di scrittrice.

È opinione diffusa che il suo nome sia uno pseudonimo, per quanto tale ipotesi non sia accreditata dalla scrittrice. Tra le ipotesi fatte sulla sua possibile identità ci sono quelle di Anita Raja, moglie di Domenico Starnone nonché saggista partenopea e traduttrice di Starnone stesso; di Goffredo Fofi (nato a Gubbio) e degli editori Sandro Ferri e Sandra Ozzola (delle Edizioni e/o).

Senza aver mai svelato la propria identità[19], ha pubblicato il volume La frantumaglia proprio per soddisfare la curiosità del pubblico nei suoi confronti; in esso sono raccolte le lettere dell'autrice al suo editore, le poche interviste da lei concesse e le sue corrispondenze con lettori d'eccezione.

Fonte Wikipedia: https://it.wikipedia.org/wiki/Elena_Ferrante

A cura di Marigiusy Digregorio



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