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Il sistema di pensiero di Giacomo Leopardi
di Giovanni Pellegrino
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Il sistema di pensiero di Giacomo Leopardi

Per comprendere Leopardi è necessario conoscere l’ambiente sociale e familiare in cui il giovane crebbe, così diverso dalla Venezia in attesa di Campoformio e dai circoli culturali francesi dove si formarono Foscolo e Manzoni.

Per descrivere il sistema di pensiero esamineremo lo Zibaldone, le Canzoni, gli Idilli e le Operette morali.

La fervida attività intellettuale propria del Leopardi portò alla formazione di un vero e proprio sistema filosofico.

Il lavoro di sistemazione del pensiero di leopardi si svolse soprattutto su un’opera lasciata inedita che oggi si è solito chiamare Zibaldone.

Lo Zibaldone contiene un numero grandioso di pensieri appunti ricordi, osservazioni note conversazioni del giovane Leopardi con sé stesso con la sua anima.
Nello Zibaldone ci sono pensieri di svariato tipo che riguardano le letture, le conoscenze del Leopardi di ogni tipo.

Nello Zibaldone Leopardi discute di filosofia di letteratura e di politica ed esprime il suo pensiero sulla natura dell’uomo, sulle nazioni sull’Universo.

Dobbiamo tenere in considerazione che il Leopardi formula delle considerazioni senza preoccupazioni in quanto Leopardi scriveva non per gli altri e in vista di una eventuale pubblicazione ma solo per sé stesso.

Il Leopardi scrisse lo Zibaldone non per pubblicarlo ma per perfezionarsi, ammaestrarsi e compiangersi.

Per questa ragione lo Zibaldone è una fonte insostituibile per conoscere la mente e l’animo del Leopardi.

Dobbiamo dire che quasi ogni articolo dello Zibaldone è segnato dall’anno dal mese e dal giorno in cui fu scritto.

L’arco temporale coperto dallo Zibaldone va da luglio del 1817 al 4 dicembre 1832 ma la maggior parte di esso è stata composto fra il 1817-1827 cioè i dieci anni della gioventù più feconda e operosa del Leopardi anche se la più triste e dolente.
Il manoscritto dopo la morte del Leopardi fu affidato ad Antonio Ranieri un mediocre letterato che gli fu vicino negli ultimi anni.

Lo Zibaldone fu pubblicato solo nel 1898.

Qualunque sia il giudizio che si possa dare sul suo valore concettuale, lo Zibaldone è indubbiamente uno strumento indispensabile della comprensione del Leopardi uomo come del Leopardi scrittore.

Proprio in questi anni il Leopardi diede al suo pensiero una prima sistemazione caratterizzata però da notevoli contraddizioni.

Punto di partenza psicologico era quella chiusura in sé stesso ed estraniazione dal mondo circostante proprio da questa incapacità di adattarsi al mondo reale generò quella che il Leopardi definì la “noia”, un termine attinto dalla cultura sensistica nella quale indicava uno stato di vuoto interiore d’inerzia della sensibilità.

Secondo il Leopardi questa noia era provocata non da ragioni individuali ma sociali e storiche cioè dal conflitto già studiato da Rousseau tra Natura e Civiltà.
Secondo il primo Leopardi la Natura ci crea felici soprattutto perché ci dà una capacità di vita interiore ed esteriore energica e viva.

La Natura ci fornisce una sensibilità e un’attività che possono riempire la nostra vita e creare una società sana nella quale ogni individuo può esprimere pienamente sé stesso.

Nello Zibaldone Leopardi afferma che la civiltà distrugge questo stato felice sostituisce agli errori fecondi il “vero” uccidendo le illusioni indebolendo la sensibilità spegnendo gli ardori generosi.

Secondo Leopardi in un tale stato di cose il mondo si è trovato dall’inizio dell’impero romano fino a prima dell’inizio dell’Illuminismo.

Leopardi fu per tutta la vita ammiratore entusiasta della cultura dell’ Illuminismo in cui vide il tentativo più nobile e più coerente di riparare ai mali dell’umanità .
Di conseguenza Leopardi fu ammiratore della rivoluzione francese e della filosofia settecentesca che aveva preparato la rivoluzione francese .
In questi anni dunque il pensiero del Leopardi si basa su alcuni punti fondamentali .
Anelito dell’uomo alla felicità , felicità dello stato di natura perdita di questa felicità attraverso lo sviluppo della civiltà .

Leopardi mette in evidenza i tentativi dell’Illuminismo e della rivoluzione di ripristinare lo stato di felicità degli esseri umani tentativi purtroppo falliti.

Di conseguenza dopo il fallimento della rivoluzione francese il mondo si trovava in uno stato di inerzia caratterizzato dalla perdita della sensibilità e della vita del cuore che avrebbe potuto assicurare una felicità purtroppo definitivamente persa.
Da quanto abbiamo detto appare chiaro che per Leopardi in quel periodo storico la propria infelicità come quella di tutti gli uomini del suo tempo era un fatto sociale di tipo storico causato dalla corruzione della società.

Questo tipo di pessimismo è stato definito storico.

Negli anni successivi il Leopardi cambierà idea passando a un altro tipo di pessimismo più radicale.

Negli anni compresi tra il 1818-1823 Leopardi compose una serie di liriche nelle quali si espressero lo stato d’animo e la visione del mondo che sono presenti già nello Zibaldone. .
Prima e dopo il 1818 il Leopardi cercò di esprimere il suo mondo interiore molto complesso ma non ancora decantato.

Il genere letterario scelto dal Leopardi lo ricollega alla tradizione lirica italiana.
Le Canzoni questo il titolo dell’opera di Leopardi sono un’opera di schema petrarchesco.
I temi trattati sono molto ampi e variegati.

Alcuni di essi sono tratti dalla cultura classica mentre altri sono tratti dalla cultura moderna sono rivissuti con uno spirito classico.

Tutti i temi presenti nelle Canzoni sono sviluppati con una eloquenza elegante nei modi della lingua poetica tradizionale. Dal punto di vista formale il Leopardi sembra non essersi avveduto di quanto era successo attorno a lui negli ultimi decenni.
Infatti in quel periodo della sua vita il Leopardi respingeva ancora le tesi romantiche di una letteratura nazionale popolare. Il giovane poeta in quest’opera non mostrava ancora precisi interessi politici ma solo un patriottismo generico e letterario.
Dobbiamo dire che in questi versi egli mette tanto di sé stesso e rivela una personalità in fermento.

Le novità tuttavia vi sono: il patriottismo è sì generico e letterario ma ha pure una sua intimità perché il lamento sulla decadenza della Patria e il Leopardi tutt’uno con il lamento sulla propria giovinezza inoperosa.

 Il Leopardi prova un profondo tormento per il fatto di stare a Recanati ozioso e inutile quando tanto avrebbe potuto fare per sé stesso e per la Patria.

In sintesi possiamo dire che lo stato d’animo e la visione della vita che si sono colti nello Zibaldone sono presenti anche nelle Canzoni.

Insomma dietro queste Canzoni vi è lo Zibaldone con quella rete fitta di meditazioni in cui la considerazione del proprio destino individuale si intrecciava con la sorte infelice di tutt’un epoca.

 Negli stessi anni il Leopardi compose intrecciandola con le Canzoni una serie di sei liriche pubblicate nel 1826 con il titolo di Idilli.
Il titolo desunto dal poeta greco Mosco è adoperato nel significato greco di “quadretto”.
Dietro gli Idilli è presente lo stesso mondo di tesi che è presente nelle Canzoni e nello Zibaldone.
Diversa però è la tecnica scelta per esprimere quel suo complesso e variegato mondo interiore.

Infatti nelle Canzoni Leopardi è tutto proteso verso l’esterno verso gli uomini mirando a educare e convincere gli altri alle proprie tesi. 

 Negli Idilli al contrario il poeta è tutto raccolto in sé stesso.

Questo è lo schema degli Idilli.

 Nel 1824 Leopardi compose rielaborando pensieri già segnati nello Zibaldone e sviluppando disegni precedenti e in parte inventando originalmente alcune prose satiriche fantastiche e filosofiche.

 Queste prose furono pubblicate in un volume nel giugno 1827 col titolo di Operette morali.
Negli anni seguenti Leopardi aggiunse alle venti Operette già pubblicate altre cinque composte epoche diverse.

Trovare nelle Operette morali una rigida unità concettuale è difficile in quanto esse riflettono stati d’animo e atteggiamenti sentimentali e mentali diversi.
D’altra parte in essi si accavallano due posizioni diverse del Leopardi di fronte alla vita tanto che proprio nel corso di tali opere egli passò dal pessimismo storico a ciò che potrebbe definirsi pessimismo cosmico.

Mentre nel pessimismo storico la colpa dei guai e dei problemi degli esseri umani era da attribuire alla corruzione esistente nella società nel pessimismo cosmico l’atteggiamento di Leopardi cambia radicalmente.

La colpa dell’infelicità dell’uomo è attribuita alla natura matrigna.
Per Leopardi l’uomo è figlio di una natura matrigna destinata al pianto e alla morte cosicché l’uomo non ha che un solo modo di affermare la sua dignità e nobiltà ovvero guardare in faccia serenamente con lucidità di mente e fermezza la realtà e il proprio triste destino.

Perciò ogni volta che Leopardi pensa al dolore dell’uomo alla vanità del suo sperare e illudersi un senso fraterno di pietà lo commuove ed egli compiange il suo triste destino e l’altrettanto triste destino degli altri uomini.

 Ma se l’uomo incapace di guardare in faccia la realtà va dietro vane illusioni il Leopardi si sforza per mezzo dell’ironia e del sarcasmo di strappare i veli dagli occhi degli uomini e chiarire loro quale sia la loro naturale miseria dovuta al fatto dell’esistenza di una natura matrigna.

Riguardo alla prosa delle Operette Morali dobbiamo dire che a volte è caratterizzata da un’eloquenza appassionata a volte si distende in una gelida impassibilità come quando descrive la pace infinita e il nudo silenzio che un giorno prenderà il sopravvento sul vano rumore del mondo.

 Detto ciò riteniamo concluso il nostro discorso sul sistema di pensiero di Giacomo Leopardi.

A cura di Giovanni Pellegrino



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