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Pochissimi, in Italia, sono coloro che possono identificarsi con la fantascienza, nel senso che a essa dedicano (o hanno dedicato) l’intera esistenza e quindi essenzialmente d’essa vivono o sono vissuti, in qualità di editori, o curatori, scrittori, critici, traduttori, talent scout: per enumerarli basterebbero le dita d’una mano: fra costoro c’è Ugo Malaguti.
La sua carriera fantascientifica mostra peraltro ulteriori caratteristiche di unicità e, verrebbe da dire, di “predestinazione”. Nato nel 1945 a Bologna, dove si diploma presso il Liceo linguistico e dove tuttora vive e lavora, Ugo Malaguti esordisce a 15 anni sul n. 74 del quindicinale Oltre il cielo (1960) con il racconto Sogno di millenni – poi rimasto famoso esempio di “fanta-archeologia” – sulle orme delle fascinose benché fantasiose teorie di Peter Kolosimo e dei romanzi di L.R. Johannis (quest’ultimo uno dei “padri fondatori” della nostra fantascienza, attivo negli anni Cinquanta).
Seguono, sempre nei Sessanta, un cospicuo numero di racconti (ancora su Oltre il Cielo, poi anche in coda ai romanzi della collana “Cosmo” ed. Ponzoni e su “Galassia”) nonché romanzi a puntate (Oltre il Cielo, “Cosmo”).
Contemporaneamente alcuni numeri di “Cosmo” sono dedicati a suoi romanzi, presentati con lo pseudonimo “Hugh Maylon”: il genere è gradevolmente avventuroso e fra i titoli spiccano I giganti immortali (1963), I figli del grande nulla (1965), SOS per la Galassia (1965). Alcune storie brevi riprendono in modo alquanto personale temi ispirati alla social science fiction (espressione in Italia tradotta “fantascienza sociologica”), filone promosso dalla rivista statunitense “Galaxy” e da poco “sbarcato” anche in Italia. Gli alfieri sono Robert Sheckley, Frederik Pohl & Cyril Kornbluth, William Tenn e alcuni altri. Fra i racconti “sociologici” malagutiani acquistano notorietà, negli anni 1962-65, Diritto di voto, Chi ha ucciso il pettirosso, Festa di primavera, L’apprendista stregone, Toreador (che viene lodato da Umberto Eco), Tiro al piccione, Il ghetto di Milano, Sei diventata nera (gli ultimi tre scritti con Luigi Cozzi). Il ghetto di Milano ha per scenario un’Italia divisa in Confederazione Nordista e Centrosud Fascista; in Chi ha ucciso il pettirosso?gli umani, col loro lassismo e scarsa sensibilità politica, permettono ai robot d’infiltrarsi nei centri di potere assumendone il controllo; in Tiro al piccione, che si svolge negli Usa, una setta organizza periodicamente l’uccisione del Presidente della Federazione Americana: l’assassino – nella fattispecie il Tiratore Wilkes Elbow – riuscirà a dileguarsi grazie alla generale complicità. Come anticipavamo si tratta, nel caso di Malaguti, d’una fantascienza sociologica sui generis che alle tematiche sociali (il martellamento dei mass media, la disoccupazione, il razzismo, la spersonalizzazione dell’individuo in una società massificata, la perdita di valori fondanti, il pericolo atomico derivante dalla situazione di Guerra fredda) mescola, secondo una formula tutta personale, momenti grotteschi se non addirittura surreali.
Il “giro di boa” si verifica nel 1965: apprezzatissimo da Roberta Rambelli, Malaguti è da questa chiamato ad affiancarla nella cura delle collane “Galassia” e “SFBC” (“Science Fiction Book Club”) dell’editrice piacentina La Tribuna, poi a sostituirla: egli diviene così il più giovane curatore professionista italiano.
Il 1965 è anche l’anno in cui è dato alle stampe il suo primo romanzo importante, Il sistema del benessere (Galassia” n. 51), anch’esso a sfondo sociologico nel senso “malagutiano” accennato. Vi si descrive una futura società totalmente caotica in cui trionfano valori negativi e il Potere è in mano a una casta ben mascherata; anche qui sono presentate, nel disastro, parodie e situazioni paradossali, talora di stampo goliardico.
Appare tuttavia chiaro che nel Dna del Malaguti scrittore fremono anche altre istanze e tensioni. Il romanzo successivo, Satana dei miracoli (1966, “Galassia” n. 69) rivela notevole maturità ed è ricco di tematiche “esistenziali” oltre che sociali. L’azione è ambientata su un pianeta dove gli umani sono fuggiti per evitare una persecuzione religiosa attuata dai robot. Questi ultimi, manovrati da gruppi che oggi chiameremmo fondamentalisti, hanno ripristinato Inquisizione e roghi schierandosi dalla parte di Dio ed eliminando chi non si faccia seguace della “vera religione”. Succede quindi un capovolgimento di ruoli: Dio è visto dagli uomini come simbolo del Male, Satana del Bene. E mentre i robot mandano al rogo le “streghe”, gli umani bruciano le “sante”.
Alla fine gli uomini l’avranno vinta, ma il finale non ripristina alcuna speranza. Un’opera decisamente personale e tematicamente attualissima; un atto d’accusa contro il dogmatismo ideologico e l’uso distorto della tecnologia.
Cominciano così a delinearsi alcuni temi dominanti dell’Autore, che con gli anni si approfondiranno. Seguono nel ’68 due romanzi. La ballata di Alain Hardy è una nuova opera a sfondo sociologico, condotta con mano ferma e imperniata sul tema della “responsabilità”. Anche qui il finale non è consolatorio e la sconfitta del protagonista è quella di coloro che si scaricano delle proprie colpe e delegano agli altri: è, in sostanza, la nostra sconfitta. L’odissea di Alain Hardy invece, nonostante la presenza dello stesso protagonista, è un’oasi di disimpegno che recupera i canoni di una allegra, scatenata e talora fracassona avventura.
Nel 1967 Malaguti fonda una propria casa editrice, la Libra, dando vita alla rivista “Nova Sf*” attorno alla quale saranno poi create altre collane: “Gli Slan” e “I Classici”, che rispettivamente presenteranno in volumi rilegati e sovracopertinati, con traduzioni integrali, la prima molti testi fondamentali della fantascienza anglosassone inediti, la seconda opere già edite in anni trascorsi ma solitamente in versioni mutile (in Italia è la prima iniziativa di questo tipo). Una successiva terza collana, “Saturno” verrà dedicata a opere più avventurose, anche di autori francesi o italiani. La Libra vende esclusivamente per corrispondenza.
Nel 1968 esce uno dei racconti migliori e più famosi di Malaguti, Di alcuni delitti a Londra, la cui inventività sconfina nell’incubo metafisico. Verso la fine del ’69 Malaguti lascia definitivamente La Tribuna per dedicarsi alla sua casa editrice. Del 1970 è il ponderoso, ambizioso romanzo Il Palazzo nel cielo, che presenta un altro volto dell’Autore. Siamo sulla scia del Sessantotto ed è molto affascinante l’idea di far rivivere il mito dell’Incarnazione su basi tecnologiche. In questa storia il protagonista scopre gradualmente d’essere emanazione del computer ubicato nel Palazzo nel cielo, scesa tra i comuni mortali per sperimentarne la “condizione umana”. Opera senz’altro vasta, ambiziosa, ricca di fantasia e simbologie, secondo alcuni essa presenta talora lentezze, in parte imputate a un caratteristico linguaggio quasi cantilenante di cui c’era già traccia in Satana dei miracoli. E tuttavia Il Palazzo nel cielo appare importante perché porta finalmente alla luce la più genuina ideologia di Malaguti scrittore e uomo: quella - per dirla con parole di Vittorio Curtoni - “della totale resa alla tecnologia, (…) della completa mancanza di senso dell’esistenza, o almeno dell’impossibilità di trovarne il significato in un universo immenso e stupido (…) Siamo eterni granelli di sabbia sull’eterna spiaggia che le navi non raggiungono mai.” (V. Curtoni, Le frontiere dell’ignoto, 1977). Dopo un periodo di grave crisi che a fine anni Settanta provoca la chiusura della Libra, Malaguti riemerge nel 1985 per fondare e dirigere la Perseo Libri Srl (www.perseo@perseolibri.it). La nuova editrice intende proseguire con maggior lena il programma temporaneamente e forzosamente sospeso. Riappare quindi “Nova Sf*”, che propone come sempre racconti e articoli di autori classici e nuovi; rinasce anche la storica rivista “Futuro” (creata nei primi anni Sessanta, durò solo 8 celebri numeri) nelle nuove vesti di “Futuro Europa”, dedicata alla narrativa breve italiana ed europea e diretta anche da Lino Aldani, che fu tra i promotori della vecchia “Futuro”. Sono varate le collane “Biblioteca di Nova Sf*” e “Scrittori europei di fantascienza”, con romanzi e raccolte di racconti.
Una caratteristica della Libra prima, della Perseo oggi, è aver sempre proposto anche alcuni autori di lingua non anglosassone, specie europei o sudamericani, e soprattutto aver valorizzato gli scrittori italiani offrendo loro notevolissimi spazi in volumi di ottima fattura. Questa meritoria attività si è intensificata negli ultimi anni: sono apparsi interessanti romanzi francesi e italiani (Yelnick, Sternberg, Henneberg, Carsac, Aldani, Pestriniero, Altomare, Scarpelli, Johannis, Salamone, Castello, Mongini) e antologie personali, talora ponderose, del “meglio” di Miglieruolo, Bellomi, Fambrini, Fazio, Calabrese e altri… incluso recentemente il sottoscritto. Numerosi altri nomi in programma.
Sono apparse invece nella collana “Biblioteca di Nova Sf*” le antologie personali Storie di ordinario infinito di Ugo Malaguti (1988) e Millennium (2001) di Lino Aldani e Ugo Malaguti. Da Storie di ordinario infinito è stato tratto il racconto Elegia, che il sottoscritto ripropone sul n. 51 della rivista “Robot” (ed. Delos Books) nella rubrica “Retrofuturo”, dedicata alla fantascienza italiana d’antan, spesso di difficile reperimento per l’appassionato.
Indubbiamente, senza Ugo Malaguti la fantascienza italiana nel suo complesso sarebbe molto più povera!
A cura di Vittorio Catani
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