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I conflitti interiori di Francesco Petrarca
di Giovanni Pellegrino
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I conflitti interiori di Francesco Petrarca

Petrarca nacque soltanto trentanove anni dopo Dante ma quello era un periodo storico assai agitato, caratterizzato da un rapido evolversi di forme politiche e culturali, ragion per cui trentanove anni costituiscono un intervallo di tempo notevole. Di conseguenza Petrarca visse in un ambiente molto diverso da quello in cui era vissuto e aveva operato Dante. Inoltre Petrarca essenzialmente nelle sue opere maggiori fu un lirico, cioè prese come tema della propria poesia sé stesso e i suoi stati d’animo.

Pertanto la conoscenza della sua vita e dei suoi stati d’animo è di estrema importanza anche se nella vita del Petrarca mancarono avvenimenti straordinari che fossero in grado di incidere sul suo carattere. Per fare un esempio Petrarca non conobbe l’impegno politico di Dante e le amarezze e le umiliazioni dell’esilio che tanto significato ebbero nella vita di Dante.

Tuttavia Petrarca fu dotato di una sensibilità notevole e sottile nonché di considerevoli capacità introspettive, ragion per cui anche avvenimenti di modesto rilievo causarono in lui conseguenze psicologiche importanti e durature.
Possiamo dire che per Petrarca contava non tanto l’avvenimento in sé quanto la commozione, lo stato d’animo che si generava nella sua mente e nel suo cuore. Pertanto per conoscere a fondo l’opera del Petrarca è necessario non soltanto conoscere gli avvenimenti più importanti della sua vita ma anche le reazioni psicologiche del poeta a tali avvenimenti.

Dalla vita del Petrarca emergono alcuni tratti che bisogna sottolineare. In primo luogo Petrarca non fu legato come tutti gli scrittori della sua epoca a una corte o ad una città particolare. Egli fu ciò che diremmo oggi un apolide dal momento che fu ospitato presso signori e città diverse.

 Dal punto di vista psicologico è importante sottolineare che egli conservò intatta la sua libertà di pensiero proprio perché non pose radici in nessuna delle città che lo ospitarono. Egli appena ne ebbe la possibilità si ritirò in un luogo appartato a lavorare e a sognare.

Ma quale fu la posizione storica e politica del Petrarca in quel periodo storico così agitato e travagliato? Possiamo dire che egli fece politica ma a livello altissimo non partecipando alle vicende agitate di quegli anni ma anzi standone al di sopra come un consigliere di altissimo livello.

 Infatti egli compose solenni canzoni con cui rimproverò e ammonì città e signori. Inoltre egli scrisse lunghe lettere di esortazione nelle quali si sollevò al di sopra delle fazioni e delle passioni per incarnare la voce stessa della giustizia.
Questo amore per la giustizia è uno dei tratti psicologici più importanti del Petrarca che lo rendono un esempio da seguire in tutte le epoche storiche. In secondo luogo Petrarca fu al centro di un movimento di cultura tra i più importanti della nostra storia letteraria o anzi della storia letteraria europea.

Oggi egli è conosciuto soprattutto come poeta in volgare autore del Canzoniere ma per i suoi contemporanei egli fu soprattutto il grande dotto che chiuso nella sua solitudine coordinava una rete di letterati e scrittori italiani e stranieri.

Petrarca nella sua solitudine non solo componeva opere ma anche ammoniva, consigliava e incitava questa rete di scrittori. Diremmo oggi, utilizzando un linguaggio psicologico, che gli era piaciuto di grande carisma.

Le sue lettere, definite veri e propri saggi critici, venivano lette, copiate e studiate non solo in Italia.

La sua incoronazione a poeta fu un avvenimento solenne richiesto sia da Roma che dalla grande università parigina della Sorbona.

In sintesi possiamo dire che Petrarca fu una delle figure preminenti del suo tempo e anche della generazione successiva. Addirittura egli segnò uno stacco tra la cultura precedente e quella di cui egli fu l’iniziatore. In questa vasta sua attività intellettuale il rapporto tra latino e volgare fu invertito.

Infatti Petrarca si aspettava la gloria letteraria non dalle opere in volgare ma tra quelle scritte in latino sebbene noi oggi lo conosciamo soprattutto per le opere scritte in volgare a cominciare dal Canzoniere.

L‘affermarsi del volgare aveva creato un nuovo tipo di pubblico ben diverso da quello che seguiva le opere scritte in latino. La nascita del volgare che si era accompagnata con lo sviluppo del Comune, nonché con il costituirsi di un nuovo ceto di lettori rappresentato da mercanti e giuristi, diede luogo ad una svolta di particolare importanza.
Tali persone essendo diventate una classe dirigente all’interno dei comuni volevano acquisire l’educazione e la cultura che una volta possedeva l’antica classe dirigente.

Petrarca non si rivolgeva a questo tipo di pubblico che era stato il pubblico di tanta letteratura del duecento e anche di Dante. Petrarca si rivolgeva e voleva passare ad una casta internazionale di intellettuali, di politici e di funzionari che erano la forza dirigente non certamente dei comuni ma dell’impero, e della curia avignonese nonché delle signorie nascenti.

Pertanto Petrarca adoperava il latino, ovvero la lingua internazionale di quel tempo che poteva essere compresa sia in Italia sia dal pubblico colto francese, inglese o tedesco. Per tale motivo nelle opere di Petrarca riscritte in latino hanno una netta prevalenza quelle in volgare per numero e per tono. Infatti il Petrarca compose in volgare solo il Canzoniere e i Trionfi mentre in latino scrisse innumerevoli opere in verso e in prosa.

Quello che può sembrare sorprendente per noi moderni lettori del Petrarca è che le rime del Canzoniere furono per lui una specie di attività secondaria alla quale affidare i suoi sentimenti più intimi mentre gli scritti in latino erano molto più conosciuti a quel tempo poiché venivano trascritti a livello internazionale e venivano considerati lo strumento della sua fama e del suo ruolo di animatore della cultura europea.

Da quando detto finora Petrarca appare una grande figura di intellettuale e poeta molto laborioso, pienamente cosciente del proprio valore ed impegnato a costruirsi una solida fama a livello internazionale.

Petrarca era un intellettuale che armato solo della sua cultura e della sua penna parlava a tu per tu con principi e papi tenendosi sprezzantemente lontano dal pubblico che leggeva e conosceva le opere in volgare.
Per questi motivi Petrarca attribuiva molta importanza alle opere in latino che sono numerosissime: il poema epico Larrica, le infinite lettere, le grandi opere dottrinali nonché i trattati polemici e le operette religiose e introspettive.
Eppure dietro questa sua attività letteraria, laboriosa e orgogliosa Petrarca nascondeva un animo sensibile, tormentato ed inquieto. Per prima cosa dobbiamo dire che è significativo il fatto che la maggior parte delle sue opere non siano state completate e che quelle che lo furono vennero scritte per anni e anni addirittura per tutta la vita.

Da una parte in Petrarca vi era l’impulso a scrivere grandi opere, impulso che lo scrittore perseguì per tutta la vita ma dall’altra parte vi era in lui una perenne insoddisfazione, a causa della quale egli non era mai veramente contento di ciò che aveva scritto ma lo rivedeva e rielaborava continuamente poiché che tendeva ad una perfezione che non gli sembrava mai di raggiungere.

 Accanto a questa insoddisfazione artistica ve ne era una più acuta, una insoddisfazione psicologica che tormentò sempre l’animo e la mente dello scrittore. Tale insoddisfazione psicologica causò numerosi conflitti intrapsichici in Petrarca.

Una delle ragioni di tale conflittualità interiore era senza dubbio l’amore per Laura. Petrarca cominciò poco dopo il 1327 a celebrare Laura e la cantò in una prima fase nei modi degli stilnovisti. Laura nei primi versi del Petrarca è una donna bellissima che non corrispondeva al suo amore. Ma presto nella sua vita interiore si verificò una svolta molto significativa. Petrarca stesso raccontò in una bellissima lettera di essere salito nel 1336 sul monte Ventoso in Provenza. In questa ascensione compiuta per il solo gusto di contemplare un paesaggio bellissimo vi era un fatto nuovo, segno della psicologia conflittuale del Petrarca.

Egli mentre saliva sul monte Ventoso aprì un volumetto dove erano presenti “Le Confessioni” di Sant’Agostino, opera che egli portava sempre con sé da quando un amico gliela aveva regalata. Mentre Petrarca saliva su quel monte lesse con stupore e commozione alcune parole che facevano parte dell’opera di Agostino che gli sembrarono adattarsi magnificamente allo stato d’animo in quel momento.

In estrema sintesi il brano delle Confessioni che colpì Petrarca invitava a lasciare lo studio delle cose che sono fuori di noi per concentrare l’attenzione su di noi cercando Dio dentro di noi, nella nostra intimità. Fu questo l’inizio per Petrarca di una profonda crisi interiore che da allora si sviluppò con una intensità crescente e per la quale il poeta venne via via allontanandosi dalle passioni terrene.

Tuttavia Petrarca non ebbe mai il coraggio di fare il passo definitivo lasciando il mondo per ritirarsi in un monastero come invece fece nel 1343 il fratello Gherardo. È interessante mettere in evidenza che questa forte accentuazione del sentimento religiosa di Petrarca abbia avuto luogo sotto l’influenza di Sant’Agostino, il santo che aveva vissuto un’intensa giovinezza di studi e di piaceri mondani e che poi faticosamente aveva ritrovato Dio. Agostino raccontò il suo difficile cammino verso la fede nelle Confessioni che presentano magnifiche pagine di analisi psicologica che colpirono fortemente la mente del Petrarca.

Qualche anno dopo l’inizio della sua crisi interiore Petrarca compose una delle sue opere più importanti ovvero il Secretum. In tale opera il Petrarca immaginò di parlare alla presenza della Verità con Sant’Agostino il quale lo spinge ad un vero e proprio esame di coscienza, nonché ad una confessione spietata dei suoi peccati.
Petrarca deve ammettere in tale opera che egli compie tre peccati di fondamentale importanza: l’accidia, cioè lo scarso impegno nella ricerca dei beni spirituali, nonché l’amore per le cose terrene ed infine la vana gloria a causa del suo amore incontrollato per la gloria letteraria.

Tuttavia anche se Petrarca ammette le sue colpe non è in grado di affermare alla fine del trattato se saprà farne a meno. Petrarca stesso non è ancora certo alla fine del Secretum se saprà rinunciare al suo desiderio di gloria e al suo amore per Laura per impegnarsi totalmente nella ricerca della perfezione morale. Vi è dunque in lui un profondo conflitto interiore ed il poeta avverte dentro di sé tale conflitto, ne soffre e tende a risolverlo ma non vi riesce.

Nonostante tutto l’impegno del Petrarca non si ebbe mai una risoluzione definitiva del conflitto, con la vittoria totale di uno dei suoi elementi. Fino agli ultimi anni ambizione e ascetismo, amore per Laura e amore per Dio lottavano in lui e furono i temi della sua poesia. 

(Coautrice Prof.ssa Mariangela Mangieri)

A cura di Giovanni Pellegrino



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