Los niños tontos (I bambini tonti) è una raccolta di ventuno racconti sull’infanzia, pubblicata in Spagna nel 1956 da Ana Maria Matute (Barcellona 1926 - inedita in Italia). Sono racconti commoventi, incisivi, che fondono un gran lirismo con un finale caratterizzato da una durezza impressionante, tipico del realismo esacerbato. L’autrice vuole battere una personale via poetica di protesta contro la Guerra Civile e i traumi da essa prodotti sull’infanzia.
Nessun bambino riuscirà a diventare un adulto, chi perché ingiustamente ucciso da altri bambini, chi perché commette degli errori che lo portano alla morte. La Matute costruisce un piccolo universo malefico in cui il magico e il misterioso convivono con il più fedele ritratto della realtà. Ogni racconto è un vissuto intimo, un sogno infantile che ci viene raccontato attraverso la fantasia, la crudeltà e le assurdità del mondo dell’infanzia
La bambina della bottega del carbonaio aveva della polvere nera sulla fronte, sulle mani e nella bocca. Tirava fuori la lingua davanti a un frammento di specchio appeso al nottolino della finestra; si guardava il palato e le sembrava una piccola cappella affumicata.
La bambina della bottega del carbonaio apriva il rubinetto che tintinnava sempre, anche se chiuso, con una diafana e piccola perla. L’acqua usciva con forza, come di schianto, e si frantumava in mille cristalli contro la vasca di pietra.
Nei giorni in cui entrava il sole, la bambina della bottega del carbonaio apriva il rubinetto dell’acqua per vederla brillare e farla triplicare sulla pietra e nel piccolo frammento di specchio.
Una notte, la bambina della bottega del carbonaio si svegliò perché sentì la luna sfiorare la sua finestra. Saltò precipitosamente giù dal materasso e corse verso la vasca in cui spesso si riflettevano i volti neri dei carbonai.
Tutto il cielo e la terra intera erano imbrattati, colmi della polvere nera che filtra da sotto le porte, dalle fessure delle finestre, che uccide gli uccelli ed entra nelle bocche tonte che si aprono come piccole cappelle affumicate.
La bambina della bottega del carbonaio guardò la luna con profonda invidia. «Se potessi infilare le mani nella luna», pensò. «Se potessi lavarmi il viso, i denti e gli occhi con la luna». La bambina aprì il rubinetto e, a mano a mano che l’acqua saliva, la luna scendeva e scendeva, fino a tuffarcisi dentro.
Allora la bambina la imitò. L’alba la sorprese sul fondo della vasca, abbracciata stretta stretta alla luna.