LE INTERVISTE DI PROGETTO BABELE
Ugo Malaguti: storia di una intervista
quasi mancata di Marco R. Capelli
Lidea di intervistare Ugo Malaguti
mi è venuta parecchio tempo fa, più precisamente
nellEstate del 2007. Il fatto che fosse Estate
non è un dettaglio privo di interesse: ogni stagione
ha le sue caratteristiche. Io mi considero un tipo estivo.
Sia perchè le idee migliori mi vengono sempre
in Estate - ho una mia teoria che associa il pensiero
alla pigrizia e la pigrizia alla stagione - sia perchè
è in Estate che, di solito, ho tempo e modo di
andare a caccia. A caccia di libri usati, ovviamente.
Anche questo è un vizio che devo a mio padre,
che allodore di carta ingiallita mi ha abituato
fin dalla più tenera età. Non mi spiacerebbe
assomigliargli anche in altre cose ma, come giustamente
sottolinea Oscar Wilde, Le figlie diventano sempre
come le madri, i figli non diventano mai come i padri.
Ma sto divagando, giusto? Colpa dellEstate, ovviamente.
Comunque sia, Malaguti lho incontrato per la prima
volta in Estate - dicevo - e proprio in quella che,
oggi ne sono certo, è la sua collocazione ideale:
tra le pagine di Galaxia. In appendice al numero 109
del 15 Ottobre 1962 (per essere pignoli). Carta pulp,
ingiallita, fascinosamente frusciante.
Ugo Malaguti prima era solo un nome ed una firma. Il
nome lo avevo sentito ripetere molte volte da amici
scrittori, la firma lavevo letta a margine della
lettera con la quale mi aveva comunicato la pubblicazione
del mio racconto Risonanza sul numero 44
di Futuro Europa. Soprassiedo sui dettagli, non essendo
questa la sede per ricordare i salti (metaforici-ma-non-solo)
di gioia che avevanoaccompagnato lapertura
della busta, tuttavia, la scoperta di Malaguti
scrittore ed il contemporaneo trasferimento, per motivi
di lavoro, a Bologna, mi erano parse fin da subito coincidenze
troppo significative per indugiare oltre. Soprattutto
perchè anchio, come il mio buon amico S.H.,
non credo nelle coincidenze...
Un rapido scambio di email, due telefonate...
erano i primi di Ottobre quando, cercando di apparire
professionale (per quanto possibile) suonavo al campanello
della (allora) Perseo Libri. Ovviamente, Ugo Malaguti
era come doveva essere: competente, affabile, amichevole.
Da quando mi occupo di Progetto Babele ho conosciuto
parecchie persone che, a vario titolo, si occupano di
libri: autori, editori, agenti letterari. Cè
gente molto in gamba, ovviamente, ma lo vedi subito,
da lontano, quando stai parlando qualcuno che considera
un libro solo ed esclusivamente come un prodotto da
vendere. Ne parla, per dire, con la medesima passione
con cui un buon venditore ti parlerebbe dellultimo
stock di scatolette di tonno. Un punto di vista rispettabile,
ovviamente ma...
Ebbene, Malaguti NON appartiene a questa categoria (nè,
se lo conoscete anche solo per interposta persona, potevate
dubitarne). Lui ha passione per quello che fa, i libri
li ha nel sangue, da vecchia data. E non se ne libererà
mai. Se sia o meno una fortuna, lo decidano altri, a
me sta bene così.
Ma parlavamo dellintervista,
giusto? Ebbene, non è che le domande non me le
fossi preparate. Alcune erano anche buone, credo, è
che quando abbiamo iniziato a parlare dellintervista
mi sono - per così dire dimenticato. La conversazione
era interessante, linterlocutore brillante, largomento
avvincente. Che cosa avrei dovuto fare? Interromperlo,
disperdere le volute di fumo che salivano dalla sigaretta
nellaria pigra del pomeriggio, richiamarlo allordine
per proporre un nuovo tema estratto dal cilindro? Siamo
seri! Voglio dire: lui li ha conosciuti tutti, da Aldani
e Lippi in poi. E come un perno attorno al quale
ruota la fantascienza italiana da ventanni a questa
parte. Che faccio, lo interrompo per proporgli qualche
banalità? Allora tanto valeva intervistarlo per
posta!
Facciamo un esempio, tanto per chiarire: mi ero preparato
la classica domanda sugli editori a pagamento, cosa
ne pensa di questo fenomeno e cose del genere (e qui,
ufficialmente, chiedo perdono per la scarsa originalità)
ma, non appena proposto largomento, ci siamo guardati
in faccia e non cera altro da dire. Pagare per
pubblicare? Ma andiamo! (Se ne sarebbe potuto ridere...
ma è dai tempi di Collodi - il quale era in realtà
molto più Lucignolo che Grillo Parlante, ma questa
è unaltra storia - che nessuno trova divertente
chi gioca sullingenuità altrui...)
Diciamo che, come intervista, è
fallita miseramente (per colpa dellintervistatore,
ovvio, che lintervistato era più che disponibile)
ma, egoisticamente, mi si lasci dire che ho trascorso
comunque uno dei pomeriggi più interessanti degli
ultimi anni. Mi resta solo il rammarico di non essere
in grado di trasmettere questa esperienza ai lettori.
Nè poco nè punto... Ma, chissà,
forse Malaguti, da persona cortese, mi concederà
un giorno una seconda occasione!
dal 09/09/2008
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