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William Shakespeare
(1564-1616)
a cura di Giampaolo Giampaoli
Pubblicato su SITO


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William Shakespeare<br>(1564-1616)

William Shakespeare nasce a Stratford on Avon il 23 aprile del 1564. Drammaturgo, poeta e attore, è senza dubbio la personalità artistica più originale ed innovativa del teatro di età elisabettiana; attraverso la costante ricerca stilistica e la lunga riflessione sulla società barocca, infatti, Shakespeare annuncia alcuni temi fondamentali, che saranno successivamente sviluppati negli anni della Restaurazione.
A soli diciotto anni, come era costume fare al suo tempo, William decide di convolare a nozze e sceglie come moglie la ventisettenne Anne Hothaway, da cui avrà la figlia Susan e i due gemelli Hamnet e Judith. Giovane colto e capace di una sensibilità artistica non comune, concentra la sua attività di poeta e di drammaturgo tra la fine del XVI e gli inizi del XVII secolo; è in questo periodo che scrive i suoi capolavori, contemporaneamente riuscendo a superare, anno dopo anno, i limiti stilistici e tematici degli esordi, fino a raggiungere una propria visione del teatro.
Per quanto concerne la cronologia delle opere shakespeariane, in questa sede si fa riferimento allo studioso E. K. Chambers, citato anche ne "L'enciclopedia della letteratura" edita dall'Istituto Geografico De Agostini. L'esordio del noto poeta inglese avviene attraverso due poemetti narrativi già scritti in uno stile maturo, destinati a divenire tra le prove di poesia più alte del periodo elisabettiano: si tratta di "Venere e Adone" del 1593 e di "Lucrezia violata" del 1594. Presentano ancora dei limiti stilistici, invece, i primi drammi contemporanei alle opere in versi, che però, secondo alcuni critici avveduti, probabilmente sono stati composti precedentemente e per questo caratterizzati dalle insicurezze tipiche delle prime prove letterarie. Sono l'"Enrico VI" e il "Tito Andronico", dove però è già presente l'alternarsi di passioni più o meno intense che caratterizzerà le opere mature; del resto il primo dramma può essere considerato un preludio al "Riccardo III", l'opera dove compare il duca di Gloucester, uno degli intramontabili personaggi negativi shakespeariani, ideato sull'immagine mefistofelica che di Machiavelli dà Innocent Gentilet. Il "Tito Andronico" riprende, invece, temi cari agli autori classici, tra cui il Plauto dei Menaechmi e dell'Amphitruo; i protagonisti dell'opera sono semplici maschere sociali svuotate di vitalità, figure che si adagiano al ruolo che l'autore prevede per loro nello svolgersi delle vicende.
I personaggi ritrovano vitalità e iniziativa di azione ne "La bisbetica domata", datata 1594. Si tratta di una commedia tutt'oggi spesso ricordata, ispirata ai "Suppositi" dell'Ariosto, con la quale si conclude il primo periodo sperimentale del drammaturgo inglese, durante cui l'autore ricerca forme di espressione e uno stile che possano personalizzare il suo teatro. Seguono tre opere ormai pienamente mature: "Giulietta e Romeo", "Riccardo II" e "Sogno di una notte di mezz'estate", tutte datate 1595. Per quanto concerne i due drammi, anche se solitamente vengono classificati in questo modo, in realtà i personaggi non giungono mai a concepire completamente le conseguenze delle loro sventure, mentre nella restante commedia si racconta il piacevole delirio di una calda notte estiva.
Un ulteriore passo avanti verso un'espressione artistica sempre più matura e consapevole viene compiuto con "Il mercante di Venezia" e con "Enrico IV", datate rispettivamente 1594/95 e 1597/98. In queste tragedie compaiono due grandi personaggi negativi shakespeariani: Shylock, mercante crudele ma che ispira compassione quando inizia la sua disfatta, e Falstaff, uomo malvagio che nel succedersi degli eventi finisce per essere sempre perdonato come se addirittura fosse un bambino birichino. In loro l'autore cerca di rappresentare la complessità della natura umana, andando oltre la semplice vitalità delle opere passate, nel tentativo di fare un teatro che possa essere uno specchio della realtà. Con Falstaff Shakespeare è talmente certo di essere riuscito nel suo intento, da riproporre il personaggio in "Enrico V" (1599) e nelle "Allegre comari di Winsor" (1601), anche se in quest'ultima rappresentazione ormai la maschera è stata privata del tutto del suo carattere originale.
Il costante bisogno dell'autore di sperimentare, però, non è ancora appagato, così alla necessità di delineare i tratti della realtà esteriore nel "Giulio Cesare", opera composta tra il 1599 e il 1600, affianca l'analisi psichica dei personaggi, da cui emerge l'inquieto desiderio di libertà di Bruto. È attraverso queste prove di stile e la lunga riflessione sui temi da trattare che Shakespeare giunge a concepire il suo personaggio psicologicamente più elaborato, destinato a divenire una delle immagini più significative della società del tempo: l'Amleto, protagonista dell'omonimo dramma concluso nel 1600.
Oggetto di lunghi studi da parte degli storici della letteratura inglese e di varie interpretazioni, il protagonista dell'intramontabile capolavoro nelle sue incertezze psicologiche va oltre l'uomo rinascimentale, annunciando i caratteri tipici della società barocca. Amleto soffre del complesso di Edipo, che anche in lui, come sempre accade, ha origine dal senso di inferiorità rispetto al padre; nel suo inconscio vorrebbe possedere sessualmente la madre, così questo desiderio inappagato lo rende incapace di avere un rapporto amoroso convenzionale e, quindi, di ricambiare i sentimenti di Ofelia.
Una curiosità: il lavoro di lima e di selezione dell'opera è talmente accurato, che le parti scartate vengono riprese dall'autore e sfruttate per la realizzazione di altri tre drammi di inizio Seicento: si tratta di "Troilo e Cressidra", "Tutto è bene quello che finisce bene" e "Misura per misura". È un momento particolarmente felice per Shakespeare, che tra il 1604 e il 1607 compone le sue opere di maggiore livello artistico, ossia "Otello", "Macbeth", "Re Lear" ed "Antonio e Cleopatra". Non hanno certo bisogno di rispettive presentazioni; in questa sede basti ricordare che, permanendo ancora un intenso bisogno di sperimentazione, i quattro capolavori del teatro post elisabettiano sono notevolmente diversi tra loro per contenuto e scelte linguistiche. Da quest'ultimo punto di vista il dramma più riuscito è senza dubbio Re Lear, dove l'autore seleziona attentamente le espressioni che attestano l'irrazionalità dei suoi personaggi.
Sempre di inizio Seicento è la pubblicazione di una raccolta di sonetti non autorizzata dal poeta inglese, che rappresenta uno degli esempi di poesia più alti della letteratura barocca; in questi versi si manifesta la necessità di recuperare il tempo perduto attraverso la memoria, tema che sarà alla base di tanta letteratura contemporanea a partire da Proust e Joyce, che in qualche modo sembrano preceduti nel tempo da Shakespeare.
Successivamente a questa fortunata raccolta sono poche le opere del noto drammaturgo che vanno oltre semplici rappresentazioni finalizzate alla spettacolarità; malgrado la sua crisi artistica, però, l'autore si rivela ancora in grado di descrivere la natura umana nel "Racconto d'inverno" del 1611 e ne "La tempesta" del 1612.
William Shakespeare muore a Stratford on Avon il 23 aprile del 1616, per ironia della sorte proprio il giorno del suo cinquantaduesimo compleanno.

Bibliografia

- Enciclopedia della letteratura, Istituto Geografico De Agostini, Novara, 1983.
- Dizionario della opere e dei personaggi, Bompiani, Milano, 2005.
- Shakespeare, tutto il teatro, Newton, Milano, 1997.
- De Angelis Juliana, Shakespeare, una mente androgina, Jubal Editore, 2005.

© Giampaolo Giampaoli



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