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Anno
2009-
Einaudi
Prezzo €
12.00-
177pp.
ISBN
9788806171421
Una recensione
di
Giuseppe Bonaccorso
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10935 Media
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Quando si affronta Fante il lettore deve venire a patti con il suo ruolo e il ruolo dello scrittore. John Fante amava l’autobiografia: forse non lo avrebbe mai ammesso del tutto esplicitamente, ma i suoi racconti sono storie di parti di sé, alter ego divisi, improbabili, sofferenti, pieni di speranza recondita. Full of Life venne pubblicato negli USA nel 1952, dopo che un colloqui con il suo editore lo convinse a tornare a scrivere. L’ultima opera di Fante prima di quest’opera fu Dago Red, pubblicato dodici anni prima. Fante non era convinto, non solo per il suo ritorno alla scrittura narrativa, ormai escursione fuori genere, considerando la sua attività di sceneggiatore cinematografico, ma la sua perplessità risiedeva nella richiesta editoriale di raccontare la storia di Fante e di sua moglie, della gravidanza di quest’ultima e della nascita del loro figlio. L’editore non si sarebbe mai permesso di proporre una tale intrusione nella sfera privata del suo cavallo di razza, se Fante stesso non avesse mai visto la narrativa come un racconto di sé. Così è nato Full of Life, uno dei libri più riusciti dello scrittore di origini italiane. In molti hanno cercato una traduzione italiana del titolo che rispecchiasse il concetto di “pieno di vita”, e, a conti fatti, l’Einaudi ha deciso di pubblicarlo mantenendo l’originale. La riflessione sul titolo non è oziosa. Essa serve per dare l’idea dello spirito che permea il racconto e, soprattutto, dà cognizione del fulcro intorno al quale ruota tutta la vicenda del Fante neo-papà. Full of Life: il ventre della moglie Joyce è “pieno” (full) come il serbatoio di un’auto, un “pieno” che da energie e nuovo vigore ad una vita che aspettava una boccata di aria fresca, aria data dai vagiti del neo-nato. Fante con il suo solito caustico (ma realistico) cinismo intellettuale, ci descrive i mesi finali della gravidanza di Joyce, insieme a suo padre, Nick, duro muratore abruzzese, deciso ad affliggere il figlio sulla sua non virilità, nel caso in cui fosse nata una femmina. La scrittura è immediata, come la conseguente lettura. Il punto di vista maschile è feroce, a volte disturbante, tanto da dipingere Joyce proprio come un semplice contenitore dentro il quale cresce il futuro della famiglia Fante. Nonostante il successo che Full of Life riscosse presso il pubblico di lettori, Fante si fermò per oltre un decennio, lamentandosi che il suo ultimo lavoro non fosse più narrativa, ma resoconto di fatti. La finzione dell’alter-ego era stata spezzata da un’esigenza economica (come lo stesso autore dichiarò nella sua corrispondenza), lasciando nudo e crudo il Fante quotidiano che, pur le sue idiosincrasie e ipocondrie psicologiche, è stato autore amato della letteratura americana e ancora oggi dà ad ogni lettore lezioni in pillole; lezioni sulla vita di uno scrittore che non vive di aria e Muse, ma di polvere, termiti e lacrime.
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