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La mia Landau ed altre storie
di Giuseppe Butera ( 2008) |
Copertina di PlimPlim
pg. 120 - A5 (13,5X21) BROSSURATO Prezzo copia stampata: 5.99 euro
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Giuseppe Butera Giuseppe Butera, agrigentino, leva del ‘43, tra i 18 ed i 30 anni vive in varie città siciliane senza scrivere proprio un bel niente. Gira povero in canna l’America del Sud. Si sposa con una ispano/italo/brasiliana, povera in canna anche lei. Mette al mondo molti figli e fa il medico/insegnante prime e l’insegnante/medico poi.?In Brasile.
Adesso ha cominciato a raccontare quello che non gli è mai accaduto realmente, ma che, chissà, gli sarebbe anche potuto accadere. Forse perchè nessuno crederebbe a quello che gli è realmente accaduto.
Dalla prefazione:
Fare lo scrittore, e cercare di farlo seriamente, anche divertendosi (le due cose non sono incompatibili, a nostro modesto parere), mentre nella vita si pratica un altro lavoro, è oggi la situazione più comune. Se poi l’”altro lavoro” è impegnativo e molto serio a sua volta, e non è connesso in alcun modo con la letteratura, la scrittura diventa una specie di evasione, ma ancora di più, di alterità, di vita differente, come se due nature si intersecassero, a volte dialogando (o forse altercando) tra loro.
Pensando a questo libro di racconti di Giuseppe Butera “La Landau azzurra ed altri racconti”, si nota che le alterità sono più di una: c’è quella tra la professione medica (che si affaccia qua e là) e la vita di scrittore, ma c’è una doppia natura più specifica, tra le origini siciliane dello scrittore, e l’approdo nel Brasile amazzonico.
Professionalmente e personalmente, è facile immaginare che un passaggio del genere possa essere pieno di difficoltà, ma anche di attrattiva e di sfide con se stessi. Letterariamente, richiede di ricostruire giorno per giorno la propria lingua natale dal confronto e spesso da una felice contaminazione con la lingua del paese ospite. E per un siciliano, questo può significare molto: molti scrittori siciliani, a cominciare da Verga, fino ai più recenti Bonaviri, e, perché no, Camilleri, hanno dovuto creare quasi ex novo una lingua che fosse in grado di aderire alle cose. I risultati sono stati spesso affascinanti e specialmente molto pregnanti: e la triplice combinazione portoghese/italiano/siciliano dei racconti di Butera non lo è meno. Alcuni termini che troverete qua e là, specie nei racconti di Giovanna, come “ammaccabàsole”, “avvossia”, sono indicativi di questa ricerca linguistica, e dimostrano il lungo lavoro di scrittura dei racconti. Invece, nei racconti della Landau si trovano termini di lingue indie che (sorpresa!) sembrano anch’essi agrigentini, sicché forse i due estremi si toccano.
L’interesse non si fe
(...) - (continua)
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