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Non è vero che detesto la narrativa italiana. Ve lo giuro. Pure se c’è in giro qualcuno che mi ha cucito addosso l’appellativo di stroncatore di autori nostrani non è così. In realtà sono felice quando trovo scrittori che mi fanno pensare e che si fanno leggere senza ricorrere a trucchetti e ad astruse costruzioni filosofiche. Mi piacciono gli autori sinceri che sanno ancora raccontare storie e che non si arrampicano sugli specchi di una loro (pretesa) bravura. Detesto invece i figliastri di Proust e tutti gli scrittori malati di proustite allo stato terminale. Lontano da come è un’antologia di autori teramani che mi ha fatto avere Simone Gambacorta, valido selezionatore per la collana Empatia del piccolo editore Demian. Me la sono divorata in un paio d’ore e sono rimasto allibito dal fatto che una città come Teramo (che non è Roma e neppure New York) possa ospitare la bellezza di dodici validi autori di narrativa breve. Scrittori veri, quasi tutti giovani e in ogni caso nati dopo il 1973, che raccontano la vita di provincia, quella che cantanti come Guccini hanno saputo immortalare con versi toccanti. I nomi vanno fatti: Walter Cantoro, Mauro John Capece, Gianluigi Cretone, Andrea Alessandro Di Carlo, Pietro Albino Di Pasquale, Pasquale Di Pierro, Marko Ferrari, Pietro Ferrari, Manuel Graziani, Paolo Marini, Gianfranco Spitilli e Luigi Storto. Narrativa on the road, narrativa che risente di letture da beat generation, di Bukowski e Salinger, di Carver e John Fante, narrativa scritta da ragazzi che leggono molto e che ci sanno fare con la penna in mano. Lontano da come conferma la bontà del motto di Samuel Johnson sulla lettura che deve venire prima di ogni tentativo di scrittura e questi ragazzi di Teramo ne sono la prova vivente. Per questo possono vantarsi di aver partecipato a un’antologia davvero indicativa di un nuovo modo di scrivere. Lontano da come si scriveva un tempo a Teramo e non solo, Lontano da come si scriveva in ogni provincia depressa e sonnolenta d’Italia. Walter Cantoro è il mio autore preferito, ma lo so che in questo caso sono partigiano, perché il suo racconto ha un sapore sudamericano e ci fa scoprire il Venezuela. Mauro Capece costruisce un sapiente alternarsi tra dimensione onirica e mondo reale, Gianluigi Cretone parla di sigarette e spirali di fumo che avvolgono un’attesa di un novello Godot, tutti gli altri utilizzano con sapienza la lingua e un periodare rapido, fatto di frequenti interruzioni che danno ritmo alla frase. Un libro da leggere per capire che forse la buona narrativa italiana può venire solo dalla provincia.
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