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Musica e neorealismo: il caso di Alessandro Cicognini
di Carlo Santulli
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Roma 1951: Ferdinando Esposito, insieme col suo socio Amilcare, fintosi guida autorizzata del Foro Romano, truffa un turista americano, Mister Locuzzo, vendendogli una moneta falsa del tempo di Claudio Imperatore, una patacca insomma. Locuzzo lo riconosce ad una distribuzione di pacchi dono al Teatro Quirino: Esposito scappa e Locuzzo, approfittando della presenza sul palco del brigadiere Lorenzo Bottoni, parte al suo inseguimento. Esposito salta su un taxi e si fa portare fino all'Acqua Acetosa per sfuggire all'inseguimento dell'americano e della guardia.
Così inizia, ma sono sicuro che l'avete riconosciuto, “Guardie e ladri” un film di Steno e Mario Monicelli, con Totò (Ferdinando Esposito), Aldo Fabrizi (Lorenzo Bottoni), William Tubbs (Mister Locuzzo), Mario Castellani (il tassista) e...fermiamoci qui, perché questi quattro attori sono i protagonisti dell'inseguimento, che si svolge nella campagna a Nord di Roma. Non sono assolutamente sicuro che sia stato girato veramente all'Acqua Acetosa, perché la ferrovia a doppio binario che si vede sullo sfondo farebbe piuttosto pensare all'Acquedotto Claudio, a Sud di Roma, mentre la ferrovia della Roma Nord che passa all'Acqua Acetosa era fino al '58 a binario unico, ed in ogni modo non aveva i tralicci pieni che si vedono nella ferrovia inquadrata nel film.
Dettagli scenici a parte, la scena dell'inseguimento è resa molto efficace drammaticamente dall'accompagnamento musicale che intreccia molto abilmente un motivo concitato ascendente con una larga armonia discendente. Qui, sono sicuro che pochi si ricorderanno il nome del compositore, per quanto si tratti invece di un musicista classico ed orchestratore estremamente preparato e molto attivo nel cinema tra il 1935 ed il 1962, allievo di Pietro Mascagni (!). Nel suo curriculum, ci sono tantissime colonne sonore, tra cui vare per i maggiori film del nostro dopoguerra: molti di Vittorio De Sica, tra cui “Sciuscià”, “Miracolo a Milano”, “Umberto D”, Ladri di biciclette”, “Stazione Termini”, “L'oro di Napoli; “Don Camillo“ ed alcuni altri del ciclo guareschiano.
Il nome è Alessandro Cicognini ed è un nome che appartiene di diritto alla storia del nostro cinema ed incidentalmente della nostra letteratura (per esempio, “L'oro di Napoli” viene dai racconti di Giuseppe Marotta, come ovviamente la saga di Don Camillo viene dai racconti di “Mondo piccolo” di Giovanni Guareschi, e dietro De Sica ci sono le sceneggiature, ed i romanzi, di Cesare Zavattini).
Inoltre, Cicognini aveva già firmato colonne sonore di film importanti negli ultimi anni della dittatura lo splendido “Quattro passi tra le nuvole” di Alessandro Blasetti (1942), con Gino Cervi ed Adriana Benetti (ricorderete forse la storia: un viaggiatore di commercio sposato incontra una ragazza, sedotta ed abbandonata, e questa gli chiede di fingersi suo marito, di fronte ai suoi genitori, per qualche giorno: la finzione però non regge, ma la ragazza viene perdonata dai genitori, grazie all'intercessione del generoso viaggiatore), l'imitatissimo “Grandi magazzini” di Mario Camerini (1939), con Vittorio De Sica ed una delle più affascinanti dive del ventennio (anche se ovviamente si accettano discussioni), Assia Noris, e “Una romantica avventura”, sempre di Camerini, da un racconto di Thomas Hardy, “The loves of Margery”, con la coppia Assia Noris-Gino Cervi.
Un altro film di Totò che deve il successo in parte all'efficace colonna sonora di Cicognini è “La banda degli onesti”: ricorderete forse l'accompagnamento preoccupato ed un po' sommesso di Totò che va alla tabaccheria per spendere la prima banconota da diecimila falsificata (che poi, si verrà a sapere, non aveva in realtà osato dare al negoziante).
Ecco, a parte le colonne sonore, della vita di Alessandro Cicognini non si sa molto: pescarese, nato nel 1906, studiò al conservatorio di Pesaro (vedi il riferimento a Mascagni) e morì quasi novantenne nel 1995. Però è citato anche nella Treccani, il che per un autore di colonne sonore dell'era pre-Morricone è abbastanza, direi.
Franco Mannino, compositore e scrittore palermitano (www.francomannino.com), autore tra l'altro di un'opera moderna di notevole successo, “Vivì” (1957), ebbe a dire di Cicognini, a confermare che il suo ruolo nel neorealismo fu tutt'altro che marginale: “Il caso di Cicognini è interessante, perché si crea uno iato fra il suo fluente melodismo e il carattere disadorno dei film di De Sica e Zavattini, c'è da chiedersi quanto la non-corrispondenza sia voluta, certo non può essere del tutto inconsapevole, per cui la facile vena musicale viene utilizzata per addolcire, o meglio, per rendere più rotonde le immagini”.
Questo ricorda in piccolo il parallelismo Nino Rota-Federico Fellini, o Sergio Leone-Ennio Morricone, e giustifica in certo senso questo breve ricordo della figura, finora molto in ombra, del “fluente melodista” Cicognini.
(Qualcosa più di recente si muove: il comune di Pescara dovrebbe forse a breve dedicargli una strada).
La foto di Cicognini è tratta da www.primadanoi.it, dove trovate altro materiale, come su Wikipedia
A cura di Carlo Santulli
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Pochi autori, come Carlo Santulli, sanno giocare con le parole, intarsiandole in piccole storie che si snodano tranquille (mai lente) attraverso una realtà quasi ordinaria e che, pure, riescono ad affascinare il lettore costringendolo a leggere fino all'ultima riga. Personaggi stupiti, a volte impacciati, si aggirano tra le pagine di questo libro, alle prese – come tutti noi – con le incongruenze e le follie del vivere quotidiano, non si abbandonano però all'autocommiserazione, non si ribellano, non cedono a tentazioni bohemien e, se cercano una via di fuga, questa è piuttosto interiore che esteriore. Un cammino, a piccoli passi, che li porterà, forse, verso un punto di equilibrio più stabile. Irraggiungibile (ma reale) come un limite matematico. Siano essi alle prese con una Quinta Arborea, un mazzo di chiavi che si trasforma nel simbolo di un'esistenza, un Clostridio tra i Pirenei, o passeggino, semplicemente, per le strade di una sonnolenta Roma anni trenta.(Marco R.Capelli)
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Prefazione / Indice / Scheda
Ghigo e gli altri di Carlo Santulli
2010 pg. 200 - A5 (13,5X21) COPRIGIDA
Altre informazioni / L'autore
Pochi autori, come Carlo Santulli, sanno giocare con le parole, intarsiandole in piccole storie che si snodano tranquille (mai lente) attraverso una realtà quasi ordinaria e che, pure, riescono ad affascinare il lettore costringendolo a leggere fino all'ultima riga. Personaggi stupiti, a volte impacciati, si aggirano tra le pagine di questo libro, alle prese – come tutti noi – con le incongruenze e le follie del vivere quotidiano, non si abbandonano però all'autocommiserazione, non si ribellano, non cedono a tentazioni bohemien e, se cercano una via di fuga, questa è piuttosto interiore che esteriore. Un cammino, a piccoli passi, che li porterà, forse, verso un punto di equilibrio più stabile. Irraggiungibile (ma reale) come un limite matematico. Siano essi alle prese con una Quinta Arborea, un mazzo di chiavi che si trasforma nel simbolo di un'esistenza, un Clostridio tra i Pirenei, o passeggino, semplicemente, per le strade di una sonnolenta Roma anni trenta.(Marco R.Capelli)
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