LE INTERVISTE DI PROGETTO
BABELE
Un'intervista di Monia Di Biagio
Oggi
ho il grandissimo piacere ed onore di chiacchierare
insieme ad uno degli scrittori italiani più
amati dal pubblico: Andrea De Carlo!
Gent.mo Andrea De
Carlo innanzitutto mi permetta di ringraziarla per
la sua disponibilità a questa mia intervista.
Dopodiché passiamo di gran lena a parlare delle
sue opere e vita letteraria che mi incuriosiscono
non poco, partendo proprio da uno dei suoi romanzi.
Ho potuto difatti leggere su d'un sito, non ufficiale
ma lei completamente dedicato che l'ispiratrice del
suo romanzo "Arcodamore" è Cecilia
Chailly, la quale suona l'arpa dall'età di
dieci anni e giovanissima, ha iniziato la carriera
di concertista classica, avvicinandosi anche al jazz,
alla new age e al pop, e collaborando con alcuni fra
i migliori musicisti italiani e americani e della
quale, nello specifico, abbiamo già parlato
nella presentazione. E' così? Può confermarci
questa musa?
L'arpista di "Arcodamore"
aveva alcuni elementi di Cecilia. Ma, come succede
di solito, quello è stato il punto di partenza,
da cui è iniziata la misteriosa ibridazione
di persone reali e immaginarie, riflessi, proiezioni
che alla fine si traduce in un personaggio letterario.
A quale dei suoi
romanzi è più legato sentimentalmente
e linguisticamente? Quale tra questi è quello
che può lei stesso considerare il più
autobiografico?
Sentimentalmente è
difficile dirlo: forse "Treno di panna"
perché è il primo, o "Due di due"
perché è il più amato dai miei
lettori, o "Giro di vento" perché
è l'ultimo. Linguisticamente forse "Uto".
Il più autobiografico è probabilmente
"Due di due", ma in misura variabile lo
sono tutti i miei romanzi.
Ogni qual volta,
in ciascuno dei suoi romanzi è possibile leggere
e vivere un'esperienza di vita diversa, personaggi
diversi, scenari diversi e pur sempre tutti veri,
verissimi ed attuali. Le chiedo dunque dove nasce
ogni volta l'idea per un nuovo romanzo? Da cosa trae
maggiormente spunto: realtà o fantasia?
E' una miscela di realtà
e fantasia. Parto sempre da dati reali: un luogo,
un'attività, una situazione che conosco da
vicino. Riesco solo a scrivere di cose di cui ho esperienza
diretta. È l'unico modo in cui riesco a fare
a meno dei luoghi comuni, e a dire qualcosa di mio.
Poi naturalmente la fantasia anima e trasforma tutto,
diventa il motore di ogni storia.
Alma Daddario su
di un'intervista tratta da "Avvenimenti"
ha detto di lei: "Nello studio dove lavora, regna
un po' di disordine creativo: un computer, una chitarra,
spartiti musicali, libri dappertutto. Tolstoj, Dostoevskij,
Ian McEwan, tra i preferiti. Il silenzio della casaèinterrotto
ogni tanto dall'abbaiare festoso di Tricky, una graziosa
cagnetta di razza indefinibile." E' così?
Questo è l'ambiente dove crea? Poi prosegue
Alma e le chiede "Andrea De Carlo ci tiene a
precisare che ama gli animali, e la campagna. Come
fai a vivere a Milano?" Ed è proprio quello
che mi chiedo anche io Può soddisfare
questa mia curiosità? D'altronde lei stesso
si definisce "un viaggiatore che non ha ancora
trovato il posto ideale dove vivere". Dunque
tra le parole città e campagna, scrittura e
serenità, forse silenzio e pace: dove termina
la sua esigenza di queste ultime cose ed inizia la
sua voglia di restare a Milano?
In realtà non
vivo più a Milano da tre anni. La mia base
è una casa di campagna, sulle colline delle
Marche. È il luogo dove ho scritto la maggior
parte dei miei romanzi, ed è l'unico che corrisponde
al mio bisogno di pace, concentrazione, spazio per
attività pratiche da alternare alla scrittura.
A Milano ci torno ogni tanto, per vedere amici o per
lavoro. Comunque il mio posto ideale non l'ho ancora
trovato: una buona ragione per continuare a girare,
appena posso.
A proposito di "Uto"
Sandro Pintus ha detto: "Un connubio tra la penna
e gli scrittori, tra l'autore ed il suo strumento
di lavoro, quello strumento per scrivere che ci appassiona
tutti." Nello specifico quale è il suo
strumento principe per scrivere? Ed una volta svelata
questa ulteriore "semplicistica" curiosità,
più interessante forse sarebbe sapere chi è
"Uto", anzi chi potrebbe essere o rappresentare
Uto, oggi?
I primi due romanzi
li ho scritti con una piccola Olivetti portatile.
Poi sono passato a macchine da scrivere elettroniche,
e infine a un computer portatile. Oggi è questo
il mio strumento per scrivere, e non credo che potrei
più tornare indietro. I processi mentali non
sono lineari, e tanto meno orizzontali: per questo
ho bisogno di tradurli in parole attraverso un mezzo
flessibile, elastico, con possibilità illimitate
di trasformazione.
Ci può raccontare
del suo incontro con Fellini, e con Carlos Castaneda,
lo scrittore-antropologo che coi suoi libri sulle
sue esperienze "magiche" dell'indio Don
Juan, cambiò il modo di pensare di un'intera
generazione. Come è cambiato il suo modo di
scrivere, forse di vedere le cose, e non intendo solo
da dietro un obbiettivo cinematografico, dopo questa
duplice esperienza?
Fellini l'ho incontrato
a Treviso, a un premio che avevo vinto, e di cui sua
moglie Giulietta era madrina. Poi ci siamo rivisti
e siamo diventati molto amici, benché lui avesse
l'età di mio padre. Ho lavorato con lui come
assistente, e abbiamo fatto molte cose insieme. Tra
queste, un viaggio in America per incontrare Carlos
Castaneda, dai cui libri Federico voleva trarre un
film. Quello che è successo l'ho raccontato
nel mio romanzo "Yucatan". Fellini è
stato una persona importante nella mia vita: non credo
che abbia influenzato il mio modo di scrivere, ma
di vedere le cose probabilmente sì.
Ed in linea con quest'ultima
domanda, quanto secondo lei il cinema o la televisione
possono influenzare la scrittura contemporanea?
Il cinema da quando
esiste ha attinto alla letteratura senza nessuno scrupolo,
saccheggiando trame, generi, stili. La letteratura
è stata molto più timida nei confronti
del cinema, ma credo che sia ben difficile per una
persona che vive oggi scrivere romanzi senza essere
in qualche misura influenzato dal cinema, dalla sua
capacità di sintesi e di amplificazione. La
televisione invece ha per lo più un linguaggio
deteriore, che appiattisce e rende insignificante
qualunque argomento tratti.
Quasi sempre nei
suoi romanzi è inevitabilmente presente o comunque
riscontrabile da parte del lettore un messaggio morale.
Quest'ultimo da parte sua è volontario o involontario?
Tutte e due le cose.
I romanzi riflettono inevitabilmente le convinzioni
di chi li scrive. Credo che il mio carattere, il mio
modo di essere, i miei punti di vista si trasferiscano
ogni volta ai miei personaggi. Poi naturalmente c'è
la scelta di un tema, e l'angolazione da cui lo si
affronta. E' il caso di "Giro di vento",
in cui mi interessava parlare tra le altre cose dell'ambiente
e delle nostre responsabilità nei suoi confronti.
Andrea De Carlo scrittore
un tempo e scrittore, suppongo a tempo pieno, oggi.
Almeno sino al 1984 dopo la pubblicazione del suo
terzo romanzo "Macno" lei ha fatto innumerevoli
lavori, sia in Italia che all'estero, probabilmente
per "sborsare il lunario" come oggi fanno
molti altri giovani autori. Fare lo scrittore a tempo
pieno, invece, quanto e come modifica, forse migliora,
la vita?
E' chiaro che fare lo
scrittore a tempo pieno mi lascia tutto il tempo e
l'energia per lavorare ai miei romanzi e anche per
riflettere, viaggiare, raccogliere esperienze e idee.
Del resto non riuscirei a fare il mio lavoro in altri
modi: quando scrivo ho bisogno di non essere interrotto
né distratto, e quando non scrivo ho bisogno
di essere totalmente libero.
Ultima, classica,
immancabile domanda di ogni mia intervista, quella
che vuol tracciare un filo conduttore tra le varie
vedute degli intervistati a proposito di un consiglio
da dare all'esordiente, ed oggi chi meglio di lei
a cui porla, che nel mondo dello scrivere e delle
pubblicazioni cartacee vive e sopravvive già
da un bel po'? Cosa consiglierebbe dunque, in primis,
Andrea De Carlo ad uno scrittore esordiente, che in
quel suo stesso mondo sta muovendo i primi impacciati
passi?
Gli consiglierei intanto
di cercare la sua voce, vale a dire uno stile e un
punto di vista che siano suoi e non modellati su quelli
di scrittori che già esistono. Poi di scrivere
di cose che conosce davvero, e non di cose di cui
ha letto o sentito parlare. Poi di non pensare che
la sua vita possa automaticamente interessare a lettori
che non siano suoi amici intimi o parenti stretti,
perché un romanzo deve riguardare chi lo legge
quanto chi lo ha scritto. Infine di non accontentarsi
mai dei primi risultati, perché per trovare
la propria voce ci vogliono anni di esperimenti e
infinite riscritture. Ciao, e buon lavoro
Per gentile concessione
di Monia
di Biagio
e Andrea De Carlo
Nato a Milano nel 1952 ancora oggi vi vive nello
storico quartiere dei Navigli. Ex allievo del Berchet,
della generazione più recente, si è
poi laureato in Storia moderna. Ha vissuto a lungo
negli Stati Uniti e in Australia. Ha fatto vari
lavori, tra cui il fotografo, il musicista, l'insegnante
di lingue. A Milano è stato l'assistente
di Oliviero Toscani, si occupava di foto pubblicitarie
di interni. Il suo primo romanzo, Treno di panna,
è stato pubblicato nel 1981, con un'introduzione
di Italo Calvino. E' la storia di Giovanni, un giovane
fotografo milanese che arriva a Los Angeles, pieno
di fantasie e di attrazioni anche se non sa esattamente
cosa vuole. In seguito ha scritto: Uccelli da gabbia
e da voliera (1982) per il quale Andrea De Carlo
ci spiega: "Il mio secondo romanzo. Più
romantico del primo". Macno (1984) romanzo
scritto come se fosse raccontato da una telecamera
di cui Andrea de carlo ci racconta: "Appena
uscito ha moltiplicato il numero dei miei lettori,
ha disamorato parecchi critici, è stato tradotto
in molti paesi, e mi ha permesso di fare lo scrittore
a tempo pieno". Yucatan (1986) di cui Andrea
De Carlo ci racconta i retroscena, così:
"È una storia nata da un vero viaggio
con Federico Fellini per incontrare Carlos Castaneda,
dai cui libri avremmo voluto fare un film".
Difattitra il 1982 ed il 1983 Andrea De Carlo è
anche stato assistente alla regia di Federico Fellini
per il film E la nave va; co-sceneggiatore con Michelangelo
Antonioni (per un film mai realizzato) ed è
stato regista del documentario Le facce di Fellini
e del film Treno di panna o Cream train, è
il titolo del film diretto dallo stesso De Carlo
nel 1988 tratto dal suo primo successo editoriale
Treno di Panna (Einaudi 1981). Commedia della durata
di 101 mn., nel cast Carol Alt e come attore non
protagonista Marshall Mellows. Gli altri suoi libri
a seguire cronologicamente sono: Due di due (1989)
di cui Andrea De Carlo ci dice: "Un romanzo
in cui ho riversato molte cose che sentivo e pensavo,
quasi senza filtri. Quello che mi è costato
di più, ma anche quello che mi ha dato più
gioia, per le risposte che ha suscitato e continua
a suscitare tra sempre nuovi lettori.". Tecniche
di seduzione (1991) "È una storia sull'attrazione
tra gli opposti, e sulla perdita dell'innocenza,
sull'ipocrisia e l'incoerenza, sull'ispirazione
e il mestiere, sulle commistioni di interessi, su
Roma, Milano, la politica, la scrittura." E
come aggiunge De Carlo: "Uno dei miei romanzi
preferiti". Arcodamore (1993) "Un romanzo
sugli uomini e le donne, l'amore e il sesso, le
correnti e le ombre." E come ci dice lui stesso:
"Non lo amo molto, ma è lì".
Una curiosità, invece, a proposito di questo
romanzo è che l'ispiratrice di Arcodamore
è Cecilia Chailly, la quale suona l'arpa
dall'età di dieci anni e giovanissima, ha
iniziato la carriera di concertista classica, avvicinandosi
anche al jazz, alla new age e al pop, e collaborando
con alcuni fra i migliori musicisti italiani e americani.
E' riuscita ad uscire dagli schemi tradizionali
cercando vie nuove alla sua arte: significative
le collaborazioni con De André e con Mina.
Nel 1996 ha pubblicato "Anima" (CGD),il
suo primo album come autrice. Nello stesso anno
un suo racconto è stato pubblicato su Panta
Musica (Bompiani). Nel 1998 è uscito il suo
primo romanzo: "Era dell'amore" Proseguendo
invece tra le opere di De Carlo, ricordiamo Uto
(1995) "Riflessioni sulle famiglie e sulle
comunità, sulla spiritualità, la vita
di ogni giorno, i ruoli, i miracoli. Sperimentale
e sfaccettato, un romanzo cubista". Di noi
tre (1997) che come ci spiega lo stesso Andrea "Anche
in questo ho messo molte mie storie, persone, fatti,
luoghi, riflessioni. Il mio romanzo più lungo.".
Nel momento (1999) "Una storia che si svolge
in tre giorni, piena di domande sui rapporti tra
gli uomini e le donne, e sulla ricerca della felicità".
Pura vita (2001) "Un libro pieno di domande,
con qualche risposta che però apre subito
altre domande". I veri nomi (2002) "Un
romanzo sul rapporto tra realtà e fantasia,
sul viaggio, sulla musica, sull'amicizia, sugli
incroci del destino, sui sogni di due ragazzi e
di una generazione". Ed infine Giro di vento
(2004) un romanzo che "parla in modo estremamente
diretto, a tratti spietato e a tratti commosso,
di come siamo noi oggi: delle nostre aspirazioni
e contraddizioni, dei nostri rapporti d'amicizia
e d'amore, delle nostre manie, delle nostre paure,
dei nostri sogni." I suoi libri, pubblicati
da Bompiani, Einaudi e Mondadori, sono tradotti
in 21 Lingue e venduti in Europa, Asia, America
e Australia. Andrea De Carlo partecipa alla campagna
"Scrittori per le foreste" lanciata da
Greenpeace. Ogni suo libro è stampato su
carta "amica delle foreste" ovvero carta
riciclata senza cloro e non ha comportato il taglio
di un solo albero.Ma Andrea De Carlo è anche
musicista e compositore, ha difatti scritto e messo
in scena insieme al musicista Ludovico Einaudi i
balletti Time Out con il gruppo americano ISO, e
Salgari con Daniel Ezralow e il corpo di ballo dell'Arena
di Verona. Ha composto ed eseguito le musiche del
cd Alcuni nomi, la colonna sonora del film Uomini
& donne, amori & bugie e del cd Dentro Giro
di vento. A proposito di quest'ultimo è possibile
scaricare sul suo sito ufficiale, il brano "City
Mojo" a questo l'ink: http://www.andreadecarlo.com/musiche.html
in quanto come Andrea De Carlo stesso ci spiega:
"In origine l'avevo pensato come il primo brano
di "dentro Giro di vento". Poi invece
mi è sembrato che "Georgieboy"
fosse un inizio migliore, per come introduceva un'atmosfera
e si legava agli altri pezzi. Dato che "City
Mojo" non aveva più un posto nel disco,
l'ho messo qui, dove potete scaricarlo liberamente".
(M.D.B.)
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