Devo
ammetterlo, quando mi è stato suggerito
di scrivere questo articolo ho subito pensato
si trattasse di una cosa piuttosto semplice:
un salto in emeroteca, un paio dore a
battere sulla tastiera. Invece, le cose si sono
complicate quasi subito. Il dubbio, poi, di
avere a che fare con un iceberg (un terzo emerso...
e due terzi sotto la superficie) mi è
venuto quando ho scoperto come la facoltà
di Lingue e Culture di Verona preveda addirittura
un esame di Storia delle riviste letterarie.
In questi casi, la cosa migliore è armarsi
di pazienza e cominciare dallinizio. Così
ho messo mano al fedele Dizionario Enciclopedico
Sansoni che recita più o meno così:
Rivista letteraria: Pubblicazione periodica
che si distingue dai giornali quotidiani per
il formato, la periodicità (settimanale,
quindicinale, mensile etc.) e lo scopo diretto
alla trattazione più o meno esauriente
di un argomento di carattere letterario, politico
o filosofico. (...)
Apparentemente il primo periodico che si sia
occupato esclusivamente di letteratura, cioè
la prima vera rivista letteraria, fu fondato
in Francia da Theophraste Renaudot nel 1633
(e continuò a pubblicare fino al 1642).
I primi però a presentare recensioni
di libri furono i redattori del Journal des
Savants fondato da Denis de Sallo nel 1665.
Uno dei periodici più longevi in assoluto,
dato che continua a uscire regolarmente a cura
dellAccademia di Francia. LItalia
sarebbe arrivata qualche anno dopo, e più
precisamente nel 1668, anno in cui labate
Francesco Nazzari fondò a Roma il Giornale
de Letterati. Molto più rappresentativa
è però la Galleria di Minerva,
(Roma 1717) nata con lo scopo di dare notizia
di quanto è stato scritto dai
letterati di Europa, non solo nel presente secolo
ma anche nei secoli trascorsi in qualunque materia
sacra e profana. A dir poco ambizioso!
Il secolo dei lumi fu prodigo di riviste letterarie,
destinate, ciascuna, alla diffusione delle idee
di un gruppo di intellettuali. Intellettuali
che erano soliti riunirsi in quelle botteghe
destinate alla vendita del caffè che
erano allora una vera e propria novità
in Europa. Come a dire che riviste letterarie
e caffè letterari sono nati assieme.
Del resto i locali nei quali si serve il caffè
segnano la fine della taverna, tra "il
tramonto della civiltà del vino, fatta
di deliri, ebbrezze, invasamenti, e l'inizio
della civiltà del caffè, fatta
di riflessione, meditazione, chiarezza di idee".
Non a caso proprio Il Caffè è
il nome del periodico più importante
e prestigioso della cultura illuministica italiana,
nato a Milano nel 1764 a opera di Piero Verri
e del gruppo di intellettuali (tra i quali Cesare
Beccaria) che si incontrava all'Accademia dei
Pugni.
Con il nuovo secolo cambiano i gusti dei lettori
ma, soprattutto, cambiano i lettori. Lalfabetizzazione
raggiunge infatti ampie fasce di popolazione
(relativamente parlando) trasformando la lettura
nel passatempo favorito di una borghesia un
po annoiata che cerca tra le pagine dei
libri - più che i sofismi dello stile
i brividi dellavventura e dellintrigo
amoroso. Siamo nel secolo del romanzo e dei
romanzieri, da Scott a Manzoni, da Dumas a Balzac,
da Tolstoj a Flaubert. Quando le navi che portavano
i libri di Alexandre Dumas(1802-1870) oltreoceano
attraccavano nei porti di San Francisco o Nuova
York, trovavano ad attenderli folle di lettori
che, per acquistare una copia in anteprima,
non avevano esitato a dormire sulle banchine
per giorni e giorni. Dumas stesso, poi, era
così popolare da non poter passeggiare
per strada senza essere importunato da qualche
ammiratore. Un po quel che succede oggi
quando passa una star del cinema o un calciatore.
Ebbene, moltissimi di questi romanzi venivano
pubblicati a puntate, o come appendice di pubblicazioni
di cronaca o allinterno di vere e proprie
riviste, diffusissime in tutta Europa (ma specialmente
in Francia ed in Italia). Il Regno di Sardegna,
in particolare, conosce una impressionante proliferazione
di riviste a partire dal 1847 (anno dellEditto
sulla libertà di Stampa), riviste che,
inevitabilmente nella tensione di quegli anni,
mescolano politica e letteratura. Dallo sfortunato
Silvio Pellico in poi, non sono pochi i patrioti-scrittori
che giocano le loro sorti sulle pagine di una
rivista letteraria.
Tra le riviste dellottocento, troppe
per raccapezzarcisi (ma il secolo XX sarà
anche peggio, cioè... meglio!) possiamo
limitarci a citare la Edimburgh Review
fondata nel 1802 da Walter Scott (che però
se ne stancò abbastanza presto) e, in
casa nostra, Nuova Antologia, fondata
nel 1866 a Pisa da Francesco Protonotari. Tutti
gli scrittori e gli uomini politici dellepoca
vi scrissero, compresi De Sanctis, Carducci,
De Amicis, Verga, Panzini, Fogazzaro, DAnnunzio
e Pascoli.
E però dallAmerica del Nord
che arriva una grande novità: la stampa
popolare a larga diffusione. Negli Stati Uniti
al termine della guerra di Secessione lalfabetizzazione
di massa genera due importantissime conseguenze:
la nascita di una letteratura popolare in senso
stretto, caratterizzata da narrazioni brevi
e destinate a produrre forti emozioni, e quella
delle riviste a grande tiratura, gestite non
più a livello amatoriale ma come un vero
e proprio business editoriale. Con forti investimenti
e campagne pubblicitarie sistematiche e mirate.
A cavallo tra i due secoli, fanno la loro comparsa
pubblicazioni come The all-story (1905-1920),
che raggiungono tirature superiori alle centomila
copie e pubblicano, rigorosamente a puntate,
opere di autori come E.R.Burroughs, Mark Twain
e H.G.Wells. Da qui ai pulp, le riviste popolari
stampate in grande tiratura su carta economica
(di polpa, appunto) che contenevano in genere
(ma non sempre!) storie di bassa qualità,
il passo è breve.
Ovviamente,
in queste condizioni, si accentua la spaccatura
fra la rivista colta - e quindi
elitaria - e la rivista popolare. Le riviste
pulp raggiungono il loro apice negli anni 30
del novecento. Sulle pagine di Amazing Stories
di Gernsback (che proprio pulp non era) prende
vita nel 1926 la fantascienza moderna. Vi scriveranno
autori come Hamilton, Leinster, Heinlein e Van
Vogt. Poi verranno Wonder Tales, Astounding
stories of super-science, Amazing Tales e
tutte le altre.
H.P.
Lovecraft, che visse povero e semisconosciuto
a Providence per poi, da morto, trasformarsi
in un classico della letteratura macabra e fantascientifica,
pubblicò esclusivamente su queste riviste.
E fu egli stesso più volte presidente
dellassociazione della stampa amatoriale
(campo quanto mai vasto e insidioso!).
Lapice della gloria del pulp coinciderà,
come capita spesso, con linizio della
caduta. Perché proprio negli anni 30
si vanno diffondendo negli USA due nuovissimi
metodi di intrattenimento, destinati fin da
subito a calamitare lattenzione di migliaia
di potenziali lettori: la radio e il cinema
sonoro. Già alla fine degli anni trenta
negli states andavano in onda decine di radiodrammi,
detti soap operas perché quasi sempre
destinati alle casalinghe e sponsorizzati da
aziende che producevano prodotti per la pulizia
della casa. Le ultime pulp chiusero i battenti
allinizio degli anni 50, nel disinteresse
generale, mentre Hollywood viveva forse la fase
di massimo splendore e la televisione entrava
a far parte del sogno americano.
Le altre riviste, quelle letterarie in senso
stretto passarono oltre, un po sdegnose,
attraversando indenni, proprio per la loro natura
elitaria, la nascita della comunicazione di
massa.
In Italia (ed in Europa in generale) però
le cose erano andate in modo assai differente.
La povertà diffusa, il basso tasso di
alfabetizzazione, e forse anche la natura poco
imprenditoriale degli editori di casa nostra,
non permisero mai la nascita di prodotti destinati
alla vendita su larga scala come negli Stati
Uniti. Le riviste letterarie restavano confinate
in ambiti ristretti, oscillanti fra la critica
e la produzione sperimentale.
Proprio per questo, la storia letteraria del
900 può essere rivissuta attraverso
le riviste letterarie che, dei vari movimenti,
furono di volta in volta lespressione
e la palestra. Dal decadentismo (Convito,
1895 Il Marzocco (1896)), al Futurismo
(Italia Futurista (1916-1918)- Il
regno (1903-1905)), al Socialismo (Cultura
Sociale (1898-1906), Energie Nove
di Pietro Gobetti(1918-1920)). Tutte le correnti
letterarie e politiche (le due cose sono difficilmente
scindibili in tempi difficili) hanno avuto in
una rivista letteraria la loro espressione.
Tenere il conto è pressoché impossibile.
Ci si prova Benedetto Croce con la sua Critica
Letteraria, rivista (appunto) da lui
fondata (1902), diretta e in gran parte scritta
che, super partes o quasi, continuerà
a raccontare levoluzione della scena letteraria
italiana, tra polemiche e attacchi, per quasi
un cinquantennio (lultimo numero è
del 1951).
Larrivo del fascismo complica le cose,
dato che le riviste letterarie finiscono col
dividersi in tre gruppi: quelle a favore (Gerarchia
1920-1940, Critica fascista 1923-1943),
quelle contro (poche... e maltrattate) e quelle
che, barcamenandosi come possono, cercano di
parlare solo di letteratura.
Poi fu la guerra. E, dopo la guerra, la presa
di coscienza, drammatica, della nostra miseria.
Sono anni difficili, con un paese a pezzi da
ricostruire, questo non impedisce però
la nascita di riviste letterarie come Il
Politecnico. Uno tra i più famosi
settimanali che uscirono nell'immediato dopoguerra
e nei primi anni della ricostruzione. Il primo
numero apparve il 29 settembre 1945 a Milano,
edito da Einaudi e il suo fondatore fu Elio
Vittorini.
Ogni numero, che nei primi tempi veniva incollato
sui muri di Milano come giornale murale,
presentava accanto ad articoli di politica,
storia, economia, critica d'arte, filosofia,
inchieste e provocazioni culturali
anche testi poetici e narrativi sia italiani
che stranieri con le nuove traduzioni da Hemingway,
Majakovskij, Boris Pasternak, Bertold Brecht,
Block, Wright.
Altra rivista di neoavanguardia
degli anni 50 è Il Verri. Rivista
letteraria trimestrale fondata a Milano nel
1956 da Luciano Anceschi. Tra i suoi collaboratori
Nanni Balestrini, Antonio Porta, Giuseppe Pontiggia
e altri giovani intellettuali che erano soliti
incontrarsi al caffè "Verri"
a Milano.
Gli anni che seguono sono tutto un proliferare
di riviste letterarie, le riviste davanguardia
degli anni 60, quelle di contestazione
del 68 (esattamente come centoventi anni
prima, nel 1848!), quelle dedicate alla cultura
pop e alla musica negli anni 70. La catalogazione
è quasi impossibile3, anche limitandosi
a quelle che sono le riviste vere,
quelle cioè stampate e distribuite in
non meno di qualche centinaio di copie. Se poi
ci si addentra nei meandri delle pubblicazioni
amatoriali o semi-amatoriali, giù fino
alle fanzine, loperazione diventa irragionevole.
Del resto, Rimangono bensì memorande
alcune riviste (...) ma esse tutte consumarono
con vorace fiammata, in un anno o poco oltre,
la loro vita, o , semmai la proseguirono oltre,
serbarono il primitivo titolo ma non il primitivo
carattere, per citare Benedetto Croce.
Come a dire che le riviste letterarie nascono
spontaneamente sotto la spinta di un bisogno
di espressione che si esaurisce quando mutano
i tempi o quando gli autori che hanno dato loro
vita trovano altri canali despressione.
Oggi... oggi, da più parti, si sente
dire che le riviste letterarie non hanno più
ragione desistere.
Mancano le motivazioni programmatiche,
dicono. Cioè non esistono più
riviste che siano portavoce di una corrente
letteraria (forse non esistono più le
correnti letterarie...). Mancano i lettori,
nonostante lalfabetizzazione prossima
al cento per cento, il numero assoluto di lettori
continua a diminuire e non sono rari, per nulla,
gli adulti che si vantano di non aver mai letto
in vita loro un libro. Intendiamoci, anche in
un mondo reso paradossalmente sordo dalleccesso
di informazione, larte di raccontare storie
è più viva che mai. Quello che
è cambiato è il modo di farlo.
Le poesie diventano canzoni, i romanzi pellicole
cinematografiche, fumetti... o videogiochi.
Niente di male, anche la fotografia, affiancandosi
alla pittura, ha stroncato la carriera dei ritrattisti
ma non ha cancellato larte di dipingere.
E poi, le riviste letterarie non vendono. Le
edicole sono sovraffollate, le librerie disertate,
gli abbonamenti postali inaffidabili e costosi.
Siamo giunti alla fine di unepoca, quindi?
Dopo tre secoli di storia gloriosa, dobbiamo
rinunciare alle riviste letterarie, forse per
sempre?
Nulla di tutto questo!
Ho tentato un piccolo censimento delle riviste
letterarie attualmente in circolazione in Italia,
ne ho contate una settantina. Limitandomi a
quelle professionali, registrate
in tribunale, stampate in tirature discrete
e con cadenza regolare ed escludendo le pubblicazioni
amatoriali e quelle (sempre più diffuse)
esclusivamente on line (dove pure,
a volte, si trova materiale sorprendentemente
buono). Ed è certamente, una stima per
difetto.
La domanda sorge spontanea, a cosa servono
oggi le riviste letterarie?
Antonio Pascale, nel suo libro Best Off
Il meglio delle riviste letterarie italiane
(MinimumFax 2005) suggerisce questa divertente
risposta:
a)Le riviste letterarie sono formate da persone
che amano la letteratura e vorrebbero vedere
pubblicate solo le cose che come lettori amano
leggere;
b)Sono formate da persone non sempre sane di
mente, perse dietro la letteratura peggio dei
cinefili (...);
c)Sono formate da persone che è bene
che facciano i direttori di riviste perché
quando provano a scrivere non gli viene tanto
bene. Però sono bravi a scoprire talenti;(...)
d)Sono formate da persone che dopo qualche anno
formano un gruppo di riferimento e diventano
autoreferenziali;
e)Conseguente alla d)... Sono formate da persone
che non leggono le altre riviste neanche sotto
tortura;
Sono osservazioni molto interessanti, oltrechè
spiritose, cui però io premetterei una
divisione in tre grandi gruppi:
Riviste storiche, cioè quelle
serissime e accademiche la cui attività
prosegue da mezzo secolo o giù di lì.
Appannaggio esclusivo degli accademici. Ora,
gli accademici sono purtroppo un po sdegnosi
e come tale, incapaci di vedere quel che sta
succedendo sotto al loro naso. In genere si
accorgono dei cambiamenti solo quando qualcuno,
che con la letteratura non centra nulla,
va a dirglielo in un orecchio.
Riviste subordinate allattività
di un editore/agenzia letteraria (a loro volta
divisibili in grandi e piccoli editori). E parliamo
di riviste cone Prospektiva,
R-notes delleditore Rubbettino
o, ancora, Il segnalibro dellagenzia
letteraria omonima o la defunta F
di Feltrinelli. Sono in genere buone riviste,
con il solo difetto (relativamente parlando)
di pubblicare quasi esclusivamente i lavori
del proprio parco autori.
Riviste indipendenti.
Nel terzo gruppo, cui si applicano perfettamente
le definizioni date da Pascale, si nascondono
le sorprese più interessanti. Sono quasi
sempre riviste fondate da appassionati. A volte
nascono dietro iniziativa di un singolo, a volte
di un gruppo. Il primo problema con cui devono
confrontarsi è quello economico, e non
è un ostacolo da poco, poi ci sono la
difficoltà di farsi notare, quella di
mantenere costante il livello del materiale
presentato e linevitabile scoramento che
prende quando infine ci si rende conto di quale
sproporzione ci sia tra la fatica e la ricompensa.
Se, per una fortunata serie di coincidenze,
vuoi per labilità del direttore
o delleditore, per lapporto costante
di nuove energie o per laffiancamento
alla rivista di una attività editoriale
che sia in grado di sostenerla economicamente,
questi problemi vengono superati, ecco che siamo
in presenza di una rivista che, in qualche modo,
lascerà il segno.
Intendiamoci, resteranno in ogni caso prodotti
marginali, su cui nessun grande
editore, pur osservandole incuriosito, investirebbe
una lira.
Eppure, proprio al loro essere fuori, inteso
come fuori dalle logiche del marketing
e del mercato, queste riviste devono la
loro assoluta libertà despressione.
Libertà che si trasferisce agli autori
i quali, proprio perché liberi, riescono
a dare il meglio di sé, producendo saggi,
articoli, racconti che non avrebbero altra possibilità
di essere pubblicati ma che la pubblicazione
la meriterebbero. Eccome.
Daltra parte i grandi quotidiani (che
sono, dopo i libri, laltro macro contenitore
della cultura letteraria, anche se la terza
pagina ormai lhanno spostata vicino ai
necrologi... un segno dei tempi?) sono per la
natura del loro pubblico costretti a fornire
una biblioteca di base, mentre chi pubblica
e chi legge le riviste letterarie può
concedersi il lusso di dissentire, polemizzare.
Pensare.
E una sorta di zona franca dove prendono
forma i talenti dei giovani scrittori. Non ci
credete? Provate a chiedere a uno scrittore
famoso come ha incominciato. a uno qualsiasi.
Sono certo che vi dirà pubblicando
su una rivista letteraria!.
Allora, proviamo a citarne alcune. Così,
come se fosse un gioco: io le elenco e voi provate
a cercarle in librerie e biblioteche. E non
vogliatemene se, inevitabilmente, per mia ignoranza,
mancherò di citarne alcune degnissime
e, magari, mi soffermerò su altre che
a voi piacciono poco o nulla.
Partiamo da Prospektiva,
robusta rivista arrivata al sesto anno di attività
e diretta da Andrea Giannasi, nonchè
organo ufficiale della Prospettiva Editrice.
Il materiale è sempre ben curato, ben
rifinito, discretamente editato. La presentazione
è essenziale e senza fronzoli, una scelta
editoriale precisa anche se, a volte, un po
autolimitante. Qualcosa sta cambiando, però,
e larrivo in redazione del bravo Piergiorgio
Leaci non mancherà di portare novità.
Se da Civitavecchia risaliamo la costa fino
a Piombino, incontriamo Il
Foglio Letterario, fondato e diretto
da Gordiano Lupi, scrittore e polemista (o,
forse, polemico scrittore...). Il foglio, allopposto
de Prospektiva, ha labitudine di cambiare
spesso graficamente e contenutisticamente. Lanno
scorso, dopo la fusione con Lo specchio di
Medusa aveva inaugurato una nuova linea
editoriale, decisamente horror-trash (nellaccezione
positiva, cioè non spregiativa, del termine!)
e una nuova veste grafica in grande formato
veramente accattivante. Anche se lultimo
numero ha ripreso il meno appariscente formato
libro, rimane comunque una rivista
molto interessante, per gli appassionati del
genere, soprattutto per lestrema libertà
di cui godono gli autori e la loro capacità
di sperimentare e stupire.
Molto più raffinata (ed un po elitaria)
Ellin Selae di Franco Del Moro, bonaria
ma compita Fernandel,
diretta da Cristina Ventrucci e Giorgio Pozzi.
Anche Fernandel esce ormai da otto anni e ha
affiancato alla rivista una buona produzione
editoriale, selezionata e ben curata.
Maltese
Narrazioni, diretta da Marcello Baraghini
, è una eccezione. La rivista è
sì interessante, ma non eccessivamente
originale, eppure (grazie anche al sito internet)
è riuscita a raccogliere attorno a sé
un gruppo attivissimo di lettori fedeli e costanti
che danno vita a dibattiti spesso di notevole
spessore.
Mostro (Direttore Editoriale Marzio
Fatucchi) è unaltra cosa. Al di
là dei testi che pubblica (che sono sempre
di elevata qualità), Mostro è...
bella. E una piccola opera darte
grafica, dalla copertina allultima pagina,
dove letteratura e arte visiva si compenetrano
e si integrano.
Ne citiamo qualche altra? Cè la
Biblioteca di Babele, Caffè Michelangelo,
Il foglio clandestino (che pubblica ogni
notizia che possa contribuire a sviluppare la
conoscenza del mondo letterario ), Il
laboratorio del segnalibro (organo ufficiale
dellagenzia letteraria omonima).
Poi ci sono Inchiostro, di Gianpiero
Dalle Molle, che è una buona rivista
tagliata, decisamente, sullintrattenimento
e Strane storie di Paolo Canfora che
ha unimpostazione simile ma orientata
verso il macabro e il fantastico.
Paginazero diretta da Ilaria Prati e
Mauro Daltin è, al contrario, un appuntamento
trimestrale con il giornalismo letterario vecchio
stile. Con un occhio sempre rivolto alla letteratura
istriana e slava (la collocazione geografica
lo impone), presenta regolarmente interventi
di ottimi scrittori tra cui Tullio Avoledo.
Futuro
Europa, invece, è un anacronismo.
Forse lultima delle grandi riviste di
fantascienza italiana, diretta e fondata da
Ugo Malaguti, continua cocciutamente ad uscire
trimestralmente ed in formato libro -
per i tipi della Perseo Editore, nonostante
le gravi difficoltà economiche in cui
si trova.
Sempre in tema di fantascienza, non è
possibile non citare Robot, storica rivista
degli anni settanta (per molti la migliore mai
pubblicata) oggi risorta per volontà
di Delos
Books. La continuità con
la vecchia serie è assoluta, non solo
alla guida della rivista troviamo ancora Vittorio
Curtoni ma neppure la numerazione è stata
interrotta ed il numero 41, uscito nel Gennaio
2003, segue idealmente il numero 40 del 1979.
Altre riviste, da cercare e da leggere sono
senzaltro TAM TAM, Accattone, Il caffè
illustrato, Nuovi Argomenti e Una città,
ciascuna peculiare e fortemente caratterizzata.
Noi, però, chiudiamo qui la nostra breve
rassegna. E la chiudiamo con Poesia,
rivista nata dalla passione di Nicola Crocetti,
che esce in edicola ogni mese da ormai sedici
anni, diffondendo inediti, nuove traduzioni
e novità editoriali di autori famosi
nel mondo.
Ah, sì, che distratto... fra tante ne
ho dimenticata una: WMI.
Ma se lavete tra le mani, sono certo che
ne sapete già più di me. e in
caso contrario, non voglio gustarvi la sorpresa
di leggervela con calma(1).
Mi sia concesso solo un commento finale: è
molto interessante notare come tutte le riviste
citate (e quelle dimenticate) siano in genere
acquistabili solo per abbonamento o in libreria.
Nessuna, a parte Poesia, che io
sappia, arriva su quellimmenso palcoscenico
costituito dalle trentacinquemila edicole italiane.
Non ci sono riusciti neppure Alfredo Castelli
e Pier Carpi quando nel 2004, a trentadue anni
di distanza dalla prima fondazione, hanno tentato
di resuscitare Horror, altra storica
rivista degli anni 70, con un numero zero
rimasto purtroppo privo di seguito per lo scarsissimo
esito economico.
Peccato. Viene da chiedersi se, mettendo in
copertina il falso titolo de Il grande
fratello, si potrebbe riprovare con maggior
successo.
E chissà se qualcuno riconoscerebbe la
citazione.
(c) Marco R. Capelli
marco_roberto_capelli@progettobabele.it
(1) Nota, questo articolo è stato
pubblicato per la prima volta su WRITERS
MAGAZINE ITALIA N.4
VISITE: 37.878
dal 15/06/06