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Avendo ormai una dimora stabile
nella necessità,
Hermod, Orfeo, miei cari,
e tutti voi che avete
camminato nel buio
per riportare qualcuno
alla luce del giorno,
io ho un amico:
uno che mentre noi discendevamo
compiva un’ascesa
e mentre noi camminavamo nel cuore del buio
a lui batteva il sole in fronte,
io ho un amico:
tanto lontano e tanto luminoso
che solo pronunciare il suo nome
fa sorgere il giorno
nello spazio tra l’una e l’altra
delle mie mani,
io ho un amico.
Dimorare nella necessità,
Hermod, Orfeo, miei cari,
senza che moneta sonante
o scambio, equo, ingiusto,
ci ripaghino della discesa
io ho un amico
che chi sa se vuole o può
intendere questa lingua
e chi sa se vuole o se può
averne cura –
intanto questo resti
detto e scritto e inciso e scolpito
per la forza che fa fiorire
lo spazio tra due mani
a nome di tutti quelli che hanno
camminato nel buio
per riportare qualcuno
alla luce del giorno.
©
Valeria Di Clemente
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