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- Una pallottola vagante… È assurdo. -
L’uomo aveva appena finito di leggere la notizia: una donna, mentre camminava per la strada, era stata colpita al collo da un proiettile esploso da ignoti. Non era morta e adesso si trovava ricoverata in prognosi riservata all’ospedale.
L’articolo, poco più di una breve in cronaca, non riportava altro. Nessun commento, nessun allarmismo, nessuna ipotesi della polizia, neanche una dichiarazione di qualche anonimo investigatore.
Per tutta la giornata l’uomo restò incollato davanti alla televisione sperando che almeno il TG regionale riportasse l’accaduto. Solo a tarda notte, in un notiziario di una sconosciuta tv privata, era stata data la notizia del ferimento. Lo speaker aveva impiegato dieci secondi per leggere la cronaca dell’accaduto.
- È il colmo. Viviamo in una società dove trionfa l’indifferenza – commentò l’uomo dopo aver cronometrato il tempo della notizia.
Si fece una camomilla sperando che una tranquilla notte di sonno gli togliesse il disappunto per l’accaduto. Tuttavia, come aveva previsto, fu inutile. Si rigirò nel letto in preda all’inquietudine, cercando di capire dove avesse sbagliato. Solo verso mattina riuscì a prendere sonno per qualche ora. Comunque, al risveglio gli parve che quel breve riposo fosse bastato a restituirgli la calma e la lucidità necessaria a portare avanti l’intera faccenda.
Si lavò e si vestì con cura, come al solito, e uscì per andare a comprare i giornali.
- Buongiorno professore – lo salutò il portiere senza alzare lo sguardo dalle parole crociate.
- Ciao Salvatore – rispose l’uomo uscendo dal portone senza guardare verso il gabbiotto. Aveva fretta.
Al solito bar, duecento metri uscendo sulla destra del portone, fece colazione. Il cappuccino con poca schiuma e il cornetto ben cotto, le usuali battute sul governo di questo paese scambiate con il cassiere e poi quattro passi fino all’edicola.
- Il Corriere, Repubblica e Gente - chiese l’uomo all’edicolante.
Un giro del palazzo per digerire meglio la colazione e poi tornò verso casa con i giornali sotto il braccio.
Una volta nell’appartamento si sistemò in cucina: si infilò un paio di guanti presi al supermercato, di quelli che si usano per servirsi da soli al banco della frutta e verdura. Poi sistemò sul tavolo le forbici, un foglio bianco, lo stick della colla e si accinse all’opera.
Quella notte dormì molto meglio e il mattino dopo ripetè le stesse operazioni che da anni ormai scandivano le sue giornate. Leggendo i giornali questa volta trovò ciò che sperava.
- Finalmente! Certo avrebbero potuto scrivere qualche riga in più. Magari pubblicare il testo della lettera o spendere qualche parola per analizzare il caso. -
L’uomo ripose il giornale piegandolo con cura. Anche se la notizia non era in prima pagina, in compenso occupava l’apertura della cronaca metropolitana. C’era anche una breve intervista all’ispettore di polizia incaricato del caso in cui si raccomandava ai lettori di non preoccuparsi, che non era il caso di alimentare paure o psicosi da maniaco.
La mattina, prima di uscire di casa, l’uomo ripassò con cura il piano, nei minimi dettagli perché nulla fosse lasciato al caso.
Come ogni giovedì rientrò a casa per il pranzo sempre alla solita ora, le 12.30, per non dare nell’occhio a nessuno.
Mangiò con calma anche se doveva ammettere di provare una leggera impazienza per il telegiornale della sera.
Il resto del pomeriggio lo passò studiando. Scelse dalla biblioteca le “Operette morali” di Leopardi e riuscì a non pensare a nulla, gustandosi i passi dello scrittore che forse più di tutti amava.
Alle 19 in punto si sedette in cucina davanti al piccolo 15 pollici e attese.
Sigla. TG nazionale. Apertura con immagini di Palazzo Chigi.
- Sempre questa politica! Non capiscono che siamo stanchi dei loro giochi e promesse. -
Altra notizia. Scene da un paese lontano. I resti carbonizzati di un aereo precipitato. La speaker legge il numero delle vittime.
Cambia immagine. A l’uomo sembra di riconoscere il quartiere e le sue strade. Passano due secondi. Poi l’annuncio.
- Giallo a Roma. Uccisa una donna per la strada. Scoppia la paura del serial killer. -
L’uomo tira un sospiro di sollievo. Adesso deve solo aspettare il momento in cui andrà in onda il servizio.
Si alza dalla sedia e mette sul fuoco la pentola con l’acqua per la pasta. Si versa un goccio di vino e passeggia su e giù per la cucina. Era tanto tempo che non provava una simile eccitazione ma il suo comportamento è contenuto e nessuna espressione appare sul suo volto.
Finalmente è il momento. Ascolta con attenzione il servizio. È compiaciuto per la sua durata e perché è il questore in persona a essere intervistato e a rilasciare dichiarazioni. Gli inquirenti hanno già collegato l’omicidio al ferimento della donna, avvenuto qualche giorno prima, e alla lettera anonima pervenuta successivamente alla redazione del giornale Il Messaggero. Nel servizio si parla dell’opera di uno psicopatico.
Lui, in ogni caso, ormai ha la sua certezza e ride compiaciuto scuotendo la testa.
- Oltre due milioni di abitanti e a sparare potrebbe essere stato chiunque di loro. -
L’ispettore era sconsolato: il rapporto della scientifica non gli aveva fornito un solo indizio in grado di orientare le sue indagini. Era stato individuato il palazzo da dove avevano sparato, ma nessuno aveva notato qualcosa di anomalo. Confidò a se stesso che in questi casi l’unica strada da prendere era aspettare la prossima mossa del killer, sperando che commettesse qualche errore. Non riusciva però a considerare l’autore del delitto come psicopatico: troppa precisione, un piano quasi perfetto.
Le telefonate dei superiori erano già arrivate e lo avevano messo sotto pressione. Così il suo cattivo umore non lo aiutava di certo a pensare. Adesso ci si metteva anche il mal di stomaco e, a dire la verità, non sapeva se fosse dovuto al caso che stava seguendo o per la cena della sera precedente. Da quando si era separato mangiava male e in maniera sregolata.
- L’unico inconveniente di non essere più sposato è che prendi un sacco di cattive abitudini - pensò mentre scioglieva un Malox in un bicchiere d’acqua. Si accese una sigaretta e ricominciò a studiare il rapporto.
Continuò a leggerlo per altre due ore senza cavarne un’idea illuminante per l’indagine. Poi prese una decisione. Lui era un uomo d’azione, certamente poco incline alla speculazione e alle deduzioni. Telefonò alla redazione della RAI e annunciò che voleva rilasciare un’intervista sul caso del presunto serial killer.
Il giorno successivo, l’uomo vide il servizio al TG delle 20. L’ispettore ammetteva che le indagini procedevano nel buio più assoluto e chiedeva da quel momento in poi il silenzio stampa sulla vicenda. Attendiamo le mosse del killer. Abbiamo ragione di ritenere che non si tratti di uno psicopatico ma sicuramente di un individuo molto intelligente.
- Così ha detto!... Non è uno stupido, sa di non avere a che fare con un malato di mente – commentò fra sé l’uomo mentre si lavava i denti prima di andare a letto.
Passò qualche giorno, poi all’ispettore fu recapitata una seconda lettera anonima. Sempre composta da ritagli di giornale. Il tono era confidenziale.
Non voglio piú uccidere. Non faró altre mosse e questo è il mio ultimo messaggio. Lei si chiederà perché ho fatto tutto ciò. Confesso che non lo so neppure io. Ma quante persone compiono azioni senza conoscerne i motivi? Però una ragione posso dargliela. Mi sono chiesto tante volte se io sarei stato capace di uccidere. Nella vita non ho mai picchiato nessuno e la violenza mi ripugna. Eppure quella domanda me la sono posta tante volte. È collegata a una questione filosofica. Segua il mio ragionamento. Se una persona normale come me, con una condotta - mi creda - irreprensibile, arriva a macchiarsi della più orribile colpa, vuol dire che tutti coloro che ci guidano, politici, amministratori, maestri, tutte persone forse eticamente meno rette di me, potrebbero commettere delitti meno gravi del mio. E non mi sbagliavo: il mio gesto mi dà ragione. Il confine che ci separa da azioni criminose è una membrana veramente sottile. Dopo la mia azione ho perso ogni fiducia nell’onestà del mondo… Le faccio gli auguri per le sue indagini se mai fosse ancora interessato a trovarmi anziché dedicare il suo tempo a perseguire i crimini degli altri.
L’ispettore ripiegò la lettera e rimase qualche minuto a pensare. Poi si accese una sigaretta e senza chiudere la fiamma dell’accendino la avvicinò al foglio di carta. Quando non rimase altro che un mucchietto di cenere chiamò l’appuntato dalla stanza accanto.
- Mi faccia un favore. Potrebbe pulire la mia scrivania. Ah, dimenticavo. Mi porti anche un caffè. -
Quando l’appuntato uscì dalla porta l’ispettore tirò un lungo sospiro di sollievo.
- Avevo proprio ragione, non si trattava di un matto. -
©
Stefano De Camillis
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