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Il professore, ‘il Principe’, attraversò tutto quel primo piano della casa, e si fermò all'ultima terrazza.
Ugualmente sospesa fra cielo e mare, aveva la pavimentazione che si ancorava alla montagna. Un muretto imperfetto, la delimitava davanti e nel fianco.
Si affacciava di lato allo Stromboli e a Vulcano, nelle giornate di luci-do guardava l' Etna.
Da quell'angolo orientale si può puntare l'occhio dritto a sud, attraversando tutto il mare. Si ha la Sicilia di fronte, ma l'occhio cade inevitabilmente a destra, verso una grande pietra in lontananza, scolpita a larghe accettate dal vento. E' quella, un enorme masso, un segno naturale, un cancello ideale oltre-passato il quale ci si trova sulla Comunale Sgurbio, via secondaria di accesso alla montagna.
Oltrepassato questo punto di dogana, di fatto un viso di roccia che indica la direzione col naso, parte un tratto di strada piana ma sabbiolenta ed insi-diosa, e una immancabile irta rampa di gradini che innalza di livello.
La Comunale Sgurbio, continuazione del sentiero Piano Sgurbio, sale poi verso la chiesa di S. Bartolo e raggiunge sù Pianicello.
La posizione alta della casa, offre il vantaggio di vedere con largo anti-cipo chiunque decida di varcare il cancello di pietra. Con un binocolo si può facilmente vedere la natura degli entranti. Conosciuti o sconosciuti, invitati at-tesi, turisti di passaggio, scocciatori, muli carichi di provviste da consegnare.
La dimora del professore, bioedilizia spinta dei secoli scorsi, è un luogo che per altezza e convergenza di elementi naturali, instilla potenza corporea e omniscienza mentale. Chi pensò e costruì quella terrazza, lo aveva fatto osser-vando attentamente gli elementi forti che lo circondavano e aveva letto nei se-gni che la natura gli indicava, le curve da seguire per costruire una sua home. Architettura organica degli antenati per intenderci.
Non era un caso che il professore, recente occupante, se si ragiona per secoli, avesse scelto - Punto Cosmico - come nome, per quella ultima terrazza del primo piano.
Per entrare nel Punto Cosmico, si scendono quattro gradini, si incontra quasi subito una grossa pietra scura. Oltre la pietra, un divano in legno spostato leggermente sulla sinistra, addossato al muro che chiude la zona a nord. An-dando avanti, nell'angolo più lontano due sedie, quella destinata al Principe, munita di cuscino. Nessuna colonna taglia lo sguardo, nessuna copertura chiude in alto. Ampia visuale oltre i 180° gradi del goniometro. Questi gli arredi.
Il Punto Cosmico mostrava la sua magnificenza sicuramente all'alba - rivolta col fianco ad est, vi si poteva gioire del sorgere del sole - maggiormente però era godibile la notte.
L' assenza di luce artificiale consentiva ai miliardi di stelle di farsi protagoniste.
Un cielo nero bucato di luce e nel foro più grande, il bianco della luna e i suoi cicli riflessi nel mare.
Favorisce questo luogo l'osservazione dei moti astrali. Ad avere cono-sciuto i nomi, si sarebbero potuti elencare tutti, segni chiari di posizioni e per-corsi. Giordano Bruno e Galileo Galilei qui avrebbero parlato a lungo.
La ragazza scese i gradini, entrò nel Punto Cosmico girando a destra della pietra nera e spigolosa, venne fatta accomodare, dopo un cenno di lui al panorama, sul divano, - Alvar Aalto - aggiunse egli.
Erano forse le sette della sera, cambiava la luce, anche le ombre, anche la faccia del professore. In quell'ora di passaggio, egli metteva fuori una sua diversa personalità, la quale muoveva leggermente i tratti del suo viso. Moto impercettibile, ma reale. Era buffa per lei questa cosa, a momenti diversi del giorno egli era persone diverse. Le erano voluti forse quattro o cinque giorni di convivenza, per capire che il professore era come dire, changeable.
Il Principe a sua volta, vedendola per la prima volta adagiata su quell’Alvar Aalto, con tanta fatica e accanimento fatto giungere lassù, notava che il suo corpo si adattava perfettamente al divano. Aveva imparato in quei giorni ad apprezzare il suo corpo. Apprezzare un corpo di donna è raro per un uomo. Il maschio guarda le curve, punti nodali a seconda dei desideri. Non considera l’insieme. Ma il corpo di Raffaella parlava tutto per conto suo, era essenziale, di una magrezza esasperata, ai limiti della rottura. Eppure con quel corpo, così esile, era capace di sottoporsi anche a pesanti fatiche. Al suo arrivo sull’isola era salita subito allo Sgurbio col suo zaino carico addosso, al contra-rio delle due ospiti precedenti, che avevano preso il mulo per gli zaini, per sa-lire e anche per scendere, nonostante fossero più robuste.
Ma non era solo questo adesso il motivo della piccola fitta allo stoma-co, era il modo come lei stava adagiata su quel divano. Il Principe, lo sappia-mo, aveva una fissa: riconoscere i ‘mentali’, come li chiamava lui, da come camminano o da come stanno seduti… Ora finalmente aveva lassù quel divano a lui tanto caro e vi vedeva adagiata una splendida creatura e nel modo giusto. Il corpo di Raffaella così essenziale era anch’esso design come quel divano. “Alvar Aalto” pensò. “è stato l’inventore del design, un dio, bonario, mi ha mandato il suo design”.
Le si avvicinò, la luce del giorno scemava, il cielo si preparava al gran-de spettacolo della notte. Filicudi e le altre isole ancora visibili riempivano il palcoscenico, lo sbalzo gìù, verso la Bazina, sollecitava lo spirito ad elevarsi. Ma quella creatura ravvivava e teneva desta anche la carne. Lo sguardo di lei era perso nel lontano orizzonte, verso la Sicilia, verso l’Etna che quel giorno si era mostrata smagliante e nitida.
Le indicò con un ampio movimento del braccio lo scenario dove, di lì a poco, sarebbe iniziata la pièce. Sentiva di poterlo fare, di dovergliela donare come qualcosa di bello.
- Sai chi è Alvar Aalto? - le chiese. Sapeva benissimo che solo gli ad-detti ai lavori, architetti designers... conoscono chi sia Alvar Aalto, e non sem-pre veramente. Ora assumeva l'atteggiamento del maestro che impartisce una lezione, come di solito, nelle ore del pomeriggio, ma già un poco alterata dal genio notturno incalzante nella voce.
Lei aveva letto troppo poco ancora, per sapere anche chi è Alvar Aalto. La cultura generale è una cosa che richiede tempo, dedizione, memoria ferrea. Cose grosse insomma di cui ella in parte difettava.
No, non lo sapeva. - Chi è ?- chiese.
Lo accattivava quel suo modo di rispondere! Accettava sì un vuoto di conoscenza ma con nonchalance e con la massima attenzione, pronta a nutrirsi subito di cose nuove.
Sarebbe partita a quella domanda una leçon, era inevitabile, pensò lei. Si mise comoda sull'oggetto, struttura di legno spalliera e seduta di spago intrecciato, un poco rannicchiata nell'angolo, chiusa fra lo schienale ed il braccio-lo curvato, firma del suo creatore.
Le gambe prima distese, ora piegate e riunite in alto sul sedile, le ginocchia magre scoperte, i piedi scalzi, sintonizza il corpo all'oggetto e al suo interlocutore. Ha una posizione composta, e raccolta, gli occhi non guardano nulla di preciso.
“Non male,” pensò, “lezioni di design nel Punto Cosmico. Non male. Sentiamo che cosa ci racconta.”.
Egli dapprima le gironzolò intorno, la guardava nei suoi cambi di posizione, continuava a vederla estremamente adatta nelle sue linee corporee alle curve di quell'oggetto.
- Vedi - le disse - questo oggetto in sé ha una struttura spartana, quasi scheletrica, essenziale, come il tuo corpo. Nessun fronzolo aggiunto, niente che non serva, al contempo tutto quello che serve.
- Essenziale vuole essenzialità. Forma chiama Forma. Alvar Aalto ti dona. -. Ulteriore calo di luce. Egli rimasi nel duo di personalità frammischiate, il professore e l'ideatore folle di idee, in una prolifica fase mediana che smor-zava gli eccessi dei due estremi.
“Piacevole.” pensò lei, “Un nuovo aspetto dei suoi molteplici. In quanti saranno dentro quel corpo?”.
- Alvar Aalto è un architetto finlandese, - riprese lui - 3 febbraio 1898, Helsinki 11 maggio 1976. Brevi cenni storici. Riconosci la sua firma su un suo oggetto, per questa curva. - e si appoggiò con entrambe le mani sul bracciolo ligneo del divanetto. Sentì esplodergli dentro una irresistibile voglia, sentì che stava addentrandosi in una fase creativa. - Spingiamoci, ora, oltre i suoi bene-meriti studi di architetto, e proviamo a vedere che cosa poteva essere nell'im-maginifico di Alvar Aalto questa curva. Toccala, tocca la curva. -.
Le mani di lei si allungarono sui braccioli con un movimento leggiadro ma deciso, confermandogli la massima attenzione.
- L'asse di legno accompagna la mano che trova una sua naturale posizione nel degradare della linea. La curva è insieme la flessione fisiologica del polso e il punto di massima aderenza della mano distesa. - parlava lento e basso - E' una sensazione corporea quella che senti. Egli è stato in grado di trasferire una sua sensazione corporea, di grande piacere immaginiamo, di sublimazione, in una idea. Ha sintetizzato la sua idea in un segno, ha trasferito il segno in un oggetto che al contatto della mano rievoca la sensazione. Geniale no? -.
Avvertì la sensazione di lei, Raffaella aveva uno strano modo di comunicare; con le parole, certo, con lo sguardo, coi movimenti del viso e del corpo. Ma pure con un sottofondo strano, un misto di telepatia e di odori. In qualche modo aveva assimilato lo stesso modo di comunicare dei fiori e degli insetti. Così, attraverso sottili impalpabili onde, al Principe giungevano adesso le sensazioni di lei, perfettamente sintonizzate, alla medesima frequenza del discorso che le stava facendo. Riprese:
- Immagina ora che questa sensazione di grande piacere, sia un elemento a lui fondamentale, magari un tarlo, o un'ossessione. Egli era ossessionato da questa curva. Il frutto di una ricerca continua e finalmente concretizzata in un segno, rappresentativo. -.
Ora il professore accelera nel ritmo, alza un poco il tono, poggia le sue mani sulle mani di lei che sostano sui braccioli e le comunica un immenso calore, una grande energia. A quel punto le esplose:
- Che cosa era per lui questa curva? Cosa rievocava nella sua mente Al-var Aalto, quando si sedeva sulla sua sedia e metteva la mano su questa curva? Perché metteva ovunque questo segno? Certo egli sostiene che la curva si armonizzi meglio con la natura, ma deve essere qualcosa di più profondo di una banale avversione per lo spigolo, something che ha la sua radice negli angoli più lontani della mente. -.
Adesso, sapendola complice, mentre i tratti dei loro volti sparivano avrebbe, come un torero, immersa la spada nella mente di lei non per ucciderla certo, per predisporla invece a qualcosa che, dopo quelle raffigurazioni e concretizzazioni, sarebbe forse esplosa più tardi, nel buio, sotto il cielo stellato. Il Principe ed il Professore non stavano recitando a caso, preparavano uno spettacolo, un insieme affascinante per la notte imminente. Si allontanò e riprese:
- Immagino, forse, un ginocchio, il ginocchio della madre, un seno, ma-gari di una cugina, di una sorella, una linea di idillio, un segno inconfondibile di donna. La linea di un corpo amato e sognato, contemplato e rievocato. Comodamente seduto, con la sensibilità della mano egli trova la curva lignea, ri-trova l'amore e calma l'ossessione per quel segno che lo insegue -..
Il principe aveva fatto ricorso ai più intimi e passati ricordi. Come si può essere potenti in una descrizione se non ricorrendo al bagaglio più intimo dei propri ricordi? - Fai ora attenzione al fatto che tu sei seduta su un divano Alvar Aalto, adatto a ricevere due persone, una accanto all'altra. Pensa invece ad una poltrona, una sedia, un singolo spazio racchiuso dalle medesime curve.
- Pensa alla sedia e immagina, se puoi, l'uomo che vi è seduto. Ha le due mani sulla curva dei braccioli, il corpo contenuto dalla scarnità avvolgente della struttura. Da questa posizione, quasi immobile, fa l'amore con una donna.-...Amava solleticarla sul versante dei piaceri, a quel punto lei emanava un sottilissimo fluido di consenso e di partecipazione che aveva qualcosa di voluttuoso. - I corpi quasi non si toccano, le mani di lei fanno presa allo schienale per il sostegno e lo slancio, le mani di lui rilasciate nel legno, ferme sulla curva sublime.
- Non serve toccare il corpo della donna, gli involucri hanno già il loro univoco punto di contatto, è la mente che ha bisogno di un altro punto di con-tatto, diverso dal corpo, ecco la mani sulle curve. -.
Le aveva rovesciato addosso qualcosa di forte. Lo sentiva, la guardò. Raffaella, attenta, rilassata, aveva assorbito senza batter ciglio quelle immagini, la veemenza, l’energia che vi aveva impresso. Era una bella creatura, disponibile a tutto solo però se toccata dall’amore. Aveva talmente ridotto il suo corpo da renderlo involucro perfetto dell’anima, un segno rappresentativo, reso ancora più desiderabile dalla sua essenzialità.
- Il divano vedi, - concluse, - serve per il momento successivo al fatto amoroso, quando la coppia si siederà vicina e potrà parlare rievocando ognuno con l'uso della propria mano sulla curva, le sensazioni avute. -. Si riferiva adesso interamente al suo sogno malandrino, al dopo che immaginava quella sera stessa, per effetto di quelle parole e di quel calore, sapendo di averla ammaliata, di averle trasferito il suo desiderio, per un oltre che questa volta avrebbe significato l’unione di anime e di corpi. In quel groviglio di pensieri e di sensazioni si rilassò un attimo, tacque.
Oramai completamente al buio, lei non vedeva più nulla di lui, le arrivava solo la voce dell'inventore di idee.
- Ti è piaciuta questa lezione sull' Alvar Aalto? Storie, balle o invenzioni, che importa, comunque costruzioni, in ogni caso visioni. Indiscrezioni, forse anche illazioni. Interpretazioni ed elucubrazioni. Verità o menzogne? -
o pezzi mandati a memoria e recitati lì, come cento altre volte per un teatro immaginario. Nessuna importanza, la pièce era stata ottima. Ecco l'uomo di teatro, che le si mostra. Viaggi nella mente, infine. Alvar Aalto e la sua cur-va mentale, la singola poltrona che ospita due corpi divisi nell'amore, vicini nell'intimità del divano. Insieme, si parlano piano, ognuno toccando il proprio orgasmo nella curva. Visionario e bello. Probabilmente l'unica spiegazione possibile per quel momento.
- Molto, mi è piaciuta molto, grazie professore..-, gli rispose lei col suo solito tono altero condito però questa volta da un’invitante dolcezza.
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Elio Zagami
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