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RECENSIONE
Viaggioa Kandahar

FRANCIA/IRAN 2001


Recensione di Francesca Lagomarsini

Viaggio a Kandahar

Titolo originale: Safar e Ghandehar
Nazione: Francia/Iran
Anno: 2001
Genere: Drammatico
Durata:
Regia: Mohsen Makhmalbaf
Cast: Niloufar Pazira, Hassan Tantaï, Sadou Teymouri

L'immagine iniziale è quella di un disco nero su sfondo oro sbiadito, due dischi sovrapposti, quelli di un eclisse vista dai fori del burqa di una donna.
Ci immergiamo subito nel racconto quasi giornalistico di questa donna che si immerge volontariamente nelle ombre del mondo afghano per raggiungere la sorella ed impedirle di togliersi la vita prima dell'ultima eclissi del millennio.
Attraverso il deserto tra Iran ed Afghanistan si compie questo "viaggio di ritorno" irto di pericoli, che costringe la protagonista a nascondere la propria identità e, contemporaneamente, si svolge l'elemento essenzialmente poetico del film: la costante registrazione delle sensazioni, delle voci del deserto e delle persone che incontra durante il viaggio. E' il dialogo immaginario e struggente con la sorella che si intreccia con le aberrazioni della miseria, della fame, delle mutilazioni rilevate durante il cammino a tenere alto il livello del film.
Le immagini mozzafiato del deserto, del cielo infinito che lo avvolge si alternano come episodi di vita, di prigionia fisica e spirituale in cui uomini e donne sono relegati dalla "tradizione".
Si va dal giovane allievo che non riesce a leggere in modo soddisfacente il Corano e viene cacciato dal Mullah suscitando la disperazione della madre già vedova, alla folle corsa dei mutilati verso le protesi paracadutate sul campo della Croce Rossa. La sensazione è che certi episodi volessero essere dipinti dal regista con ironia e sarcasmo ma non sempre l'operazione è riuscita; la sensazione più ricorrente è il disagio, la consapevolezza di assistere ad una farsa fin troppo realistica e soprattutto di essere beffati dal finale.
C'è curiosità verso questo film, lo dimostra la presenza di un pubblico nelle sale numeroso nonostante non si tratti di un film né leggero né divertente.
C'è desiderio di sapere, di calarsi in questa scomoda realtà non più così lontana ma che ormai noi occidentali avvertiamo sulla pelle e quello che risulta più evidente ai nostri occhi sempre più disincantati e che il rispetto per quanto di più sacro abbiamo, la vita, sia spesso per quelle popolazioni un valore calpestato, sop rattutto per i bambini costretti a crescere troppo in fretta. Vivere diventa, quindi, solo sopravvivere e tutto ciò nell'indifferenza altrui e dello splendido deserto afghano…

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