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Quando la cultura la si vuol fare veramente. La rivista “Lucciola”.
di Camilla Biagini
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Per noi oggi è semplice fare cultura perché abbiamo tutti gli strumenti necessari per la circolazione delle informazioni. Certo non è facile arrivare al cuore delle persone. Non è facile farsi ascoltare perché purtroppo la mediocrità è ancora troppo diffusa. Tuttavia non possiamo negare che internet sia uno strumento magico e di un’utilità sorprendente per far circolare la cultura. Siamo e dobbiamo sentirici fortunati per questo. E tuttavia dovremmo guardare agli esempi del passato, a coloro che hanno fatto cultura senza l’ausilio di questi strumenti, a coloro che hanno dovuto sudare veramente per far circolare un articolo, un racconto, una poesia, una recensione. Quello è un sudore che non dobbiamo dimenticare. È un sudore da cui dobbiamo prendere esempio. Agli inizi del Novecento e precisamente nel 1908 nasceva una rivista femminile chiamata “Lucciola”. Questa rivista italiana nasceva sulla scia di altre riviste simili come “Mouche volante” in Francia, ”Firefly” in Inghilterra, “Parva favilla” in Germania. Riviste tutte al femminile, ma la nostra “Lucciola” aveva qualcosa di molto diverso da queste sue riviste sorelle. La Lucciola era una rivista manoscritta. Ne esisteva una sola copia che partiva dalla casa della direttrice per poi arrivare via via nelle case di tutte le redattrici, 24 redattrici sparse in tutta Italia. Così si creava e così circolava. Ogni redattrice poteva tenerla solo 48 ore, pena una multa. Poi dove spedirla alla redattrice successiva. Ad ogni tappa la rivista si arricchiva di racconti, diari, poesie, articoli di politica e letteratura, ma non solo perché le ultime pagine della rivista racchiudevano discussioni e commenti (i forum di adesso per intendersi) tramutandosi così in rivista letteraria a tutti gli effetti. Poi tornava al punto di partenza nella casa della direttrice dove tutti i fogli erano rilegati a mano con tanto di copertina intarsiata a mano. La “Lucciola” è uscita regolarmente (tranne alcuni momenti di stallo durante la guerra) per ben 18 anni, fino al 1926. La rivista è giunta fino a noi grazie ai figli dell’ultima direttrice, Gina Frigerio di Milano, che hanno tempestivamente consegnato alla Società Letteraria di Verona gli esemplari trovati in una cassa nella casa della madre. Atto, questo, per cui dobbiamo ringraziarli perché quegli esemplari rischiavano di essere danneggiati al solo toccarli. È un’esperienza unica nel suo genere quella di queste lucciole che vedevano i loro pensieri in movimento ed in relazione e che vedevano intrecciarsi le loro vite personali attraverso questo continuo circolare. Un’esperienza unica. Un’esperieza difficile da immaginare per noi, un’esperienza da cui però dovremmo cercare di imparare. Perché quando la cultura è una necessità, quando si fa cultura non per soldi ma per la cultura stessa, quando c’è davvero la voglia di diffondere le idee non esiste niente a questo mondo che possa fermarne la circolazione.
A cura di Camilla Biagini
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