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I mille volti di Dracula
di Marco R. Capelli
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I mille volti di Dracula

Ora, pensate a Sherlock Holmes. Quelli della mia generazione, con ogni probabilità, si saranno immaginati - rigorosamente in bianco e nero - il profilo affilato di Basil Rathbone, lettori più giovani (ci sono lettori giovani?), forse, preferiranno Benedict Cumberbatch. E’ logico, del resto. Letteratura e cinema sono indissolubilmente legati da oltre un secolo. I vividi ritratti tridimensionali del grande e piccolo schermo hanno cancellato dalla memoria le incisioni dei volumi ottocenteschi, consegnando all’oblio tanto quelle ingenue delle edizioni popolari quanto i capolavori di un Dorè; stessa fine hanno fatto le istrioniche, spesso geniali, interpretazioni teatrali che – pur costituendo il prototipo ed il modello del cinema a venire – restavano limitate alla fruizione di pochi, fortunati, spettatori. Oggi, quasi tutta la nostra immaginazione è cinematografica e omogeneamente condivisa come mai prima nella storia dell’umanità. 

Per quanto riguarda Dracula, forse l’unico altro personaggio della letteratura anglosassone che possa competere in popolarità e longevità con il detective di Baker Street, le cose non sono molto differenti. Ed altrettanto sorprendenti. 

Molti sanno che la mantellina inverness ed il caratteristico cappello deerstalker di Sherlock Holmes non sono mai menzionati nei libri di Conan Doyle (apparvero per la prima volta nelle illustrazioni de Il mistero di Boscombe Valley e di Silver Blaze, disegnate da Sidney Paget (1860/1908) per la rivista The Strand Magazine. Mentre la pipa calabash fu aggiunta, in seguito, da William Gillette), ma forse non tutti sono consapevoli del fatto che lo stesso vale per la caratteristica cappa del conte Dracula che, assieme alla pettinatura all’indietro ed al vestito rigorosamente nero, si devono all’iconica interpretazione - prima teatrale e poi cinematografica - di Bela Lugosi (1931). Il Dracula di Murnau, di appena dieci anni prima, al confronto, non è che un demone sanguinario, a metà tra uno spettro ed un cadavere vivente. 

Ma quanti diversi Dracula ci sono, quindi?

Le apparizioni, le interpretazioni, i remake, le citazioni - dal musical alla parodia, dai film di animazione a quelli erotici, dalla fantascienza al fumetto, fino agli incontri più o meno plausibili con il mostro di Frankenstein (Dracula contro Frankenstein, 1972), Sherlock Holmes, fantasmi o lupi mannari - sono praticamente impossibili da catalogare ma, anche potendo o volendo farlo, tale catalogazione richiederebbe quantomeno una corposa monografia. 

Tra gli attori che hanno ricoperto il ruolo, solo per nominare i più noti, possiamo menzionare: Christopher Lee, Bela Lugosi, Klaus Kinski, Gary Oldman, Leslie Nielsen, Nicholas Cage e persino Aldo Baglio

Secondo una stima, probabilmente per difetto, la lista delle pellicole contenenti riferimenti a Dracula superava, già nel 2004, i 650 titoli; includendo anche i riferimenti, per così dire, relativi a famigliari ed affini, come, per citarne alcuni: La figlia di Dracula (1936), Il figlio di Dracula (1943), Le spose di Dracula (1960), Mamma Dracula (1980) fino a Zoltan il cane di Dracula (1978)… Passando al piccolo schermo, si perde decisamente il conto. 

Noi, qui, proveremo a raccontare, molto modestamente, la vita di tre attori che hanno portato Dracula sul grande schermo in altrettanti fasi della storia del cinema: Max Schreck (Nosferatu, Murnau 1922) è il misterioso Dracula (senza esserlo) dell’epoca del muto, Bela Lugosi (Dracula, Tod Browning 1931) ne è il volto più classico ed iconico – fino al limite dell’autoparodia – mentre Christopher Lee (Dracula il vampiro, 1958) è il segaligno e sarcastico re dei vampiri degli anni ‘60, nonché attore simbolo della Hammer Films e di quell’era irripetibile di brividi britannici a budget ridotto. 

Di Max Schreck (Friedrich Gustav Max Schreck, Berlino 1879, Monaco 1936), non sappiamo moltissimo in realtà. Attore teatrale, non molto noto, deve la sua fama principalmente al regista Friedrich Wilhelm Murnau (1888-1931) che lo scelse come interprete per la parte del conte Orlok, il vampiro (o nosferatu) del film omonimo. 

Murnau fu tra i massimi esponenti dell´espressionismo tedesco degli anni venti. Purtroppo ben pochi dei suoi film sono stati conservati, ma le pellicole sopravvissute sono considerate dai critici come capolavori assoluti. Comunque sia, siamo nell’epoca pioneristica del muto,  Murnau ha da poco fondato la Prana-Film, una piccola casa di produzione, assieme all’amico occultista-artista Albin Grau. Il nome fa ovviamente riferimento al termine sanscitto prana - che signfica respiro, spirito, vita -e la società nasce con lo scopo esplicito di produrre film a tematica soprannaturale (anche se, alla fine Nosferatu fu l´unica produzione effettivamente realizzata). Grau vuole fare un film sui vampiri. Pare che avesse ereditato l’idea dai ricordi del padre al quale, durante la Prima Guerra Mondiale, un contadino serbo aveva raccontato – in modo particolarmente convincente - di esser figlio di un morto vivente! Anche lui, come Murnau, ha letto Dracula. Quella è la storia che vogliono raccontare. La sceneggiatura viene affidata a Henrik Galeen, uno specialista del romanticismo gotico che aveva già sceneggiato Der Golem, wie er in die Welt kam (Il Golem - Come venne al mondo, 1920).  L’idea del vampiro è così universale che Murnau e Grau non considerano (diamogli il beneficio del dubbio) necessario chiedere l’utilizzo dei diritti d’autore sul testo originale, ritenendo che sia sufficiente cambiare i nomi dei personaggi e l’ambientazione (spostata dalla Transilvania alla Germania). 

Così Dracula diventa il conte Orlok ed il vampiro prende il nome di nosferatu, deformazione del rumeno nosferat (non morto) e, forse, contrazione del greco nosophoros (portatore di pestilenze). Il giovane Thomas Hutter, anche lui agente immobiliare, sostituisce Jonathan Harker, Ellen Hutter è Mina

Ben poche sono le differenze con il romanzo di Stoker, in effetti. La principale è l’assenza di Van Helsing, l’altra riguarda il finale: Nosferatu viene ucciso dalla luce del sole, grazie al sacrificio di Helen che lo nutre, fino ad alba inoltrata, col suo proprio sangue. Pare che questa variante sia stata decisa da Murnau e non comparisse nella sceneggiatura di Galeen. 

Il film viene girato a Lubecca, in un magazzino di sale in disuso. Le scene ambientate in Transilvania, furono in realtà riprese in Slovacchia. Il Castello di Orava (Árva) diventa il maniero del Conte Orlok.

Nosferatu il vampiro (Nosferatu, eine Symphonie des Grauens) viene proiettato per la prima volta il 4 marzo 1922 a Berlino

Il film ha successo, molto, e la notizia arriva anche Inghilterra, dove la vedova di Stoker, Florence Balcombe, senza neppure averlo visto, decide di trascinare Murnau in tribunale. Vince la causa per plagio ed ottiene una ordinanza che prevede la distruzione di tutte le copie esistenti della pellicola (cosa, all’epoca, senza precedenti). Anche la casa cinematografica, la piccola Prana-Film G.m.b.H. viene travolta dal processo, costretta a dichiarare bancarotta in quanto obbligata a pagare sia i diritti d´autore che le spese legali. Fortunosamente (e rocambolescamente) una sola copia del film si salva, probabilmente nascosta dallo stesso Murnau e trasportata in Messico.

Ad essere sinceri, Orlok non assomiglia molto al Dracula di Stoker come ce lo immaginiamo oggi, è un essere dal fisico scheletrico e deforme, dal pallore cadaverico, calvo e con orecchie a punta che ricordano quelle di un pipistrello e con la lunghi incisivi aguzzi.  Dorme in bare riempite di terra contaminata dalla peste nera. Più un masticatore di sudari che un affascinante aristocratico. Più lamia che Marsden.  Cammina come se fluttuasse nell´aria ed è costantemente circondato da ombre oscure (celeberrima la scena finale, quando l´ombra dalle lunghe dita sale le scale fino alla camera di Ellen, estendendosi su tutto il muro). 

Il grandissimo impatto visivo della pellicola, la sua subitanea scomparsa dai teatri e l’alone esoterico che circondava la Prana-Film, fecero nascere, fin da subito, numerose leggende.

Molti sostennero che l’attore che interpreta Nosferau non esistesse, anche perché, curiosamente, Max Schreck, in tedesco significa (più o meno) massimo spavento (elemento, questo, già ampiamente sfruttato da Murnau a scopo pubblicitario). Si diceva che Orlok fosse interpretato dallo stesso Murnau travestito, alcuni arrivarono a suggerire che si trattasse di un vero vampiro, rintracciato dal regista nei Carpazi (!). 

Va detto che la tesi esoterica è alimentata dall’effettiva l´influenza dell´esoterismo sul film. In due brevi inquadrature in cui compare la lettera ricevuta da Hutter, ad esempio, è possibile scorgere un testo cifrato con simboli della Cabala. Oltre a caratteri come la croce maltese e la svastica, si riconoscono lettere dell´alfabeto ebraico e simboli astrologici.  Non è chiaro se si tratti di uno scherzo del regista o di un messaggio agli amici occultisti da parte di Albin Grau.

Tutte queste leggende, certamente, giocarono a favore della popolarità del film, assieme alla sua elusività ed all’epopea delle poche copie superstiti, instancabilmente perseguite dai legali della famiglia Stoker. Il film era ancora così noto negli anni ’30 che, a Vienna,   il 16 maggio 1930,   ne fu proiettata una versione fortemente rimaneggiata, assolutamente non autorizzata dal regista e sonorizzata (con un disco, ovviamente). I nomi dei personaggi erano stati completamente cambiati (il conte Orlok diventava il principe Wolkoff), erano state aggiunte scene girate da Murnau ma mai utilizzate nel montaggio definitivo e perfino il finale venne stravolto da un imprevisto lieto fine. 

Alla storia della lavorazione del film il regista E. Elias Merhige ha dedicato una pellicola dal titolo L´ombra del vampiro (uscita nel 2000), nella quale Murnau è interpretato da John Malkovich e Schreck da Willem Dafoe. Merhige sostiene (ovviamente) la tesi che Max Schreck fosse un vero vampiro e riesce a ricavarne un titolo godibile grazie anche (e soprattutto) alla bravura degli interpreti. 
Nonostante tutto, noi restiamo del parere che  Friedrich Gustav Max Schreck (foto a lato) sia effettivamente esistito, come provano numerosi cartelloni teatrali e le locandine di oltre cinquanta film girati tra il 1922 ed il 1935.

Werner Herzog ha, invece, realizzato un remake del film di Murnau (Nosferatu, il principe della notte, 1979), con Klaus Kinski nel ruolo del vampiro.

Più o meno mentre Murnau girava il suo Nosferatu, un giovane immigrato ungherese arrivava negli Stati Uniti. Il suo nome era Béla Ferenc Dezso Blaskó (Lugoj, 20 ottobre 1882 – Los Angeles, 16 agosto 1956), in arte Bela Lugosi (dal nome della città natale). Ultimo dei quattro figli di un banchiere, Lugosi studiò all´Accademia teatrale di Budapest, diventando presto famoso. Dopo aver partecipato alla prima guerra mondiale come tenente di fanteria, era stato tra i fondatori del sindacato degli attori ungheresi, nonché attivista di sinistra. Sposato nel 1917 e separato nel 1920, dopo la caduta del primo regime comunista in Ungheria (marzo-agosto 1919) fu costretto ad emigrare, prima in Germania e poi negli Stati Uniti. 

Qui riprese a lavorare come attore teatrale. Purtroppo, nonostante le indiscusse capacità recitative, non riuscì mai a liberarsi dell’accento ungherese, cosa che lo rendeva adatto soltanto a ruoli di caratterista finché… non si imbatté nel personaggio perfetto (per lui), il Conte  Dracula, che interpretò nei teatri di Broadway per molti anni. Quando, nel 1931, la casa produttrice Universal Pictures decise di portare nelle sale il personaggio di Stoker (questa volta, pagando i relativi diritti d’autore), la scelta di Lugosi fu quasi obbligata. 

Dracula (1931), diretto da Tod Browning (in realtà un adattamento dell´omonimo spettacolo teatrale di Hamilton Deane e John L. Balderston (1924), a sua volta derivato dal romanzo originale) fu un grande successo sia commerciale sia di critica, e non poco di quel successo fu dovuto all’interpretazione suggestiva ed elegante di Lugosi, al suo sguardo ipnotico ed al suo accento che rendevano in pieno il fascino aristocratico e macabro del conte Dracula. Una curiosità, il set di Dracula era usato di giorno per girare la versione in inglese, e di notte per quella in spagnolo, con un altro cast di attori. La pellicola in spagnolo, diretta da George Melford, destinata all’America Latina ed a lungo creduta perduta, fu ritrovata negli anni ’70. Avendo modo di sfruttare l’esperienza diurna, Melford potè sperimentare più liberamente con luci ed inquadrature trovando soluzioni, oggi, molto apprezzate dai critici e realizzando un film - almeno tecnicamente - superiore a quello di Browning. 

Per tutti gli anni ‘30, Lugosi fu sinonimo di film dell’orrore, anche se spesso accettò di lavorare in prodotti di bassa (o bassissima) qualità, passando con disinvoltura da scienziato sadico a medico folle, alla parodia di sé stesso. Inizialmente scritturato anche per la parte del mostro nel Frankenstein di James Whale (1931), Lugosi abbandonò il set prima dell´inizio delle riprese lasciando il posto a Boris Karloff. Solo nel 1939 tornerà a lavorare in un film della serie, interpretando il  ruolo di Ygor, progenie del mostro, in due pellicole: Il figlio di Frankenstein (1939) e nel successivo Il terrore di Frankenstein (1942). Specializzato in ruoli “horror”, raramente ebbe l’occasione di allontanarsi da genere. Si ricordano un piccolo ruolo nella commedia Ninotchka (1939), accanto a Greta Garbo ed alcune parodie come Frankenstein contro l´uomo lupo (1943) dove lavorò con Abbot e Costello. 

Famosa fu la sua rivalità artistica con Boris Karloff. Secondo alcuni Lugosi era infastidito dalla capacità commerciale di Karloff, che otteneva parti e compensi migliori, mentre altri riferiscono che tra i due vi fu sempre una buona amicizia; è certamente possibile che, almeno in parte, questa rivalità fosse una semplice trovata di marketing. Parliamo di Hollywood, dopotutto…

Curiosamente, Lugosi rimase sempre legato al ruolo del vampiro, pur avendolo interpretato in soli quattro film durante la sua carriera.
La trilogia originale della Universal, infatti, si compone di altri due titoli, oltre al citato Dracula, 1931:  La figlia di Dracula (1936) e Il figlio di Dracula (1943 con Lon Chaney Jr.), ma Lugosi non vi compare. 

Dopo la metà degli anni quaranta, per Lugosi, ormai dipendente da morfina e antidolorifici, iniziò un rapido declino. Nel 1948 impersonò Dracula per l’ultima volta nel film comico Il cervello di Frankenstein, ancora con Abbot e Costello. Seguirà il demenziale Bela Lugosi Meets a Brooklyn Gorilla (1952), in cui si esibisce in una sconcertante parodia di sé stesso. Negli anni cinquanta, in serie difficoltà finanziarie, Lugosi tornò sullo schermo, accettando di apparire in tre b-movies del famigerato regista Edward D. Wood Jr., tra le quali Glen or Glenda (1953) e Bride of the Monster (1955). L’ultima sua apparizione fu nel film Il sonno nero del dottor Satana (1956), in cui recitò con Lon Chaney Jr., John Carradine e Basil Rathbone.  Morì a Hollywood il 16 agosto 1956, per un attacco cardiaco, aveva settantatré anni. Fu sepolto con indosso il mantello di Dracula. Nel suo Bela Lugosi (Adelphi) Edgardo Franzosini racconta che Lugosi, nei suoi ultimi anni, si credeva realmente un vampiro e che morì pronunciando le parole: Io sono il conte Dracula. Io sono immortale!. Può essere, Hollywood e la morfina possono fare strani scherzi agli esseri umani. 

Gli ultimi anni di Lugosi e la sua collaborazione con il regista Ed Wood sono narrate (in maniera romanzata) nel film biografico di Tim Burton: Ed Wood (1994), in cui Lugosi è interpretato da Martin Landau (che, per questo ruolo, vinse l’Oscar al miglior attore non protagonista).

Mentre Lugosi si avviava lungo il viale del tramonto, tra morfina e b-movies, dall’altro lato dell’oceano, nel Regno Unito, William Hinds fondava la Hammer Films (1949). La Hammer ha prodotto anche thriller, commedie, film avventurosi e di fantascienza ma resta universalmente famosa per i film horror realizzati tra gli anni ‘50 e gli anni ‘70. Non esattamente b-movies, sicuramente non kolossal, i film della Hammer devono gran parte del loro fascino alle atmosfere “britanniche” e nebbiose ed al carisma dei protagonisti tra cui Christopher Lee e Peter Cushing (che lavorarono insieme in ben quindici pellicole!). 

La produzione si divideva in “serie” o filoni, di cui, i più famosi, furono quello di Frankenstein (dove Victor Von Frankenstein era quasi sempre interpretato da Peter Cushing), sette i titoli girati tra il 1957 ed il 1974; e quello incentrato sulla figura di Dracula, interpretato da Christopher Lee e quasi sempre contrapposto a Cushing-Van Helsing.  Si va da Dracula il vampiro, regia di Terence Fisher (1958)  a I satanici riti di Dracula (The Satanic Rites of Dracula), regia di Alan Gibson (1974), passando per titoli come: Le amanti di Dracula (Dracula Has Risen from the Grave), regia di Freddie Francis (1968) o 1972: Dracula colpisce ancora! (Dracula AD 1972), regia di Alan Gibson (1972), per un totale di ben otto pellicole.

Il Dracula della Hammer, Sir Christopher Frank Carandini Lee (di antiche origini italiane) nasce a Londra il 27 maggio 1922 (due mesi dopo la prima proiezione di Nosferatu…) e muore, sempre a Londra, il 7 giugno 2015 dopo essere stato, fino all’ultimo attore e cantante, interpretando, oltre a Dracula, infiniti ruoli tra cui quello di  Saruman il Bianco nella trilogia de Il Signore degli Anelli, quello del sith Conte Dooku (sic) nella trilogia prequel di Guerre Stellari e quello di Lord Summerisle in The Wicker Man (1973 diretto da Robin Hardy), per un totale di quasi 280 film girati nell’arco di quasi settant’anni di carriera. 

Christopher Lee, è noto, aveva un rapporto molto conflittuale con il personaggio che lo rese celebre. In una masterclass tenuta a Trieste nel 2009, ripercorrendo tutta la sua carriera, non ha mai nominato Dracula. Il giorno seguente pare si sia rifiutato di autografare un poster sul famoso vampiro per un fan.

Sulla sua attività alla Hammer, egli stesso ebbe occasione di dire: «Di solito, mi fanno sempre le stesse domande: se mi sento un signore della paura, se mi reputo il Dracula più bravo della storia del cinema, se mi sono mai risvegliato vampiro, eccetera eccetera... [...] L´ho già detto, Dracula è il passato. Ho interpretato decine di personaggi, ho ballato, cantato, ho recitato commedie divertenti, film in costume, sono stato nemico mortale di James Bond, Fu Manchu, conte di Rochefort nei Tre moschettieri di Richard Lester, Principe Filippo d´Inghilterra, fratello di Sherlock Holmes per Billy Wilder, nazista fanatico in 1941: Allarme a Hollywood di Spielberg, leader degli Hell´s Angels in una serie tv, omosessuale, poliziotto, mummia, mostro di Frankenstein, Mr. Hyde, Quasimodo... e invece mi chiedono tutti solo di Dracula il vampiro.»

È però vero che Lee, in totale, ha interpretato il personaggio del Conte Dracula in undici occasioni, rendendolo, se non il miglior Dracula, sicuramente il più noto. Come è vero che il suo Dracula il vampiro (1958), consacra definitivamente la figura del vampiro elegante e tenebroso introdotta da Lugosi, un vampiro in abito da sera, con mantello. Un vampiro certo affascinante nella sua apparente normalità (ed inquietante proprio per questo) ma, se vogliamo essere prosaici, anche “facile”, dal punto di vista scenico e costumistico. Che non richiede particolari trucchi, che si adatta facilmente anche al teatro o a produzioni economiche. 

Con gli anni, però, il personaggio di Lee sembra avvicinarsi al Nosferatu di Murnau e ne Il conte Dracula (1970), diretto da Jesús Franco, lo ritroviamo a Budapest (anziché a Londra) cupo e visibilmente invecchiato. Il circolo si chiude, e così la nostra storia.

Aggiungiamo solo che, contrariamente a quanto si dice, l’attore non possedeva una biblioteca dell´occulto. Però parlava inglese, francese, italiano, spagnolo e tedesco, e si arrangiava con svedese, russo e greco. Il 15 marzo 2010, all’età di ottantotto anni, pubblicò un concept album symphonic metal dal titolo Charlemagne: By the Sword and the Cross. Nello stesso anno partecipò alla registrazione dell´album Battle Hymns del gruppo epic metal Manowar, interpretando la voce narrante che nel disco originale era quella di Orson Welles
E non mi pare comunque poco…

A cura di Marco R. Capelli



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