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Anno
2006-
Editore Ass. Culturale Il Foglio
Prezzo €
12-
150pp.
ISBN
2147483647
Una recensione
diSimonetta De Bartolo
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Torino austera, capitale d’Italia dal 1861 al 1865, orgogliosa della sua storia, del suo Palazzo reale, dell’imponente Mole antonelliana, della Basilica di Superga, con le tombe dei re di Sardegna, la Torino dei Murazzi, della Fiat di Agnelli, la Torino olimpionica, la Torino bianco-nera di Fabio Capello e, infine, la “Torinoir”, Giallo & Nero delle Edizioni Il Foglio. Un’antologia, con l’efficace prefazione di Dardano Sacchetti, di otto racconti di otto autori torinesi. La lettura offre tonalità, registri narrativi e tematiche di fondo vari e originali: da Fabio Beccacini, che insiste sul disagio esistenziale e si concede alcuni momenti di lirismo in “Chi siamo noi e dove andiamo noi”, ad Alberto Castellaro, che, in “L’iceberg”, con il suo stile cronachistico, lega giallo, noir e fatti storici. La Tela Nera dedica al noir, “e non solo”, la sezione “PulpWriters”, curata da Fabio Marangoni, che partecipa all’antologia con “L’annegata del Po”, racconto coinvolgente, che, insistendo sull’imprevedibile, stuzzica la curiosità del lettore. Colgono nel segno: Massimo Di Francesco, col suo stile lineare e semplice, ma ad effetto, in “Nessuno al mondo”, racconto realistico e insieme grottesco; Corrado Farina, attraverso l’umorismo con cui, in “Mezzasega”, affronta con originalità problematiche socio-politiche e culturali; così anche lo stile spiccatamente umoristico e realistico di Andrea Malabaila, con quel curioso finale a sorpresa in “Banana meccanica”, Luca Pizzolitto, che insiste ad oltranza sull’ironia della sorte come ingrediente fatalistico e tragicomico della realtà, in “Come rugiada (monologo a due voci)” e, per finire, Diego Serra, con il suo concitato stile discorsivo, le sue rappresentazioni realistiche e un finale surrealisticamente sdrammatizzante in “Come vanno le cose”. I racconti, impostati sul principio naturalistico di causa ed effetto, preceduti da piantine topografiche e illustrazioni, originali per strutture narrative, ci portano in giro per la città, facendoci conoscere quartieri, piazze, strade, monumenti, che sembrano partecipare alle vicende. La lettura è senz’altro piacevole: ”Oggi la gente vuole il sangue. E se la gente vuole il sangue, noi dobbiamo darle il sangue” (da Banana meccanica), e svela l’orgoglio degli scrittori di essere torinesi e il timore per la presenza di extracomunitari. I personaggi, ben curati nei tratti somatici e nell’aspetto psicologico, sono specchio di una società che ben conosciamo, tormentata da droga, prostituzione, traffico d’opere d’arte, delinquenza, sottile perbenismo di facciata, insofferenza per una vita “normale”, malessere e insoddisfazione dell’uomo, crisi esistenziale, “…chi siamo noi e dove andiamo noi. Ma questa dopotutto nessuno lo sa” (Fabio Beccacini).
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