Stefano è un uomo che non è mai cresciuto, quarant'anni, un matrimonio alle spalle, il sogno infranto di gestire un locale insieme a qualche amico.
Un lavoro precario, un'abitazione precaria, una moto nuova di zecca ed un cane.
Una madre infine. Una madre che conserva i suoi risparmi gelosamente, convinta in questo modo di proteggere suo figlio da un ulteriore sbaglio, una madre che aspetta solo l'occasione di vedere finalmente suo figlio uomo.
Marta è una donna delicata eppure burbera, salde convinzioni alle spalle, concreta e diffidente della vita. Un giorno un ictus la costringe a non essere più autosufficiente facendo sì che i paletti della propria esistenza e quella di suo figlio comincino ad essere scardinati.
La ricerca di un nuovo rapporto tra lei e suo figlio e quello tutto nuovo da costruire con la colf straniera si scontra con pregiudizi e solitudini reciproche.Conflitti generazionali, di idee, di pensieri di tratti, conflitti identitatari che si risolvono con lieve ed agre ironia.
Pessimista, sì lo si può definire tale solo se col pessimismo stesso riusciamo ad identificare l'intera vita.
Fino all'ultimo sembra che Stefano finalmente abbia compreso una qualche cosa, che sua madre abbia finalmente un moto umano. Eppure. Eppure chi conosce Recami sa che niente è come appare, soprattutto le persone. C'è sempre qualcosa che non osa tornare nei suoi crudi racconti di vita tanto pallidi e fiochi da sembrare illuminati da una tiepida familiare luce di casa.
Eppure l'uomo non è mai come appare e per questo è condannato ad espiare il peso della sua ipocrisia.
Recami ci porta a spasso per le strade buie luminose, strette e inaspettate della bella Toscana, nel camioncino di Stefano costretto a portare vino da un ristorante all'altro, racimolando senza tregua, da una parte all'altra con la fretta degli anni che passano, un barlume di dignità, quando riesce per sbaglio a scucirla ai suoi sogni.