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È uno di quei giorni in cui vorrei scomparire dalla faccia della terra, senza avvisare nessuno. Come in quella bella storia per bambini in cui il protagonista vorrebbe essere invisibile per non vedere nessuno e fare ciò che più gli piace e alla fine ci diventa veramente. Oggi è così, vorrei anch’io essere invisibile.
Non so spiegarmi per quale stranissimo motivo, forse il destino a volte fa degli scherzi imprevedibili, ma alle cinque di oggi pomeriggio ho ben dieci impegni, tutti alla stessa ora, né un minuto di più, né un minuto di meno.
Vi chiederete, e me lo chiedo anch’io, come sia possibile, come si fa ad avere dieci appuntamenti in una sola giornata e, per giunta, alla stessa ora. A prima vista, sembrerebbe semplice…non ho guardato che giorno fosse oggi! Man mano che prendevo impegni, mi dimenticavo gli altri già concordati, alternando mercoledì con 28 aprile. Da qui il caos.
Lo so, è da stupidi, uno prima o poi lo butta un occhio verso il foglio appeso alla parete, dicesi calendario, nel corso della giornata. Per mia sventura, ho il brutto vizio di non avere un calendario attaccato a una delle quattro mura di casa, un monolocale per essere precisi, e sono un tipo abbastanza disordinato.
Gioco a pallavolo, sono uno schiacciatore abbastanza bravo, l’anima della squadra. Di solito mi alleno il martedì e il venerdì, mentre il sabato è il giorno dedicato alla partita di campionato. La scorsa settimana il mister, poco prima della chiusura dell’allenamento del venerdì, ci ha detto che la Federazione aveva spostato la partita successiva al mercoledì, anticipandola rispetto alla normalità, a causa della concomitante festa del primo maggio che sarebbe caduta proprio di sabato. Si sarebbe giocato alle cinque. Sono stato convocato.
Mi mancano pochi esami per concludere felicemente la mia esperienza universitaria; sono già in ansia per la tesi che dovrò preparare, anche se non so ancora con chi e su quale argomento. L’esame di diritto del Lavoro è previsto per metà maggio. Prima però c’è una specie di pre-appello, che diventa obbligatorio per chi farà l’esame a maggio, io sono fra quelli. Tale prova è oggi alle cinque, orario strano per essere un appello universitario, ma è già accaduto di dover sostenere un esame alle otto di sera. Per noi studenti è il terrore, per i professori un impegno inutile, per la società una presa in giro, per i miei amici un caloroso “cazzi tuoi” che non mi tranquillizza affatto.
Serena è una ragazza molto bella. Stiamo insieme da due anni e molti miei amici ancora non se lo spiegano. Lei è alta, formosa, mora, con degli occhi color azzurro acqua, le labbra carnose e un sedere che, solo a guardarlo, toglie il fiato. Non mi reputo certo all’altezza di Marlon Brando, ma credo di essere carino almeno un po’ per essere piaciuto ad una bellezza come Serena. La sua conquista è per me motivo di orgoglio e Colombo, in confronto a me, ha scoperto l’acqua calda. Oggi alle cinque, Serena recita nel teatro più bello della città, davanti a più di mille persone. Ho il posto in prima fila e, per lei, sarebbe un’immensa gioia vedermi seduto lì, che la contemplo affascinato mentre interpreta una sensuale Giulietta. Mi seduce ogni volta, come posso dirle di no?
Mi reputo un buon cristiano; vado a messa la domenica, faccio opere di bene, non ammazzo nessuno e conto fino a tre prima di riprendere qualcuno. Frequento una parrocchia vicino casa e do anche una mano al parroco con i ragazzini del catechismo. L’incontro è ogni mercoledì alle quattro, ma oggi quasi tutti a quell’ora hanno il saggio di ginnastica a scuola; così l’ultima volta avevamo deciso che il mercoledì dopo avremmo posticipato di un’ora. Oggi è quel mercoledì.
Hanno da poco pubblicato una mia raccolta di racconti. Nel tempo libero scrivo storie fantastiche, storie che vorrei vivere, allontanandomi dalla monotonia della mia esistenza piatta. Hemingway per me è un maestro, di vita e di letteratura; se leggesse ciò che scrivo, vomiterebbe per due giorni, per cui ringrazio il cielo che se ne sia andato qualche anno fa. Ho fatto leggere questi racconti ad un’agenzia letteraria e questa ha lodato il mio talento, dandomi una mano per arrivare alla pubblicazione. Oggi, alle cinque, devo presentare la mia raccolta al pubblico, nella libreria sotto casa, piena di volumi, che saccheggio ogni volta che ne ho opportunità di tempo e di denaro. È la buona occasione di mettere in mostra questa mia faccia da schiaffi, l’occasione che uno aspetta da una vita: essere finalmente famoso.
È arrivata una raccomandata, devo ritirare urgentemente un pacco per mia madre. All’interno dovrebbero esserci le medicine per il nonno, che un mese fa, per le vacanze di Pasqua, abbiamo lasciato nella nostra casa a Trento; sono una decina di medicine che costano l’occhio della testa e di cui il nonno non può fare senza. Deve averle spedite la Gina, nostra vicina di casa e mia madrina di battesimo. Posso andarci solo oggi pomeriggio, la posta rimane aperta fino alle sei. Considerando che finisco di mangiare sempre verso le tre (arrivo sempre tardi a casa e sono una frana in cucina), tra le tre e le sei devo andare a prendere questo benedetto pacco. Tra le tre e le sei ci sono le cinque e l’impiegato non aspetta soltanto me.
Ieri mi ha telefonato Giorgio, un mio amico che vive ad Ancona e che vedo qui a Milano una volta ogni quattro mesi. Non mi avverte mai in tempo del suo arrivo, ogni volta ci vediamo il giorno dopo la sua telefonata. A me fa piacere stare con lui, è sempre stato il mio confidente e so che se saltassi una sola sua visita in città, ci rimarrebbe talmente male da togliermi il saluto.
- Ehi, Giorgio, carissimo. Finalmente sei tornato, non aspettavo altro – dissi al telefono con voce allegra.
- Eccomi di nuovo da te, vecchio marpione. Ho voglia di sentire come va la tua mediocre vita. Rimango fino a domani sera. Ci vediamo domani alle cinque, solito posto? Prima ho da fare altri giri con mamma e papà.
- Certo!
Per “domani” si intende mercoledì. Ovviamente, è oggi.
Ho programmato da due settimane una visita oculistica. Non ci vedo granchè bene dall’occhio destro, credo che con il continuo studiare la miopia sia diventata quasi cecità. L’appuntamento è stato fissato per mercoledì 28 aprile, alle cinque. Oggi.
Ah, le signore che lavorano alla Caritas parrocchiale! Erano contente del fatto che le avrei aiutate, o meglio, sostituite. Non deve essere facile, e neppure tanto allegro, essere da sole in una stanzetta di cinque metri per tre e attendere qualche povero straniero, zingari e mulatti senza cibo né vestiti, che chiedono qualcosa da mangiare per loro e per i loro figli. Ti si spezza il cuore, solo a vederli. Ci sono tipi tranquilli ed altri più agitati e violenti ed è già successo un paio di volte che una signora sia stata maltrattata da qualche poveraccio sbronzo cronico. Avevo deciso di andarci, di lasciare un giorno di riposo per queste volontarie stagionate, nessuno me lo avrebbe impedito. O forse sì. La stanza della Caritas apre al pubblico il mercoledì, dalle cinque alle sei. Ripeto, oggi è mercoledì. Quel mercoledì.
Per finire, oggi mio padre compie gli anni. Sarebbe gradita la mia presenza a casa, possibilmente da metà pomeriggio, come piace alla mamma. C’è da apparecchiare la tavola, incartare il regalo, spazzare il pavimento e i mobili, tirare a lucido la camera da pranzo, preparare qualche gradita sorpresa…e mia madre da sola non può di sicuro fare tutto. Mio fratello è in Germania per lavoro, se la caverà con una semplice telefonata; i miei parenti non sono invitati, perché si festeggia “solo tra noi”, ama ripetere la mamma.
Ci sono giorni in cui vorresti scomparire dalla terra. Oggi vorrei tanto saper fare una moltiplicazione per dieci: decuplicare il mio corpo e inviare i miei cloni nei vari appuntamenti. Una decuplicazione, ecco quel che ci vorrebbe. La scienza ha scoperto la clonazione su una pecora, a volte penso che se si riuscisse ad operarla sugli uomini… No, penso che sarebbe peggio, un gran casino, un po’ come le storie di Asimov. La realtà è un’altra cosa.
So già cosa farò. Mi metterò a letto e simulerò una febbre. Da domani si ripartirà come se nulla fosse successo. Magari mi comprerò un calendario e un’agenda. Non si sa mai.
©
Danilo Gentilozzi
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