Stimo vivendo un’epoca terribile dove la ragione è minacciata dalla follia, forza irrazionale che scatena contro l’umanità l’odio religioso, razziale e sociale. Stiamo vivendo una fase di passaggio da un’era, quella dell’Illuminismo, ad una nuova epoca che ancora non conosciamo e non sappiamo bene quali novità porterà con sé. Insomma ci troviamo a metà del guado e viviamo in un periodo di trapasso, ricco di scossoni ed incertezze.
La follia dell’epoca attuale è stata, quindi, il motore che mi ha spinto a comprare questo libro, del quale da studente universitario avevo letto alcuni passaggi, trovandoli molto interessanti. Ebbene, a distanza di venti anni, leggendo l’intera opera, ho trovato degli insegnamenti molto attuali, una lezione morale, che varrebbe la pena di tener ben presente per capire il mondo attuale e quello futuro.
Erasmo da Rotterdam (1466-1536) è vissuto in un periodo storico unico quanto delicato, il passaggio dal medioevo all’età moderna e ha assistito alle prime fasi della riforma protestante, con problematiche ed aspirazioni molto simili alle attuali. Quando Erasmo scriveva quest’opera, considerata a lungo dai critici come un gioco letterario, Martin Lutero non aveva ancora iniziato la riforma, ma già erano nell’aria i primi segni di quella grande protesta che avrebbe spezzato l’unità culturale e religiosa dell’Europa occidentale e centrale.
L’ispirazione per un simile volume gli viene durante un viaggio a cavallo, nel 1508, mentre lascia l’Italia, disgustato dalla corruzione della corte pontificia, diretto in Inghilterra dal suo amico Tommaso Moro. Arrivato a Londra scrive il libro, che verrà pubblicato a Parigi nel 1511, e lo dedica all’amico “elogio di Moro e della Follia”. Paradossalmente, della vastissima produzione letteraria di Erasmo da Rotterdam, sarà proprio questo libricino a sopravvivergli, a restare l’opera più celebrata, alla quale verrà abbinato il suo nome e vale la pena di spiegare le ragioni un successo che dura nel tempo.
L’elogio è un libro scritto in prima persona: è la Follia, una dea, a presentarsi ad un gruppo di persone, con l’obiettivo di spiegare quali e quanti benefici lei è in grado di dispensare e, soprattutto, come nulla, senza il suo intervento, sia piacevole, conveniente o sopportabile.
Lei, figlia di Plutone e Neotete, è la divinità suprema, che domina persino gli altri dei, in grado di dare valore alla vita, di portare gli esseri umani ad accettare se stessi ed il prossimo, di spingerli a contrarre matrimoni e stringere amicizie. Insomma, grazie ai suoi buoni uffici, riesce ad armonizzare la società degli uomini, ricca di contraddizioni ed ingiustizie.
La dea passa in rassegna l’intera umanità, evidenziandone i vizi presentati nelle varie categorie socio economiche dell’epoca, potenti e comuni mortali, laici e religiosi, senza risparmiare nessuno. Lo stile è ovviamente quello retorico, ci troviamo di fronte ad un’apologia, ma al tempo stesso vivace ed ironico così che è facile per lei raggiungere il bersaglio: convincere l’ideale platea (in realtà il lettore) della bontà ed utilità del suo operato.
LXIV…Di recente partecipai io stessa ad una discussione teologica; lo faccio spesso. Poiché uno dei presenti chiedeva in che conto si doveva tenere il precetto delle Sacre Scritture secondo cui gli eretici vanno arsi sul fuoco piuttosto che non persuasi attraverso la discussione, un vecchio dall’aspetto severo, teologo anche piglio, rispose molto indignato che la legge risaliva all’apostolo Paolo (a Tito, 3,10): “Dopo aver tentato ripetutamente di mettere l’eretico sulla buona strada, evitalo”. E più volte tornava a dire quelle parole, mentre erano in parecchi a chiedersi che cosa mai gli succedeva. Finì con lo spiegare che bisognava togliere dalla vita (e vita)l’eretico. Ci fu chi rise, ma ci fu anche chi ritenne l’interpretazione ineccepibile dal punto di vista teologico…
Nulla sfugge alla Follia che, di esempio in esempio, arriva all’improvviso alla fine dell’opera, senza che apparentemente ci sia alcun bilancio da tirare.
LXVIII - Vedo che aspettate una conclusione: ma siete proprio scemi, se credete che dopo essermi abbandonata a un simile proluvio di chiacchiere, io mi ricordi ancora di ciò che ho detto. C’è un vecchio proverbio che dice: “Odio il convitato che ha buona memoria”. Oggi ce n’è un altro: “Odio l’ascoltatore che ricorda”. Perciò addio! Applaudite, vivete, bevete, famosissimi iniziati alla Follia.
A prima vista il libro potrebbe sembrare un’ironica denuncia del malcostume universitario ed ecclesiastico dell’epoca, la causa principale dello scisma iniziato da Martin Lutero, ma non bisogna fermarsi alle apparenze. Erasmo da Rotterdam ha compiuto una grande “scoperta”: ha scoperto l’importanza della Follia.
E’ questo, infatti, il grande punto di forza del libro: la presa di coscienza della follia come elemento essenziale, irrazionale, dell’uomo, imprescindibile dalla componente razionale celebrata dal Rinascimento. La riscoperta della centralità dell’uomo è un grande merito dell’Umanesimo e del Rinascimento, ma è solo con la “scoperta” del lato oscuro dell’uomo, ad opera di Erasmo, che si completa una simile rivalutazione. L’uomo è fatto di ragione e follia, di sapienza ed insipienza, l’una strettamente legata all’altra.
Ma Erasmo non si ferma alla follia e va oltre, prendendo di mira l’operato degli uomini del suo tempo. Attraverso la bocca della dea, critica senza alcuna pietà le astrazioni dei teologi, la decadente metafisica scolastica ed il mero esercizio del potere ecclesiastico, per inseguire il vero messaggio cristiano, in nome di un superiore impegno morale e religioso. Insomma utilizza uno strumento, che gli garantisce l’immunità (i pazzi non si possono toccare, anche se dicono cose spiacevoli) per denunciare i falsi valori dell’epoca.
Quello che emerge dalle pagine del libro è un uomo rinascimentale lontano da ogni estremismo (si rifiuterà di aderire alla riforma, ma anche di militare tra le file degli anti luterani), aperto e tollerante, animato da slanci di entusiastica e positiva generosità, in nome di quella superiore “follia” evangelica (tutto ciò non ricorda San Francesco?), che si contrappone all'avidità di potere e di sapere degli apparentemente normali, i poveri di spirito, che sono in realtà i veri pazzi perché vanno dietro a cose inutili e meschine.
In conclusione l’Elogio della Follia non v’insegnerà nuovi percorsi di salvezza o non vi farà vincere al superenalotto, ma vi farà sorridere, aprendovi da una parte una finestra su un mondo scomparso, quello del Rinascimento, e dall’altra vi aiuterà a capire perché l’uomo non può fare a meno di comportarsi in modo irrazionale. Perché, qualora dovesse accadere il contrario, solo allora ci dovremmo preoccupare: o è una macchina o è un pazzo.
“Perciò addio! Applaudite, vivete, bevete, famosissimi iniziati alla Follia.”