Dalla vita idilliaca e monastica del Collegio di Scaisbrooke Hall a New York a quella turbinosa e peccaminosa di Hollywood, “Cioccolata a colazione” è la descrizione tragica e realistica della “gioventù dorata” statunitense narrata attraverso gli occhi di Courtney e della sua amica Janet.
La primavera, a Scaisbrooke Hall, era senza dubbio il periodo più bello dell'anno. Lo dicevano tutte le ex allieve, ricordando i meli in fiore nel cortile quadrato e l'erba che cresceva alta e fresca accanto al ruscello, dove le ragazze nascondevano le bottiglie di bibite per mantenerle ghiacciate fino a sera, quando correvano a ritirarle e le bevevano di nascosto prima di rientrare nella sala dedicata allo studio.
Courtney, terminato l’anno scolastico, abbandona l’esclusivo college, un ambiente molto rigido che con le sue regole non è in grado di fornire una riposta adeguata alle inquietudini della ragazza, per andare a vivere ad Hollywood a casa della madre, un’attrice sul viale del tramonto, che passa le sue giornate nell’attesa di un contratto con il quale risollevare le sue disastrate finanze.
Le pillole ricostituenti non furono di molto aiuto, per Courtney, il cui stato di sonnolenza aumentò con il passare delle settimane, a mano a mano che si avvicinavano le vacanze estive. Il dottor Reismann lo sapeva. Quella sera aveva detto alla moglie: “perché non dovrebbe dormire una ragazza, se non ha nulla nella vita che la tenga sveglia?”
Courtney viene risucchiata nel vuoto ambiente cinematografico e passa le sue giornate tra ristoranti, bar e feste, bevendo cocktail e frequentando gli amici della madre, in particolare Al Leone, un impresario che cercherà di farle da padre, non riuscendo tuttavia nella sua missione, e Barry Cabot, un attore di talento con il quale sceglierà di perdere la verginità. Barry, tuttavia, è omosessuale e Courtney non riuscirà a stabilire con lui un rapporto duraturo, anzi lei rappresenterà per lui l’unica donna con la quale avrà un rapporto eterosessuale completo.
Ritornata a New York, Courtney torna a frequentare Janet, che nel frattempo è stata cacciata dal collegio, e assieme trascorrono la loro esistenza tra feste e sbornie, frequentando amicizie e ragazzi inconsistenti, assolutamente incapaci di esprimere un qualsiasi valore etico, laico o religioso che sia.
“Dapho – urlò Janet, correndo incontro a una ragazza dall’abito nero – Che gioia rivederti! Come faceste, poi, tu ed Al, a tornare da Long Island, la settimana scorsa? Mi hanno detto che Al fu visto camminare di notte lungo la Baia delle Ostriche...”.
“Si – stava dicendo qualcuno alle spalle di Courtney – il conte ha perso l’impiego a Wall Street. Erano stanchi di vederlo sempre sbronzo o ubriaco”.
“E’ stato riformato per via della cirrosi epatica – diceva un altro - Il medico era meravigliato: all’età di vent’anni!”
Le due ragazze, dopo tanti bagordi, prenderanno alla fine due strade diverse: Courtney sceglierà di crescere, di uscire al mondo dei sogni, mentre Janet volerà nell’isola che non c’è.
Il romanzo, seppure ambientato nei primi anni Cinquanta, ai tempi della guerra di Corea, in un tempo oramai molto lontano dal nostro, rimane sempre attuale. Pamela Moore riesce, infatti, a dare voce alle inquietudini adolescenziali dei suoi coetanei dell’epoca, inquietudini che non sono poi troppo diverse da quelle dei ragazzi d’oggi.
Quando il libro uscì in America - era il 1956 - provocò un grande clamore, poiché descriveva con molta efficacia e a distanza ravvicinata la gioventù dorata nordamericana, una gioventù inquieta che, dietro la maschera di un’esasperata spregiudicatezza, nascondeva l’insicurezza di un’adolescenza vissuta senza affetto e senza guida.
Courney e Janet rappresentano le due facce della personalità di Pamela Moore, una personalità tormentata nella quale, purtroppo, alla fine prevarrà il carattere autodistruttivo di Janet, tanto che il suicidio della ragazza è considerato un praesagium mortis della scrittrice, morta suicida poco meno che trentenne.
Scritto in modo lineare e gradevole, non ci sono flash back o colpi di scena, e con uno stile semplice, il libro si contraddistingue per l’assenza di termini volgari e persino le situazioni più drammatiche, come la perdita della verginità di Courtney o il suicidio di Janet, vengono trattate con un lirismo oggi insolito. Rispetto ad opere più recenti, infatti, che si caratterizzano per l’uso del turpiloquio ed uno sfoggio del tutto gratuito di particolari anatomico-sessuali, Cioccolata a colazione riesce ad analizzare in modo pulito e a fondo l’animo e i pensieri di due ragazze che diventano donne.
Pamela Moore, nata a New York nel 1937, compì i primi studi a Hollywood, poi, all’età di sedici anni, entrò al Bernard College. Recitò in piccole compagnie teatrali e, nel 1955, venne in Europa per tre mesi a raccogliervi materiale di studio. L’8 giugno 1964 si suicidava a New York, con un colpo di carabina.