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Anno
2003-
Feltrinelli
Prezzo €
7-
200pp.
ISBN
9788807810770
Una recensione di
Andrea Coco
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Votanti:
11737
Media
79.29%
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La trama è banale, tutto il resto no! Il libro è il magistrale prodotto di un geniale scrittore, Stefano Benni, maestro della letteratura dell’assurdo o demenziale che dir si voglia, genere che nei paesi anglosassoni gode di grande fortuna e popolarità.
L’inizio, come dicevo, è privo d’originalità: il personaggio principale dell’opera, l’io narrante, segue un uomo che sembra intenzionato ad affogare nell’acqua ed è invece diretto ad un bar che si trova sul fondo del mare.
Entrato nel locale si trova di fronte ad un’improbabile accozzaglia di individui (quelli rappresentati sulla copertina dell’opera) che si riuniscono periodicamente per raccontare ciascuno una storia
Insomma, una trama simile al Decamerone, che Stefano Benni utilizza per dare la stura ad una serie di racconti (in tutto 23 più uno), a dir poco esilaranti e scoppiettanti, in grado di far sorridere e ridere.
I clienti del bar a turno dissacrano i vari generi letterari, senza risparmiarne alcuno. Non si salva la letteratura d’avventura e neppure quella poliziesca, il fantastico come il fantascientifico; tutti crollano al suolo sotto le raffiche, simili a colpi di mitra, prodotte dalle battute dei personaggi e le situazioni narrative così paradossali, da lasciare di stucco il lettore, colpito dalla fantasia dimostrata dallo scrittore nell’inventarsi tanti e tali colpi di scena.
Ma nel libro non mancano i momenti di suspance: il racconto horror, “Oleron”, potrebbe benissimo figurare nella raccolta “Le notti di Zio Tibia” per l’efficacia narrativa, mentre l’apoteosi dissacratoria viene raggiunta nel racconto “Il Pornosabato dello Splendor” dove viene massacrato senza alcuna pietà il mito del cinema come fenomeno di aggregazione e al tempo stesso di perdizione nella vita della provincia italiana del secondo dopoguerra.
La provincia italiana fa da sfondo alle storie del libro; molte sono, infatti, ambientate in Emilia e la parlata stessa di alcuni personaggi ricorda il dialetto emiliano, ovviamente stravolta per esigenze narrative, ma comune riconoscibile da parte del lettore.
Il punto di forza di Stefano Benni è la sua capacità di saper rendere normale il surreale, catturando il lettore che lo segue di storia in storia, affascinato dal suo italiano ricco, dalle battute ad effetto, dai colpi di scena, dal ritmo narrativo incalzante e dallo stile mutevole, in grado di adattarsi al genere narrativo affrontato, qualunque esso sia, senza mai ripetere due volte le situazioni stilistiche e narrative.
Una recensione di Andrea Coco
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