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Phoenix Park e' un parco cittadino prestigioso. Di gusto vittoriano, e costruito secondo concezioni aristocratiche ottocentesche, conserva ancora inalterata quell'atmosfera che certo vide Oscar Wilde passeggiare per i suoi sentieri, James Joyce appoggiare lo sguardo sui suoi alberi, o Samuel Beckett riposarsi seduto su una delle innumerevoli panchine. Ancora oggi, l'illuminazione del parco e' affidata a eleganti lampioni a gas, ed il cielo, di celeste pallido decorato da nubi voluminose, si combina meravigliosamente con le cime frondose degli alberi, ricordando certe composizioni pittoriche del romanticismo anglosassone che fanno bella mostra di se' nei musei di Londra, Dublino, o Washington. Bisogna rifarsi ad un certo gusto, se non proprio stile pittorico, per poter ritrovare con tanta somiglianza vedute en plain air di paesaggi naturalistici tanto emozionanti. Ma difficilmente vi si potrà' scorgere, tra le rughe dell'anziano colore, quello in cui e', invece, comune imbattersi in una, seppur breve, camminata in Phoenix Park: un esercito di scoiattoli dalla coda a pennacchio fa incetta di provviste per ingannare i rigori dell'inverno; lepri selvatiche procedono a balzi, fermandosi di tanto in tanto ad arricciarsi il naso per farsi belli perché sanno di essere osservati; e cerbiatti, discendenti dai pronipoti di quelli che gli inglesi portaron qui per popolare il parco, in gran numero brucano l'erba al bordo dei campi di calcio, per poi arrestarsi, alzare il capo per un rumore o un odore portato dal vento, e allora scappare in gruppo, col fragore del branco, spostandosi lontano dal sospetto di un pericolo che spesso e' solo un corridore accaldato che insegue disperato il proprio respiro sempre qualche metro troppo avanti. La caviglia dolorante, gli occhi spersi, la mano sulla milza contratta. Ma , ecco, che nella luce vigorosa che ancora si spande nel principio delle sere fresche, tipiche nel mezzo giugno di queste regioni d'Europa, davanti agli occhi compare improvviso qualcosa che colpisce la sua attenzione. Due file di querce intrecciano i loro rami al di sopra del viale, creando un lungo corridoio dalla volta affrescata in una miriade di tonalità di verdi variopinti, immobili al mutismo del vento. Nella cornice cosi' ritagliata sui margini delle chiome delle querce centenarie, al centro del lungo filo diritto del viale che sbocca ai cancelli della città, una coppia di anziani procede caracollando aggrappandosi l'un l'altro sottobraccio. Per una legge universale che li ha tenuti aggrappati sino ad oggi, ad ogni passo si allontanano sbilanciati verso l'esterno, e il passo successivo li ricongiunge a reincontrarsi. Due strani pendoli che oscillano, distanziandosi senza mai abbandonarsi, avvicinandosi senza mai impedirsi. E vanno, proseguono, incerti e insieme. Nell'aria della sera di un venerdì di mezzo giugno, lungo Chesterfield road, al Phoenix Park di Dublino.
©
Scarrone Francesco
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