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RACCONTO SEGNALATO DALLA GIURIA NELLA II EDIZIONE DEL CONCORSO LETTERARIO UNIBOOK - PROGETTO BABELE
“Te l’ho già detto,” ripeté l’uomo, “te l’ho già spiegato.” Batteva la mano chiusa sul tavolo. Le nocche che battevano contro il legno dicevano: Basta basta basta. “No no no,” diceva la donna seduta di fronte a lui. Scuoteva la testa furiosa, come per liberarsi la faccia da un’invisibile ragnatela. Anche i suoi occhi spalancati dicevano: No no no. Io stavo seduta al bancone, bevevo una coca light. Pensai che ormai non aveva più senso bere solo coca light. Porsi il bicchiere già mezzo vuoto al barista. “Me l’allunghi per favore?” chiesi sforzandomi di ammiccare. La mia smorfia dovette terrorizzarlo: riempì il bicchiere di rum, fino all’orlo, senza un sorriso, senza una parola. “Hai capito?” diceva l’uomo. “No no no” ripeteva la donna, sempre scuotendo la testa. Immaginai il suo viso coperto da un brulicare di minuscoli ragni neri che le correvano sulle palpebre, sulla fronte, che s’inerpicavano sulla punta del naso, che le uscivano dalla bocca e le entravano nelle narici, che si calavano dal mento sul petto e sul piano del tavolo. “Sono stato chiaro?” diceva il marito, schiacciando i ragni con le nocche. Il dottore era stato chiaro, chiarissimo. Mi aveva spiegato tutto per filo e per segno, due volte. All’inizio aveva sorriso, un sorriso forzato, nervoso, poi si era fatto serio, professionale. Mi aveva mostrato i segni sulle lastre. Alla fine aveva sorriso di nuovo, sollevato. Mi aveva dato dei numeri di telefono, mi aveva detto che forse non era troppo tardi. L’uomo si alzò, uscì dal locale imprecando. La donna rimase al suo posto. La sua espressione non era cambiata di una virgola. Ancora faceva no no no, con la testa e con gli occhi. Presi il mio bicchiere e andai a sedermi di fronte a lei, al posto dell’uomo. “È finita,” le dissi. “No,” disse lei, senza guardarmi. “No no,” aggiunse. Versai metà del mio rum e coca nel suo bicchiere vuoto. Mezz’ora dopo le dissi che l’avrei accompagnata a casa. Per la prima volta la vidi annuire. Sorrise anche, ma per puro riflesso. Pensai che fosse bella, poi pensai di no, poi pensai che non importava. Pensai che non importava neanche a lei. Quando si alzò, immaginai i ragni caderle di dosso come tante foglie secche e accartocciate; li spazzai via dal tavolo con un colpo di mano. Mentre stavamo uscendo, il barista mi chiamò. Mi venne incontro tendendomi la busta di carta gialla con dentro le lastre. “Sta dimenticando questa,” mi disse. “Sì,” dissi io, senza far cenno di afferrarla, “sì, la sto dimenticando.”
©
Andrea Berardini
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