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Il castagneto magico
di Massimiliano Claps
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C’era una volta un vecchio bosco di castagni. Talmente vecchio che gli alberi scricchiolavano dalla stanchezza. Erano stanchi di starsene lì arrampicati ai pendii scoscesi della montagna. Stanchi di tutta la pioggia d’autunno che gli affogava le radici. Della neve gelida che gli informicoliva le punte dei rami d’inverno. Ma, nonostante gli scricchiolii e le rughe dell’età, producevano ancora dei marroni buonissimi. Talmente buoni, che alla sagra dei marroni accorrevano da tutto il mondo. Dalla Corsica, da Salerno, dal Portogallo, dalla Spagna, da Los Angeles, da New York, dall’Australia, da Londra, dalla Calabria…e chi più ne ha, più ne metta. 

Era inizio autunno. Si udivano i primi rintocchi sordi dei ricci di castagno che cadevano. E, rimbalzando sul letto di foglie, dischiudevano i golosi marroni. Nel vecchio bosco, vivevano cinque amici, Linda, Giorgia, Marta, Kevin e Kevin. Linda, Giorgia, Marta, Kevin e Kevin erano cinque simpaticissimi scoiattoli. Erano cinque amici inseparabili. Ma diversissimi uno dall’altro.

Linda aveva gli occhi blu come il cielo di luglio. Ma la sua stagione preferita era l’inverno. Le piaceva pattinare sul lago ghiacciato. Scivolare lungo i pendii innevati. E anche specchiarsi sul ghiaccio. Che era un po’ vanitosa. 

Giorgia aveva una morbida pelliccia color miele scuro. Adorava vagare per il bosco cantando e ballando. E chiacchierare con tutti i suoi amici animali. Il lupo. L’orso. La civetta. Il picchio. 

Marta aveva gli occhi verde smeraldo come le acque del torrente. La sua passione erano le nocciole. Da mangiare, ovviamente. Ma anche da usarne i gusci per costruire delle sculture a forma di cavalli, maiali, capre, cani e tartarughe.

Kevin era il più piccolino. Era nato a dicembre. Ma era anche il più birichino. Non ascoltava mai mamma e papà. Però era talmente gentile che gli perdonavano tutte le marachelle. Anche quando scappava fuori dal bosco a sgranocchiare le mele. Che erano il suo frutto preferito.

Kevin, l’altro, quello biondo con gli occhi azzurri, era un po’ pigro. La cosa che gli piaceva di più era spaparanzarsi sul prato a riposare. Ma, quando gli amici lo chiamavano per andare a giocare nel bosco, era sempre pronto a correre.

I cinque inseparabili scoiattoli scorrazzavano su e giù per il bosco. Sbucavano così, all’improvviso. Tutto ad un tratto. In mezzo al silenzio dei legni secolari. Si sentiva uno strepitio di foglie secche. E poi quelle vocine acute. Ogni volta, facevano sobbalzare i vecchi alberi intenti a schiacciare un pisolino.

“Ciao Kevin. Dov’è Kevin? Volevo andare con voi a fare le capriole sul muschio. È morbidissimo in questa stagione.”

“Ciao Giorgia. L’ho visto prima. Era con Linda e Marta a saltare sui sassi del torrente.”

“Ah, bene. Allora corri a chiamarli tutti, dai! Che andiamo assieme a fare le capriole.”

“Uhm, fate silenzio. Qui c’è qualcuno che cerca di riposare le vecchie rughe della corteccia.” Tuonò Rumiano. L’albero più anziano del bosco. 

“Bambini, fate piano. Rumiano ha ragione. Si può giocare anche senza fare tutta questa confusione.” Ribadì Monica. La volpe rossa del bosco. Monica non era una di quelle volpi infide. Di quelle che, quando meno te l’aspetti, ti rubano la merenda. No, lei era una volpe saggia. Insegnava tante cose ai cinque scoiattoli. Quando avevano qualche domanda sui frutti, sulle stagioni, sul perché le foglie d’autunno cadessero e diventassero di mille colori. Ecco che Monica era pronta a rispondere a tutte quelle domande. E sapeva tante cose anche di quegli animali strani che ogni tanto si aggiravano per il bosco. Quelli alti. Che indossavano pellicce strane colorate che gli coprivano anche piedi. Quelli che camminavano sempre su due zampe. I cinque amici sarebbero stati curiosi di conoscere qualcuno di quegli animali. Monica aveva detto ai cinque scoiattoli che quegli animali si chiamavano uomini. Ma li aveva anche avvertiti di stare attenti. Gli uomini lasciavano continuamente rifiuti nel bosco. Cose pericolose come lattine e bottiglie. Che potevano ferire qualche altro animale. O sacchetti di plastica. Di quelli tremendi, che se qualcuno li avesse mangiati sarebbe soffocato. Alcuni di quegli uomini addirittura andavano a caccia di animali. Per sparargli e mangiarli. Gli uomini credevano di essere tanto istruiti, solo perché erano andati in un posto chiamato scuola. Ma non erano per nulla educati. Nessuno gli aveva spiegato che, per vivere in armonia con gli altri animali e le piante, l’istruzione deve andare a braccetto con la voglia di aprire il proprio cuore. I cinque scoiattoli ascoltavano la volpe Monica attentamente, quando dava loro quei saggi consigli.

E la ascoltarono anche quella volta. Abbassarono le voci, per non disturbare Rumiano e i suoi amici alberi. E si diressero verso la radura a fare le capriole. A saltare. A ballare. A cantare. Perché sapevano che, in mezzo alla grande radura, non avrebbero disturbato nessun albero. Mentre facevano le capriole, Giorgia disse:

“Io vorrei vedere cosa c’è fuori da questo bosco. Vorrei viaggiare. Vorrei andare al mare.”

“Al mare? E che cos’è il mare.” Chiese Linda.

“Ma come non lo sai? Il mare è come un lago. Ma mooolto più grande. Ed è molto lontano da qui.” Si intromise Marta.

“E voi due, Marta e Giorgia, come fate a sapere cos’è il mare?” Chiesero in coro Kevin e Kevin.

“Ce l’ha raccontato la volpe Monica. C’eravamo solo noi due quel giorno. Perché voi stavate aiutando i vostri genitori a fare provviste di marroni per l’inverno.” Spiegò Giorgia.

“Uhm, un lago grande. Io non ci vedo nulla di speciale. Almeno ci sono le mele?” Chiese Kevin.

“Ma no. Che mele. Nel mare ci sono i pesci. Mooolti di più e molto più grandi delle trote che ci sono nel torrente.” Ribatté Marta.

“E poi ci sono le conchiglie. Tanta sabbia per scavare buche e costruire castelli. E splende sempre un sole caldissimo.” Rincarò la dose Giorgia.

“Ah, sembra un posto interessante questo mare.” Esclamò Linda.

“Già, ma come pensate di arrivarci al mare, se è lontano? Io non ho mica voglia di fare fatica.” Disse Kevin, quello biondo.

“Ho un’idea” Esclamò Marta, che ne pensava una e ne faceva cento. “Ho fatto amicizia con una cavalla. Si chiama Maia. Potremmo chiedere a lei se ci porta al mare.”

“Bello, un giro a cavallo. Sì, sì, dai andiamo.” Rispose entusiasta Giorgia.

“Mah e i nostri genitori? Si preoccuperanno.” Si inquietò Linda.

“Mah, va! Saremo di ritorno prima che se ne accorgano.” La rassicurò Marta.

Era deciso. Sarebbero andati assieme al mare. Il mattino seguente, uno si procurò un sacchetto per portare la merenda. Un’altra raccolse le nocciole con cui riempirlo. Una prese un piccolo otre per l’acqua. E gli ultimi due andarono a riempirlo al torrente. Uscirono dalle loro tane quatti, quatti. Senza dire niente a nessuno. I vecchi castagni che li videro passare non dissero niente. Speravamo solo di liberarsi per un po’ del chiasso di quei cinque giocherelloni. Gli scoiattoli arrivarono al recinto dove pascolava Maia.

“Ciao Maia.” Salutò Marta.

“Ciao Marta. Come stai?” Rispose Maia.

“Tutto bene. Grazie. Questi sono i miei amici Kevin, Linda, Giorgia e Kevin.” Iniziò Marta.

“Molto piacere di conoscervi amici di Marta. Io sono Maia. Qual buon vento vi porta al mio recinto?”

“Beh, ecco, noi avremmo bisogno del tuo aiuto per esaudire un nostro desiderio.” Intervenne Giorgia.

“Al vostro servizio. Come posso aiutarvi.” Ribatté Maia.

“Ci piacerebbe andare al mare. Ma da soli non sappiamo come arrivarci. Potresti accompagnarci tu?” Continuò Giorgia. 

“Al mare? Ma è molto lontano.” Tentennò Maia.

“Ma noi abbiamo un sacco di provviste.” Rispose Kevin, mostrando orgoglioso il sacchetto pieno di nocciole.

“Bah, le nocciole andranno bene per voi. Ma alla mia biada non ci avete pensato?” Si lamentò Maia.

“Ma noi siamo piccoli e leggeri. Non ti servirà mangiare molto per portarci fino al mare. Basterà l’erbetta fresca e l’acqua dei torrenti che troveremo lungo il cammino. E poi io ho messo nel sacchetto anche un paio di mele. Potrei dividerle con te.” Rispose pronto Kevin.

“Caspiterina. Le mele. Quelle si che mi piacciono. D’accordo. Andiamo.” Si convinse Maia.

I cinque amici le saltarono in groppa. In effetti, erano leggeri come piume. Maia corse come il vento. Ma la strada era lunga. Ci vollero molte ore. Nessuno sapeva bene che direzione prendere. Decisero di seguire il corso del fiume. Tanto, si sa, prima o poi, tutti i fiumi sfociano nel mare. Man mano che si avvicinavano, il sole diventava più brillante. E caldo. Ad un certo punto, iniziarono a sentire un rombo. Come una cascata. Ma non continuo. Andava e veniva. Un rombo e uno sciacquo. Un altro rombo e un altro sciacquo. E nell’aria c’era un odore salmastro che pizzicava il naso. Proseguirono. Da una fitta pineta sbucarono su una spiaggia dorata e soffice. Un vero sollievo per gli zoccoli di maia, dopo tutto quel cavalcare. Davanti a loro si trovarono la distesa infinita del mare. E, un rombo e uno sciacquo dopo l’altro, il brontolio delle onde.

“Ohhhh, che grande. Non riesco neanche a vedere l’altra sponda. È davvero mooolto più grande di un lago.” Esclamò Linda.

“Sveglia Kevin.” Urlò Giorgia. “Hai dormito quasi tutto il viaggio. Siamo arrivati. Guarda che bello. Dai scendi anche tu sulla spiaggia. Lascia che Maia vada a farsi una passeggiata.”

Kevin, con gli occhi ancora a mezz’asta, saltò dalla groppa del cavallo sulla spiaggia. “Ahi, ma cos’è che mi ha pizzicato.” Si girò e vide uno strano animale. Aveva un corpo tozzo. Quasi piatto. Da quel corpo strano sbucavano due occhi tondi. Una lunga serie di zampe secche, secche. E due mani a pinza. Assomigliava ad un ragno cresciuto fuorimisura. I cinque amici fecero un salto all’indietro. E all’unisono gridarono: “Aiuto. E questo chi è?”

“Scusatemi. Non volevo spaventarvi. È che il vostro amico mi è saltato in testa. Mi sono spaventato e gli ho dato un pizzicotto per difendermi. Solo che le mie chele sono dure. E voi così morbidi. Ah, mi presento. Io sono Focchiardo. Sono un granchio.”

“Un gra… che?” Lo interrogò Giorgia.

“Un granchio. Ma non ditemi che non avete visto mai nessuno come me. Dove vivete?” Ribatté Focchiardo un po’ scocciato.

“Noi viviamo in un antico castagneto in montagna.” Rispose Marta.

“Un casta… che?” Li squadrò Focchiardo.

“Ecco vedi. Tu fai prima l’offeso. E invece non è che tu sia poi tutto ‘sto genio. Non sai neppure cosa siano le castagne. Sono dei frutti buonissimi.” Brontolò Kevin.

“Eh, già, quasi più buone delle mele.” Rincarò la dose l’altro Kevin.

“Va beh, comunque. Mi fa piacere conoscervi ragazzi. Perché non giochiamo un po’ sulla spiaggia? Posso insegnarvi a scavare delle buche bellissime per trovare l’acqua.” Li invitò Focchiardo.

“Si dai, scaviamo.” Rispose Linda.

E fu così, che i cinque amici erano diventati sei. Anche Focchiardo era ormai uno di loro. Scavarono molte buche. Costruirono castelli. Fecero il bagno. Che l’acqua del mare ad inizio autunno è bella tiepida. Non gelida come quella dei torrenti e dei laghi di montagna. Non si accorsero neppure che il sole iniziava a coricarsi sulla linea dell’orizzonte. Tornò Maia e li trovò ancora intenti a giocare.

“Su ragazzi. In groppa. Dobbiamo tornare a casa. Altrimenti faremo tardi. Fino a che ora vi hanno dato il permesso di stare in giro i vostri genitori?” Chiese Maia.

“Ehm, ecco, veramente non gliel’abbiamo detto che saremmo venuti al mare.” Rispose Giorgia.

“Non gliel’avete detto! Ma siete matti. Saranno preoccupatissimi. Tutti in groppa. Svelti. Bisogna tornare a casa subito.” Li sgridò Maia.

“Uffa, ma noi ci stavamo divertendo tanto.” Protestò Kevin. Il più piccolo, ma più testardo di tutti.

“Niente storie. È ora di andare. Salutate il vostro nuovo amico.” Lo sguardo torvo di Maia non lasciava spazio a dubbi. Bisognava ripartire.

“Ciao Focchiardo.” Disse Kevin.

“Ci siamo divertiti molto.” Sottolineò Linda.

“La prossima volta vienici a trovare tu in montagna.” Disse Giorgia.

“Ti faremo assaggiare le castagne più buone del mondo.” Lo stuzzicò Marta.

“Allora verrò sicuramente. Porterò anche la mia mamma e il mio papà. Neanche loro sono mai stati in montagna.” Rispose Focchiardo.

Le ultime parole di Focchiardo svanirono nel vento, mentre Maia prese a correre veloce verso casa. I cinque scoiattoli erano stanchissimi, dopo una giornata così piena di avventure. Si addormentarono lungo la via del ritorno. Quando arrivarono nel castagneto, Maia udì le voci delle mamme e papà scoiattolo che li cercavano. Li fece scendere dolcemente sul prato della radura. In quel mentre sbucò Monica.

“Mah, voi da dove arrivate?” Chiese Monica a Maia.

“Questi bambini volevano andare al mare. Allora li ho portati.” Rispose Maia.

“Scommetto che non ti avevano detto di non aver chiesto il permesso alle mamme e ai papà.” Ribatté Monica.

“Ehm, in effetti no. Ma io avrei dovuto chiederglielo. Sono stata un’ingenua.” Si rammaricò Maia.

“Non ti crucciare. Adesso li accompagno dai loro genitori. Ci penseranno loro a dargli una bella punizione.”

Il suono conosciuto della voce di Monica risvegliò Linda, Giorgia, Marta, Kevin e Kevin. Iniziarono subito a raccontarle della loro avventura. Del lungo viaggio. Del loro nuovo amico Focchiardo. Erano talmente entusiasti, che non riuscì a sgridarli per l’imprudenza di essere andati in giro senza avvertire i genitori. Con la loro gioia irrefrenabile mettevano allegria a tutto il bosco. Persino il vecchio Rumiano era contento di rivederli a casa.

© Massimiliano Claps





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