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LE INTERVISTE
DI ELISABETTA BILEI
Intervista
a: ALESSANDRA LIBUTTI
Chi
è...
Alessandra Libutti
Alessandra
Libutti (Roma 1967) è laureata
in Storia e Critica del Cinema. Nel 1992
si è trasferita a Londra. Ha collaborato
alle riviste Cinema DEssai,
Music & Arts e la webzine
Granbaol. Ha pubblicato il
libro: Wire: Exploded Views (Stampa Alternativa,
1994). Alcuni suoi racconti sono apparsi
sulle riviste Inchiostro e
Tam Tam, e nella raccolta
Trasparente (Edizioni Clandestine, 2001).
Thomas Jay, finalista al Premio Italo
Calvino (2002), è il suo primo
romanzo.
Vive e lavora ad Hertford in Gran Bretagna.
Alessandra Libutti, una penna di pathos
Senti lurgenza, il bisogno, limpellenza
di scrivere?
Dipende. Direi che vado a cicli. Ci sono state
fasi della mia vita in cui non ho scritto, né
sentito alcuna urgenza di farlo. Fasi durate
anche degli anni. Altre in cui scrivere invece
è stato un bisogno primario. Quando una
storia è matura e vuole essere scritta
s'impone e basta. Quando questo avviene frasi
o intere pagine mi si formano in testa e continuano
a ronzare finché non le butto giù.
Impossibile non scrivere. A quel punto mi ritrovo
a scrivere in qualsiasi momento su qualsiasi
cosa. E' un momento straordinario.
Ti senti più una scrittrice o unautrice?
Secondo me le due cose sono imprescindibili,
comunque se proprio una distinzione bisogna
farla, direi più un'autrice. Per me la
scrittura è solo uno strumento: è
il mezzo di comunicazione con il lettore. Mi
piace inventare storie, creare personaggi e
farli vivere. La scrittura è la creta,
ma è l'idea che conta. A volte la creta
è traditrice e non sempre riesci a rendere
quello che hai in mente. Ma è solo questione
di capacità e dedizione. Si scrive, si
riscrive e poi si riscrive ancora. Insomma,
non sono il tipo che si siederebbe mai a scrivere
solo per il piacere di farlo. Mi servo della
scrittura per comunicare. Il piacere del mezzo
nasce dal fine.
Qual è il tuo rapporto con il mondo
delleditoria?
La prima casa editrice con cui ho avuto a che
fare è stata Stampa Alternativa. Con
loro ho pubblicato un libro nel '94. Non si
trattava di narrativa. Era un libro intervista
ad un gruppo rock per la loro collana Sconcerto.
Ottenni un contratto su proposta, prima ancora
di scrivere il libro. Le relazioni furono molto
buone. Ho un ricordo positivo.
Con la narrativa invece è stato più
complicato. Quando fui finalista al Premio Italo
Calvino nel 2002 pensavo che non mi sarebbe
stato difficile trovare un editore, ma mi sbagliavo.
Ci ho messo ben quattro anni. Alcuni mesi fa
finalmente la Neftasia si è interessata
a "Thomas Jay" e ha deciso di pubblicarlo.
Con loro mi sono trovata bene fin dal principio.
Seri, professionali e disponibili. Sono soddisfatta.
E con quello delle agenzie letterarie? Ti
puoi ritenere soddisfatta? Agenzie letterarie non avevo mai cercate.
Fu la Letteraria Odusia a contattarmi nel 2003
e ad offrirsi di cercarmi un editore. Con molta
pazienza alla fine me lo hanno trovato. Certo
che mi ritengo soddisfatta.
Se dovessi usare tre aggettivi per descrivere
lessenza del tuo romanzo Thomas
Jay (prossimamente edito da Neftasia editrice)
quali useresti e perché?
Gli aggettivi li lascerei a critici e lettori.
Posso dire cosa mi sono proposta nello scrivere
il romanzo. Volevo una storia incentrata sul
pathos. Sono i rapporti tra i personaggi la
dinamica della narrazione. Lo scontro continuo
tra razionalità ed emotività.
Ho cercato di scrivere un romanzo come quelli
che mi piace leggere: con dei contenuti e anche
un'anima.
Cosa provi quando cominci a scrivere qualcosa
di nuovo?
Una voglia matta di finire e il terrore di finire
troppo presto.
per gentile concessione di
Elisabetta
Bilei
e Alessandra Libutti
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