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Non avevo mai amato la lettura prima d'allora. Non c'era nessuno né nessuna cosa che mi avesse potuto convincere. Non c'era nulla che potesse avermi incollato a quel libro: un maledetto libro che mi stava distruggendo. Non sapevo se lo avessi quasi finito o lo avessi appena cominciato, sapevo solo che lo stavo leggendo. Già, lo stavo leggendo nel più assoluto silenzio da non so quante ore, forse addirittura da qualche giorno. E scorrevo le righe, girando uno dopo l'altro quei fogli che mi facevano quasi impazzire. Non avevo più mangiato da quando, per caso, avevo aperto quel maledetto libro. Sì, ancora maledetto. Mi voleva uccidere, forse mi voleva suo. Non riuscivo a distogliere lo sguardo da esso, non potevo. Le parole mi incollavano, mi costringevano a continuare. E, seppure fossi così forzatamente interessato ad esso, non sapevo se quel libro fosse diviso in capitoli, se avesse degli stacchi, o se fosse compatto come un unico pensiero. Ad un certo punto la testa cominciò a farmi male, ma, pur sapendo che era a causa della lettura, non volevo smettere di scorrere i miei occhi lungo quelle frasi. Un'altra cosa non sapevo: di che cosa parlasse quel libro. Non ne avevo nemmeno una vaga idea, dovevo solo leggerlo.
Con il tempo sarebbe diventato una vera prigione per me. Non potevo bere, né mangiare. E mi dicevo che forse sarei morto proprio con quel libro in mano, con la pelle attaccata alle ossa e con la schiena curva. Solo la morte, a quel punto, sarebbe stata la mia unica amica. Solo lei, che mi avrebbe portato via finalmente da quella lettura affascinante. Sì, perché, anche senza sapere l'argomento e la storia narrati da quel libro, esso mi affascinava. Oh, sì, mi affascinava eccome, altrimenti non lo avrei aperto.
Non so ancora, o meglio non so più, che cosa mi incuriosì, perché non ricordo nessun pensiero che mi avesse attraversato la mente prima di aver aperto quel libro.
Non ricordo nemmeno se ci fosse stato un autore, ed avevo pure un vago dubbio sulla sua esistenza, perché la particolarità di quel libro era troppo rara, anzi, oserei dire unica in assoluto, perché mai prima d'ora mi era capitato un libro come questo fra le mani. Non sapevo dov'ero, non sapevo nemmeno cos'ero, certamente una creatura in grado di leggere. Ma non sapevo che lavoro facevo, se studiavo ancora o se ero già vecchio.
Non potevo sapere nulla. Solo quel libro riusciva ad informarmi di qualcosa, qualcosa di cui non posso parlare. Non perché non ne voglio parlare, e nemmeno per invogliarvi a leggere questo libro, affinché anche voi siate prigionieri delle sue parole. No, per carità, vi auguro di non trovarlo mai, di non passarci nemmeno vicino se per caso esso si trovasse nello scaffale di una libreria. Non vi voglio augurare nessun male, perché questo è il male, non poter fare altro che una cosa: leggere.
E quindi spero che voi non abbiate mai a che fare con questo libro, o comunque che, nel caso estremo, voi non lo apriate mai. Perciò vi avverto, dato che non so nemmeno il titolo di esso e sinceramente non so nemmeno se ha un titolo, ogni volta che vi capita un libro tra le mani, in qualunque posto voi siate, pensateci a lungo prima di sollevare la copertina. Vi prego, pensateci a lungo e ripensate a queste righe che voi avete letto su questa carta, che non sono altro che la reincarnazione dei miei pensieri.
Perché, come vi ho spiegato, non potevo fare più nulla, se non pensare. La mia mente non aveva più nemmeno la possibilità di coordinare i miei arti, perché era occupata a tradurre in parole quei segni ormai insignificanti che mi assillavano.
Ora non so da dove vengo, non so dove sono, non ricordo chi sono, purtroppo non so nemmeno se ci sono o se non esisto più. Non so se sono ancora vivo o se sono già morto, ma so solo che sto continuando a leggere.
©
Giuseppe Bonan
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