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I tre porcellini erano fratelli, e andavano in giro per i campi cercando il cibo. Erano piccoli ma grassi, i tre porcellini, e facevano gola ai lupi del bosco. Il fratello maggiore indossava un cappellino azzurro, era buono e mite, e aveva le guance sempre accese di rosso. Gli piaceva il vino, quello buono, che aveva il colore del rubino e gli piacevano le donne che vedeva da lontano,specie quelle con la gonna sulle ginocchia che sfrecciavano in bici attraversando il sentiero che dai campi le portava verso il paese. E le loro gonne, di stoffa leggera come il borotalco, si sollevavano in aria che pareva di vedere una farfalla, variopinta, volare di fiore in fiore. Il secondogenito, invece, indossava un cappelino grigio e gli amici lo chiamavano Gozimo, mentre in realtà il suo nome era Gustavo, ma siccome aveva un lievissimo difetto di pronunzia, le lettere c e s dalla sua bocca uscivano come g e z. A lui piaceva rotolarsi nel fango e grugnire. Si accontentava di poco, Gozimo e diceva spesso ai conoscenti: "Il porco è porco e ha da puzzà". Solo terra bagnata, null'altro voleva.
Il più piccolo indossava un cappellino color verde smeraldo ed era spavaldo come pochi. Non aveva paura di niente e nessuno e sapeva come farsi rispettare, anche dai porci più vecchi e più grossi di lui. Il suo muso, quando guardava negli occhi qualcuno, era sempre il più alto e la sua fronte era sempre quella più fiera e più superba.
"Io nemmeno dei lupi ho paura"- diceva sempre il terzo porcellino.
"Neanche di don Ezechiele?"- gli chiedevano gli altri porci, sgranando i piccoli occhi e allungando il naso come a fiutare già la risposta del porcellino.
"Don Ezechiele della minchia!"- rispondeva lui, impavido.
Tutti gli altri porci avevano una paura tramenda di don Ezechiele, il lupo più famelico e più pericoloso della zona. Il lupo che con i suoi scagnozzi terrorizzava quei poveri porci, il lupo che ogni domenica mattina, dopo aver pregato davanti la statua della santissima Immacolata, si recava presso le case di quei poveri suini e li costringeva a rendergli quei pochi beni che essi conservavano.
"Nel nome del padre, del figlio e dello spirito santo. Amen"- sussurrava il feroce animale, prima di incamminarsi verso le abitazioni dei porci.
Amen.
"No, don Ezechiele, ho da maritare una figlia, che finalmente ha trovato chi se la sposa"- supplicava Solino, il porco più vecchio del villaggio.
"Solino, dammi i piccioli e fai poche storie altrimenti ti faccio scannare che tra due settimane è natale".
E Solino svuotava le tasche, alzava il materasso dove nascondeva i soldi che aveva custodito per il matrimonio della figliola. E Solino aveva paura. E don Ezechiele intascava i soldi e gli dava una pacca sulla spalla tonda e rosa, dicendogli:" Bravo, così devi fare, se tu fai quello che ti dico passi il santo natale con la famiglia e nessuno ti tocca".
Il porco sospirava, amaramente. Il lupo si sistemava la lupara, assestandola con un colpo sulla spalla e proseguiva il suo giro domenicale.
Toc Toc. Don Ezechiele bussò alla porta dei tre porcellini.
"Ghi è?"- chiese Gozimo mentre stava preparando le minestra di mele e fichi d'india per il pranzo domenicale.
"Don Ezechiele sono. Apri, cosa inutile."
Appena Gozimo udì la voce e le parole del lupo cominciò a tremare come una foglia. Nel giro di pochi secondi accorsero gli altri due fratelli.
"Scansati, Gozimo, apro io"- esclamò il porcellino più piccolo, quello coraggioso.
"Non fare minchiate"- gli disse il fratello maggiore- "Quest'animale ci rovina tutti".
Fu così che il porcellino aprì la porta e mentre gli altri due fratelli si tenevano stretti, in un angolino, il terzogenito si trovò muso a muso con don Ezechiele.
"Baciamo le mani, don Ezechiele"- disse il porcellino al lupo, quasi sputandogli le parole in faccia e ridendo come a sfottere la bestia.
"Bacia 'sta minchia"- ribattè il lupo, feroce e affamato di denaro- "Datemi i tutti i soldi che avete altrimenti salsiccie diventate".
"Don Ezechiele solo questi quattro spiccioli abbiamo e dobbiamo camparci fino a fine mese, non si arrabbi, qui c'è la strada che porta al paese, la prenda e si allontani"
"Io, se non mi dai i piccioli, colla ti faccio diventare"- urlò il lupo fuori di se, con gli occhi spalancati e la bocca pure.
Il porcellino prese quei pochi spiccioli che aveva e li mostrò a don Ezechiele dicendo:" Preferisco mangiarli che darli a un fango come te".
E fu così che inghiottì il denaro.
"Io t'ammazzo, porco, a te e ai tuoi fratelli"- queste furono le utlime parole della bestia che, puntandogli la lupara alla gola, non esitò a lasciare un buco sul collo del maiale; mentre gli altri due fratelli furono condotti dentro una stalla abbandonata, dai due scagnozzi di don Ezechiele, Masino e Bernardino che li squagliarono nell'acido, dentro la mangiatoia.
Il porcellino pagò il suo coraggio con la vita, la sua pancia fu aperta, don Ezechiele in persona la tagliò, ne prese i pochi soldi che il porco aveva ingerito e al posto del denaro mise delle pietre e la richiuse, cucendola come la più abile delle sarte.
Il porcellino, gonfio come un otre di pietre e pesante come il piombo, fu appeso sul pozzo del villaggio in modo che chiunque lo avesse visto avrebbe capito di cosa fosse capace don Ezechiele.
E i porci che passavano e guardavano quella figura grottesca appesa sul pozzo, che manco il vento più violento lo muoveva, non facevano altro che pensare: " Che bel coraggio che ha avuto. Coraggio della minchia".
©
Simona Scionti
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