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Che diavolo gli aveva preso Dio solo lo sa
di Raffaello Ferrante
Pubblicato su SITO
Anno
2006-
Aletti Editore
Prezzo €
14-
128pp.
collana Gli emersi ISBN
8876801499
Una recensione di
Marco R. Capelli
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Votanti:
1590
Media
80.49%
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Ferrante, classe 1969, è un altro dei tanti scrittori italiani che pagano un loro personale omaggio/tributo a Charles Bukowski. Niente di male, ovviamente, non fosse che il Ferrante-Bukowsky di maniera che emerge da molti dei 22 racconti di questa raccolta finisce con l'oscurarne un altro, che è più vero, più introspettivo, in definitiva più abile e migliore.
E' curioso il perdurare di questa influenza Bukowskiana. Curioso come questo scrittore così fortemente radicato nella cultura americana di fine anni '60 riesca ancora ad influenzare (pesantemente) un'intera generazione di scrittori nati in tutt'altro contesto storico e geografico.
Chissà se il vecchio Buk sarebbe contento, o anche solo divertito, nello scoprire di avere così tanti potenziali compagni di sbronze. Quel che è certo è che nei racconti di Ferrante c'è tutto il consueto campionario, senza infamia e senza lode di ubriacature, compiaciute derive esistenziali e (finto) cinismo. Non è la capacità narrativa che manca, anzi, i racconti sono scritti con brio e tecnica, l'originalità però risente in maniera marcata del palese omaggio al modello americano. Omaggio la cui reiterazione lascia un po' perplessi, così come l'uso (comune a tanti altri autori esordienti) di un turpiloquio insistito e spesso fuori contesto e la scelta di improbabili nomi americani (Bob, Max, Paul...) che sovrapposti a situazioni tipicamente nostrane inducono uno stridente senso di straniamento che sfocia talvolta nell'umorismo involontario.
Purtroppo, si sa, gli americani ci fregano con questa cosa della lingua (come dice Guccini). Un viaggio senza soste da Omaha a Tucson sembra tutt'altra cosa rispetto ad un fine settimana a Monterotondo (anche se, alla fine, resta da dimostrare dove ci si annoi di più...) e la canotta unta di Marlon Brando entra nel mito, mentre quella, analoga, di un fornaio, può aspirare al massimo alla lavatrice.
Eccoci quindi alle prese con bionde mozzafiato (anche se oberate, ahimè, dalla nazionale gamba corta), esotismi da quindici-giorni-volo-incluso, sogni erotici di mezza estate e improbabili, pantagrueliche bevute.
Eppure la narrazione regge, e i racconti restano più che leggibili e capaci di spingere il lettore a voltare ancora una pagina. Perché Ferrante la classe dello scrittore ce l'ha, e quando salta fuori (calata la maschera pseudo-americana) quello che resta è davvero profondo. Due racconti su tutti: La bella sconosciuta, soffice, morbido come le ultime onde del Mediterraneo al tramonto e Le ali della libertà, permeato di un dolore esistenziale dolce e amaro, vero al di là di ogni stereotipo letterario. Testimonianza di un amore profondo nei confronti della vita.
Complimenti, Raffaello.
Bere è niente, è essere ubriaco che è importante.
Charles Bukowski
Tu vuò fa l' americano!
mmericano! mmericano
siente a me, chi t' ho fa fa?
tu vuoi vivere alla moda
ma se bevi whisky and soda
po' te sente 'e disturbà.
Tu vuò fa l' americano
mmericano! mmericano!
ma si nato in Italy!
Renato Carosone
Una recensione di Marco R. Capelli
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Dodici racconti orfani di Marco R. Capelli
2021 pg. 165 - (12.85x19.84) BROSSURATO
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Agitare con prudenza.
Altre informazioni / L'autore
In questo libro, troverete molte finestre aperte su stagioni e paesaggi diversi di un mondo immaginario eppure, in un certo modo, coerente. Un teatrino di personaggi sperduti, testardi, a volte brutali, mossi dalla consapevolezza di una mancanza, di un vuoto al quale non sanno dare un nome preciso ma che sognano confusamente di colmare. E questa necessità li spinge a viaggiare, a cercare, a rovesciare il tavolo, a cambiare tutte le carte della mano, contro ogni logica, perché o si trova una scala reale o non ha senso giocare. E tanti saluti a chi si contenta di vincere con una doppia coppia.
Siano essi geniali (e molto distratti) ingegneri, brutali e giganteschi barbari imprigionati in un mondo a metà fra Howard e Lord Dunsany, ombre nel deserto, impiegati non del tutto disposti a piegarsi, vecchi e bellicosi contadini toscani o fantasmi, a loro modo piuttosto concreti.
Completano il tutto un paio di divagazioni giovanili, che ho incluso più che altro per nostalgia, come fossero quei pezzi che si trovano a volte nei musei, quelli che nessuno sa davvero cosa fossero o a cosa servissero ma sembra brutto lasciarli in una cassa sul retro. Così li si espone con una avvertenza in caratteri piccoli: ritrovamento non catalogato, uso incerto. Agitare con prudenza.
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