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La Nonna era bianca e rosea, aveva modi squisiti e sereni come il suo viso.
Viveva in una vecchia villa fuori città insieme a una gatta e a Cesarina, una cameriera vecchia e quasi sorda che, ormai, più che cameriera, era un'amica.
Era stata lei a prendersi cura di Lucia dopo la morte della madre, sua figlia, avvenuta troppo presto per un incidente d'auto. Erano sempre andate molto d'accordo, loro due. La Nonna capiva le esigenze giovanili di Lucia e chiudeva un occhio, anche tutt'e due, ma quando Lucia cominciò a parlare di Luigi, la Nonna li aprì entrambi, anzi li spalancò.
Lucia parlava sempre di Luigi. Lucia parlava troppo di Luigi. Quel Luigi, anche se la Nonna non lo conosceva, da come Lucia ne parlava, le suonava orrendamente familiare.
“E' un cacciatore di dote, Lucia", le disse un mattino a colazione. Lei li annusava a distanza, quei tipi lì.
“Diseredami", ribatté Lucia, offesa.
“Lo sai che non lo farei mai, cara", le rispose in tono dolce.
Non era bella, Lucia. Non molto alta, con occhi di un azzurro scialbo, il viso spigoloso e il corpo eccessivamente magro. Assomigliava a lei, Lucia, anche lei era stata così, non bella, bassa e troppo magra. Col tempo, i lineamenti le si erano addolciti, le spigolosità si erano smussate, arrotondate ed era quasi più bella adesso, così vecchia, di quando era stata giovane. E la madre di Lucia, sua figlia Clara, era stata identica. La Nonna aveva tanto sperato che assomigliasse al padre, suo marito, bruno, alto e bello, con quegli sfrontati occhi neri così spavaldi e invece no, proprio a lei.
“Mi ha chiesto di sposarlo e io lo sposerò", stava dicendo Lucia in tono di sfida.
La Nonna sospirò. Era inutile: sapeva quanto fossero testarde le Darriò. Prima lei, poi sua figlia e adesso Lucia. E gli uomini? Belli, aitanti, allegri pirati, mascalzoni con tanta voglia di spendere i soldi dei Darriò.
“Vorrebbe conoscerti, Nonna", continuò Lucia spezzando una fragrante brioche. "Ti piacerà, ne sono sicura."
La Nonna non ne dubitava. Luigi le sarebbe di certo piaciuto. E le piacque. Era proprio come lo aveva immaginato. Alto, biondo, spalle larghe e fianchi stretti, bello come un dio pagano, con occhi di un azzurro intenso che scintillavano furbescamente nel viso abbronzato. Ed era anche sveglio, pronto e intelligente. Un osso duro, Luigi.
Le disse in tono sostenuto: "Sposerò Lucia anche se non le darà un soldo", e la Nonna lo ammirò, ma sapeva benissimo che stava mentendo, e sorrise di quel suo sorriso dolcissimo che le dava l'aspetto di un vecchio angelo.
“E di che cosa vivrete, Luigi?", chiese. " Tu, di che ti occupi?"
"Sono un consulente finanziario. In questo momento non va molto bene, ma presto..."
La Nonna lo ascoltava attentamente rilevando nella calda e suadente voce di lui, ogni menzogna.
"Luigi", lo interruppe, "io non credo che ti sia innamorato di Lucia." Lui prese a protestare con veemenza e la Nonna lo interruppe ancora. "Stiamo parlando della tua vita, Luigi, non so se tu te ne stia rendendo conto."
"La mia vita senza Lucia, è meno di niente!"
"Praticamente il contenuto del tuo portafogli." La Nonna sorrideva serafica. "Luigi, puoi ingannare Lucia, ma non me."
Lui le sorrise indulgente, mostrandole una chiostra di denti bianchissimi che avrebbe fatto impazzire di rabbia qualunque dentista. Disse sornione: "Mi ama tanto, Lucia."
La Nonna si appoggiò allo schienale della poltrona sospirando mentalmente. Perché capiva Lucia, la capiva tanto bene...
“Se la renderai felice..." Lasciò la frase in sospeso, sogguardandolo.
“La renderò felice", dichiarò Luigi sfoderando il sorriso sicuro della vittoria.
Si erano sposati. Un esercito di operai avevano ripulito la villa da cima a fondo, fuori e dentro, tutto scintillava per il matrimonio di Lucia, c'era stato il rinfresco, gli invitati che si dicevano l'un l'altro: "Che bella coppia", ma la Nonna sapeva che nessuno di loro era sincero. Il bello era solo lui, Luigi. Lucia se lo mangiava con gli occhi e, insieme a lei, se lo mangiava con gli occhi il novantanove per cento delle donne presenti.
“Elena", le disse l'avvocato Ferri, il suo più vecchio e caro amico, suo amministratore da tempo immemorabile, "credo che Lucia stia commettendo un madornale errore."
"Lo so", gli rispose la Nonna stringendogli appena la mano. "Ma mi ha detto che la renderà felice", aggiunse enigmatica.
Dopo una lunga luna di miele in giro per il mondo, gli sposi erano andati a vivere in centro in un appartamento che apparteneva ai Darriò da generazioni. Vivevano alla grande con soldi dei Darriò. Veramente Lucia non portava quel cognome, ma queste erano sottigliezze perché Lucia era una Darriò, anima e, purtroppo, corpo.
“Elena, stringi i cordoni della borsa", le disse Ferri. "Quel tipo sta spolpando il conto di Lucia. Sta dando la scalata al fondo fiduciario. La metterà sul lastrico."
“Gli parlerò", disse la Nonna.
Gli parlò. Luigi ascoltò, si scusò, le diede ragione, accampò scuse, promise mari e monti, le regalò uno stupendo sorriso e se ne andò. Ma Lucia era felice e la Nonna non strinse i cordoni della borsa.
Con la scoperta del primo tradimento di Luigi, il matrimonio zoppicò. Lucia si precipitò da lei, scoppiò in lacrime e la Nonna, se avesse voluto infierire, avrebbe risposto a quelle lacrime: "Te l'avevo detto", ma lei non voleva infierire e poi non sarebbe servito. Anche lei c'era passata tanti e tanti anni prima.
Luigi si precipitò a riprendersi Lucia, la blandì, pianse, promise, giurò, proclamò amore, dichiarò che non sarebbe successo mai più e la Nonna lo ammirò. Che razza di mascalzone, quel Luigi. Però tanto affascinante, tanto attraente.
In meno di un'ora, fece capitolare Lucia e se la riportò a casa.
La Nonna sedette sulla sua vecchia poltrona, la gatta le si acciambellò in grembo e lei l'accarezzò pigramente, gli occhi fissi al caminetto spento, e continuò a fissare quel punto anche quando il buio della sera invase il salotto e non lo vide più.
I tradimenti di Luigi non si contavano più e Lucia tornò da lei, scarmigliata e pallida come uno spettro.
“Avevi ragione, Nonna", disse. "Voglio divorziare."
"I Darriò non divorziano", la riprese la Nonna, severamente.
"Io non mi chiamo Darriò. E quell'uomo mi ha reso la vita un inferno!"
“Non lo ami più?", chiese la Nonna.
“Amarlo? Io lo odio! Se resto con lui, finirò per ammazzarlo!"
"Lucia! Che parole grosse!", si scandalizzò la Nonna. "Mandalo da me domenica mattina. Gli parlo io e vedrai: tutto s'aggiusterà."
“Ma io non voglio che tutto s'aggiusti! Voglio..."
"Mandalo da me", tagliò corto la Nonna. "Ti ho mai delusa?"
Lucia se n'era andata dubbiosa protestando che non lo amava più e che nessuno al mondo sarebbe riuscito a farla restare insieme a lui.
Era finalmente domenica e la Nonna aspettava Luigi. Cesarina era a messa e non sarebbe tornata prima di mezzogiorno.
Era settembre e il giardino era un tripudio di fioriture di fine estate. Nel patio ombroso, la Nonna sedeva con la gatta in grembo, a un tavolino apparecchiato per due. Sulla tovaglia in pizzo macramè, facevano bella mostra di sé una torta alle mandorle, un piatto con minuscoli dolcetti spolverati di zucchero a velo, la caffettiera, tazzine, piatti e piattini e, nel mezzo del tavolo, un vasetto alto, di cristallo, con dentro un racemo di gigli rosa striati di rosso.
E' così mite e innocua, pensò Luigi.
“Salve, Nonna", la salutò allegramente. "Ho saputo che volevi vedermi."
La Nonna gl rivolse quel suo sguardo celeste e ammiccò.
"Buongiorno, Luigi. Hai già fatto colazione?"
“No. Mi sono appena alzato." Sedette e la fissò sfrontato. "Magnifico", proclamò guardando l'abbondanza sul tavolino. "Tutto per me?"
La Nonna si alzò, spiegò vezzosamente il tovagliolo e glielo mise in grembo, gli appoggiò le mani sulle spalle e domandò: "E per chi, se no?", poi le mani scesero come se lo stessero accarezzando, gli avvicinò il viso, disse: “Tutto per te”, con un sorrisetto malizioso che sorprese e deliziò Luigi. L’aveva conquistata, l’universo femminile non aveva segreti, per lui.
La Nonna sedette e Luigi lasciò vagare lo sguardo al giardino, dalle dalie multicolori ai cespugli di rose ben curati, e alla moltitudine di gigli rosa che riempiva una grande aiuola emergendo da lunghe foglie simili a spade di un verde brillante. Era un'aiuola stupenda e se ne sentiva il profumo sin dal patio.
"Amaryllis Belladonna", disse la Nonna seguendo il suo sguardo. "Ho piantato il primo bulbo una quarantina di anni fa." Si sporse e gli servì un'abbondante fetta di torta. “Allora, Luigi?", domandò.
“Allora cosa?"
“Io sono una donna moderna, capisco che tu sei giovane e...", la Nonna sospirò, "bello, ma santo Dio, quella povera ragazza! Me la stai riducendo al lumicino, Luigi!"
"Non resisto alle tentazione", dichiarò lui, e addentò la torta con i denti giovani e forti. "Uhm...", fece. "E' squisita."
“Che peccato", disse la Nonna tentennando la testa. "Temo che Lucia ricorrerà a un avvocato. E per i Darriò è un brutto colpo. Nella nostra famiglia non ci sono mai stati divorzi, ma che dico! Il divorzio non esisteva, finché morte non vi separi, come recita il prete. Io votai sì al referendum abrogativo, ma purtroppo...", un altro sospiro, "vinsero i no."
"Ma io non ho nessuna intenzione di lasciare Lucia", disse Luigi tagliando un'altra fetta di torta e addentandola. "L'hai fatta tu?", domandò masticando.
"Sì", gli rispose la Nonna rivolgendogli uno strano sorriso. "Ho fatto tutto io. Alle ragazze di una volta, si insegnavano la cucina, il ricamo, il giardinaggio, si insegnava tutto per essere una buona e devota moglie."
"Bei tempi", disse Luigi, scegliendo un pasticcino.
"Bei tempi", convenne la Nonna. "Adesso però cucino solo per le occasioni speciali. E tu, Luigi, sei un'occasione speciale."
“Come sei gentile, Nonna." Un altro pasticcino finì nella bocca di Luigi. La osservò con gli occhi socchiusi. "Se tu avessi avuto sessant'anni di meno... Sì, credo che io e te ci saremmo intesi a meraviglia."
“Tu credi, Luigi?", gli domandò con un luccichio negli occhi.
"Ne sono sicuro", le rispose sorridendo.
La Nonna gli servì il caffè, mise i due cucchiaini di zucchero perché ricordava che a Luigi piaceva dolce, a lui piaceva molto il dolce, e lui le sorrise annuendo compiaciuto.
Sollevò la tazzina e domandò: "Anche questo è per le occasioni speciali?"
"Tutto quello che c'è su questo tavolino è per un'occasione speciale." Una pausa mentre lo guardava bere il caffè. "Dimmi, Luigi, conosci la storia della nostra famiglia?"
"E' importante?", le domandò di rimando, leggermente contrariato, posando la tazzina e prendendo un'altra fetta di torta.
"Forse non t'interessa."
"No, no. Di' pure."
La Nonna accarezzò la gatta che le si era acciambellata in grembo.
"Mi versi una tazzina di caffè, per favore? Non lo bevo mai, ma, come ho detto, questa è una occasione speciale."
"Ben volentieri, Nonna", accondiscese Luigi. Quella vecchietta lo divertiva immensamente.
La Nonna gli rivolse quel suo sorriso di vecchio angelo.
"Sei uguale a mio marito." Luigi la fissò stupito. "Dico sul serio. Uguale in tutto e per tutto. Ho sofferto tanto..." Accarezzò di nuovo la gatta e sembrò perdersi un attimo nei ricordi. "Finché l'ho amato, ho perdonato tutto. Poi non l'ho amato più. Mi è successo d'improvviso. Una mattina l'ho guardato e mi sono accorta di odiarlo. Sai, Luigi, è terribile sapere di essere legati per la vita a qualcuno che non sopporti. Lo odiavo tanto da desiderare che morisse. Proprio come Lucia con te, ora."
Luigi sentì un brivido come se qualcosa di viscido e freddo gli stesse strisciando lungo la spina dorsale. Nello stesso tempo, sentì il primo crampo allo stomaco.
“Nonna... che cosa... che cosa c'è in quella torta?", chiese con voce strozzata.
"E anche mia figlia, la madre di Lucia, ha avuto la mia stessa sorte. Sono i nostri soldi, Luigi: attraggono quelli come te. Non potevo permettere che mia figlia fosse infelice, così come non posso permetterti di rendere infelice Lucia." Guardò il racemo di gigli striati di rosa. "Amaryllis Belladonna. E' un fiore stupendo, ma, come molte piante, ogni sua parte è tossica. Ha un bulbo letale. Basta grattugiarlo e..." Sorrideva guardandolo dritto negli occhi. "Ho comprato il primo quarant'anni fa e, come vedi..." Volse gli occhi all'aiuola fiorita, "con pochissime cure, ha proliferato. Però devo confessarti che avevo comprato due bulbi. Ma ne ho interrato uno solo."
Un altro crampo lo fece piegare in due, era un dolore atroce come se le viscere gli si fossero di colpo incendiate. Tutto il suo corpo bruciava. Infilò a fatica la mano nella tasca della giacca.
"Stai cercando questo?» Nella mano della Nonna era apparso come per magia il cellulare. Lo lanciò dietro le spalle, se ne sentì il rumore mentre s’infrangeva contro il muro e cadeva sul selciato. Quegli occhi celesti erano diventati di gelo, Luigi pensò: Spietati. «Ti avevo avvertito che stavamo parlando della tua vita. Il non credermi è stato il tuo più grosso errore."
Luigi si alzò in piedi sorreggendosi coi gomiti allo schienale della poltrona di vimini, gli occhi sbarrati, stupefatti, fissi sulla mite e innocua vecchietta tanto divertente. Parlò a fatica, strappandosi le parole dalla gola e un filo di saliva gli colò sul mento.
"Fi.. nirai in ga... lera..."
"Ne sei preoccupato? No, caro, non finirò in galera. E' tempo che vada anch'io e, quando sarò morta, di quello che succederà, m'importa poco. Sono vecchia, Luigi, e forse crederanno che mi sia sbagliata. E se no...", si strinse nelle spalle con noncuranza.
Lui la fissava imbambolato, incapace di muoversi.
"Ti meraviglia, Luigi? Sono vissuta quarant'anni di troppo e sono stati quarant'anni vergognosamente felici."
Attraverso il velo che gli annebbiava la vista, la vide sollevare la tazzina e bere. Anche il caffè, pensò terrorizzato, per le occasioni speciali...
Voleva gridare, ma non ci riusciva. Il respiro era diventato un sibilo. Cadeva, il patio e i fiori del giardino gli vorticavano attorno in mille colori luminosi e il viso della Nonna diventava immenso, occupava tutto il suo campo visivo.
"Tu credi che Lucia piangerà molto per te?", gli domandava sorridendo.
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Gianna Messori
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