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In questo periodo carnevalesco, mi chiedo come passerò le giornate con le ondate di gelo tra le strade strette del borgo medioevale di Cornello dei Tasso, in cui abito. Temo che finirò senz'altro per trascorrere il tempo come sempre: con la noiosa festa da ballo, con i soliti quattro amici e con tanta gente così insignificante nel modo di essere e così chiusa nel loro giro di conoscenze da riuscire a rendere l'ambiente del locale incredibilmente monotono e ostile. Per fortuna, vivo nel cuore della Lombardia, tra questi meravigliosi vicoli, chiese e piazzette rustiche delle antiche località del bergamasco, disseminati nella verde valle Brembana; i quali sono attraversati, in questi giorni di festa, continuamente da originali maschere in stile veneziano che intonano perfettamente con i ponticelli, le arcate dei porticati e i mattoncini delle case d'epoca. I vestiti carnevaleschi, durante le serate danzanti o gli spettacoli teatrali, calzano perfettamente con l'architettura medioevale in un modo molto tradizionale e vivace che sembra quasi di vedere tanti quadri in movimento, appesi a dei muri multiformi. Anche se l'inverno non è ancora finito , non mancano alcuni gradevoli e improvvisi leggeri colpi di soli primaverili che lasciano però il posto a venticelli un po' freddi, purtroppo sempre frequenti in un cielo grigiastro. A tarda sera, noto dalla finestra appannata di casa mia la luce blu e lampeggiante di un' ambulanza non molto lontana. Mi avvicino fino a poggiare il naso sul vetro ma non riesco a vedere bene, allora giro la maniglia e apro la finestra per osservare quello che accade ma appena guardo fuori mi accorgo che non c'è più nulla o meglio solo una maschera bianca che ritrae un viso femminile, caduta su una strada bagnata da una leggera pioggia e coperta di coriandoli, in un incrocio buio e solitario, illuminato dalla luce di un lampione abbandonato. Mi chiedo se c'è stato un grave incidente e spero che non sia successo niente di brutto alla vittima. Proprio quando sto chiudendo la finestra intravedo una mascherato giungere dalla strada. Indossa l'abito di Arlecchino e piano piano cammina verso la maschera rimasta sulla strada. Si ferma e la osserva pietrificato per una decina di secondi. Dal modo in cui si muove sembra spaventato. Lo sconosciuto visitatore tocca alcune macchie di sangue schizzate sull'asfalto e poi barcollando un po' sfiora con le dita il viso della bianca maschera come se volesse accarezzarla. Rimango scioccato per quello che vedo e penso che quell'uomo sia davvero completamente pazzo. Non posso andarmene e lasciare che quel matto continui a stare lì. Provo ,quindi, a chiedergli: - Ma cosa stai facendo? Chi diavolo sei?!- Il travestito si ferma un attimo e tremante alza la testa verso di me ma non riesco a riconoscerlo perché il suo viso è coperto fino al mento da una maschera nera che rappresenta un viso grottesco. Come se non avessi detto nulla, il misterioso Arlecchino si volta di nuovo in basso e torna a guardare fisso verso quella maschera macchiata di sangue. La gocce d'acqua della pioggia rendono le macchie simile a delle lacrime rosse che scendono dalla cavità nera dei grossi occhi della maschera fino alle guance bianche, in un contrasto cromatico poetico e tenebroso allo stesso tempo. Trascorso qualche minuto, succede davvero l'impensabile. Arlecchino china la testa e con il viso della sua maschera nera si avvicina molto a quella bianca. Lentamente, egli poggia le sue labbra su quelle della maschera e la bacia dolcemente, così intensamente e durevolmente da esprimere una gelida e triste tenerezza.
©
Sandro Fossemò
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