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Fame
di Todd Komarnicki
Pubblicato su SITO
Anno
2003-
Editore Meridiano Zero
Prezzo €
14-
288pp.
ISBN
2147483647
Una recensione di
Patrizia Burra
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Votanti:
7339
Media
79.62%
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L'unico motivo per cui non si riesce ad abbandonare la lettura dal romanzo è il punto di domanda, personalissimo, dettato dalla continua confusione che questo trasmette.
Dalla prima all'ultima pagina ci si chiede : avrò capito bene?
La sensazione prevalente è quella di un lieve, ma persistente senso di nausea. Durante la non agile lettura ci si trova coinvolti nel percorso di personalità "borderline" che, estrapolando la follia, riescono a riversarla in un mondo a parte per le loro azioni e per i loro pensieri. Così, siamo costretti ad aprire una porta per immergerci in appiccicosi deliri ed angoscianti depersonalizzazioni. La componente noir è irrilevante. Stà sotto strati spessi di significati oscuri, che espandono radici e si allargano in tutte le direzioni possibili. L'abilità di Komarnicki non risiede nella sua capacità di creare una solida detective story , ma nel centrare il bersaglio del libro con due frecce: una profonda storia d'amore e l'efficacia descrittiva di una follia che ci scaglia contro. La narrazione alterna voci che sembrano scaturire da un brutto sogno e, una più distante, che rantola l'allucinazione di una personalità sdoppiata. C'è del razionale e dell'irrazionale in questo romanzo, che non offre nemmeno il più piccolo atollo di "normalità" su cui riposare.
La "Fame" espressa dal titolo è soprattutto un disperato tentativo di liberarsi dal dolore. Perchè ogni pagina ne è satura. Ed è in questa esasperazione dal movimento circolare e nel suo alimentarsi, che la forza e la lacuna dell'oppressione schiacciano il piacere alla lettura. Il dramma familiare, la morte, la malattia mentale, l'omicidio. Il bisogno di capire mentre la mente si annebbia. Contorni fumosi che coprono tutto.
C'è una sensibilità evidente in Komarnicki, ma mai gioiosa e forse troppo piegata alle sue ambizioni. Nel complesso il romanzo segna con la propria impronta il nostro disagio, muto e forse impreparato, sorpreso, provocato.
Vedo in "Fame", delle braccia tese. Possibilità annientate. Mali oscuri e inesorabili.
Ciò che "Fame" lascia, una volta concluso, non è ancora un senso di sollievo, ma la necessità di dimenticarlo.
Una recensione di Patrizia Burra
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