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Non mi uccidere
di Chiara Palazzolo
Pubblicato su SITO
Anno
2007-
Piemme
Prezzo €
5-
427pp.
ISBN
9788838433450
Una recensione
diSimonetta De Bartolo
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Votanti:
11104 Media
79.02%
In Non mi uccidere l’horror viene introdotto, ma poi lasciato all’immaginazione del lettore. Vengono alla mente i silenzi della poesia. Un horror soft, dalle ambientazioni gotiche e dalle forti valenze socio-psicologiche, in cui Chiara Palazzolo, autrice di La casa della festa (Marsilio) e I bambini sono tornati (Piemme), si attarda nell’ampia analisi della psiche di Mirta, del suo risveglio dopo la morte, della sua insicurezza e delle sue paure, prima e dopo il ritorno all’autocoscienza, della persistenza nel voler “indietro la sua vita” e della preoccupazione ossessiva che il suo Robin non si svegli, della presa di coscienza del suo nuovo status e dei suoi “malesseri strani e disturbi di origine incerta: è solo fame”. Ebbene sì, Mirta è uno zombie che si nutre di carne umana viva: “Affondo. Nel collo. Mordendo. Lottando. Contro questa cosa che si agita... sgroppa, scalcia”. Insomma, la scrittrice esamina tutti gli aspetti della “vita nella morte”. Tutto appare reale, terreno, tangibile, vero ma, pur cedendo in alcuni momenti alla fantasia, rimaniamo, alla fin fine, con i piedi per terra.
Lo scorrere lento della trama e l’uso di periodi brevi, molto spesso brevissimi, dà, al primo impatto, l’impressione di un’eccessiva propensione all’analisi minuta dei fatti, ma, presto, ci accorgiamo che si tratta di una scelta stilistica efficace sull’emotività del lettore. Mirta, inizialmente, attua un’interiore duplicazione di se stessa, che dà luogo ad un discorso in “forma dialogica” e la fa risalire “a Platone e ai suoi dialoghi socratici”. La narrazione, in questi momenti, diventa più vivace e più dinamica.
Il “fantasma gentile” del filosofo austriaco Ludwig Wittgenstein, che le dà consigli, ci fa pensare, inevitabilmente, sebbene la situazione sia differente, ad Acqua e sangue di Patrick McGrath e, ancor di più, a Lo spiedo, uno dei racconti in esso contenuti, in cui la presenza giudicante di Freud turba l’animo di Neville Pilkington.
La realtà umana è criticata dalla scrittrice, attraverso la voce dei non viventi, con estremo rigore morale, ma il tono della narrazione procede, quasi sempre, pacato: nella quarta e ultima parte finalmente un baluginio di vera suspense, tanto agognata, “E se il cadavere decomposto aprisse ugualmente gli occhi. Se avesse voglia di durare comunque?”.
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