Premessa al libro
L’esordio da poeta è la pietra miliare sulla via della comunicazione del proprio Io e la confessione di limiti e ricerche.
La poesia di Alberto Scuderi a mio avviso non è lirica, ma statica, malinconica. Gentile, pur nell’apparente serietà del tono. Tonda, robusta, irruenta eppure piana. Modulata su metri e temi moderni, ha dalla sua la forza dell’impatto del poeta laconico e giovane, alle prese con attese di ricordo e speranze di futuro.
Dolcissime immagini di disperata bellezza, velano di impossibilità e ansie i suoi promettenti versi.
Alessandra Di Gregorio
Cura
Un po’ di tempo fa, la tua bellezza
s’incontrava di nascosto con il mare,
e tinta dallo splendore
assumevi pose proprie del corallo.
Una mano lieve accarezzava
le docili membra
strette nella morsa dell’amore.
Cullata dal vago profumo di libertà,
distesa sul materasso
dove una piuma respirava
le grandi gioie del mondo,
la tua miseria diventava fluido dorato
che scorreva,
calava tutto il suo brodo
e la stanza prendeva a urlare.
Terra silenziosa, silloge poetica ed esordio ufficiale di Alberto Scuderi, giovane poeta emiliano, inserita nella collana tascabile ‘Margini Liberi’ (Rupe Mutevole Edizioni), è un testo molto eterogeneo e complesso, per quanto, al suo interno, presenti tratti di manifesta unitarietà che solo una forte coerenza personale, di idee e intenzioni, è in grado di proporre con tanto acume.
Di rado, credo, accade di riuscire ad apprezzare così profondamente la poesia contemporanea, al punto di esserne folgorati col disarmo che si ha quando quello che sfogliamo è un testo il cui autore ci è noto attraverso il canone della letteratura italiana e non.
Il nostro Autore, in questo caso, ha dalla sua una penna completa. E questo già gli conferisce quell’aura di straordinarietà cui è difficile pervenire normalmente quando si prende in mano il libro di un esordiente.
Il dato ispirativo - certamente di natura adolescenziale - offre al nostro immaginario un Narratore solitario e meditabondo, ingabbiato/frustrato/ammirato nelle sue stesse osservazioni, impressioni e pulsioni - com’è tipico del carattere dell’adolescente riflessivo e riservato - e dunque non resta solo intenzionale, intrappolato in un’idea, in un mero sentore interiore. La poesia è infatti autentica, vibrante di una concretezza piana, asciutta, eppure mai trasparente, ai limiti di un erotismo panico suadente e dolcissimo.
Scuderi è in grado di tradurre, attraverso la sua parola consumata, consapevole, appropriata e coerente, il sentimento del fanciullo che coabita con il giovane uomo.
In lui, fisicità, velate voluttà ed elemento naturale (ovvero tutti quegli elementi tipici della poesia classica) guidano la visione dell’esterno, di quel mondo che circonda e abbraccia, in grado di apparire - come in un moto intermittente ed eterno - ora rassicurante, ora meno.
Una pagina lontana
Bianca sensazione
di vibrante precocità.
Squarcia
gela
e poi piega.
Non si fanno mai
tanti passi verso la verità
come quando si è
nella sempre verde insipienza.
Il Narratore, perché qui come non mai è possibile rinvenire la voce guida dell’Autore, con tono sentenzioso e rammaricato, quasi privo d’incanto, di colpo si priva della sorpresa e traduce persino l’eco delle mancate esperienze in un momento di concreta consapevolezza. Ovvero Egli ragiona, durante l’atto del poetare, circa il problema dell’estrema precocità del suo Io. Il Poeta, dunque, non ha difficoltà a rielaborare l’immanenza, proprio alla luce della straordinaria sensibilità che ne contraddistingue l’animo; sa perciò tradurre, come poche volte ho visto avvenire, il suo sentimento poetico in poesia.
Il tracciato scritto è privo di sbavature; la maturità artistica dello Scuderi è evidente, così come è evidente la forza di un carattere che non sa celarsi, pur nella sua timidezza di fondo, pure nell’estrema e dolorosa consapevolezza di una maturità imposta da Natura.
Come un moderno Narciso, egli è ancora pedos, pur essendo proiettato, verso l’età adulta, l’età della completezza, quando si acquietano le domande e lo spirito, e tuttavia, com’è possibile rintracciare a più riprese lungo il testo, il suo attaccamento allo stato di puer è innegabile, specie laddove, con la stessa serietà e pianezza di sempre, parla del sogno, contrapposto allo scorrere del tempo - motivo più volte richiamato, quasi a significare che il Narratore sente su di sé il peso di molte più epoche di quelle che realmente dovrebbe accollarsi.