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Un incontro tra Cenerentola e un emulo di Rip Van Winkle
di Ilaria Dal Brun
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Appoggiato a un albero, chiudo gli occhi e immagino di addormentarmi, lasciando scorrere i minuti, le ore, i giorni, i mesi, gli anni... Chiudo gli occhi e intanto mi auguro che il tempo scorra via e con lui le angosce, grandi e piccole, della mia vita. E poi, per incanto, riapro gli occhi e sono passati parecchi anni. Tutto è cambiato, non conosco più nessuno. Ma che importa? Se davvero avessi amato la vita di prima, non avrei mai chiuso gli occhi sotto l’albero. Baratterei anni che la gente comune considera preziosi per ottenere in cambio la possibilità di ricominciare da capo. Un uomo nuovo in un mondo nuovo. Davvero, non mi dispiacerebbe fare come Rip Van Winkle...

Io invece gli occhi li ho ben aperti. Li tengo continuamente fissi su questa esistenza che mi paralizza, su una quotidianità di pavimenti da sfregare, pentole da lucidare, fuoco da riattizzare, abiti da rammendare. Una giornaliera indifferenza pervade la mia vita; io esisto nella misura in cui servo. Il grigio è divenuto il mio colore; la cenere che mi dà il nome è sottile e penetra ogni aspetto della mia esistenza, tanto che anch’io fatico a capire dove finisce il mio viso e dove inizia questo luogo immerso nell’imperturbabile silenzio del distacco altrui. Ma miei occhi, io li tengo aperti.

Amica mia, tu sarai pure felice così, ma io non ci sto proprio. Perché mai sfregare pavimenti, mimetizzandosi con il loro colore fino a che gli altri non ti distinguono più dal pavimento stesso? Per il gusto di farsi pulire i piedi addosso? Io no, non ci tengo, grazie. Preferisco chiudere gli occhi e intanto augurarmi con tutto il mio essere che qualcuno si decida a concedermi la fortuna che è capitata a Rip Van Winkle. Quella di svegliarmi con una vita da ricominciare, con una mano di carte diverse, con la possibilità di vincere il piatto, questa volta. Le capacità le ho tutte; mi basta solo un’altra occasione.

Felice, io? Non direi proprio. O pensi forse che mi diverta a vedere come gli occhi degli altri si posano sempre sul pavimento che ho appena sfregato, ignorando completamente una donna coperta di cenere che se ne sta ancora lì, con lo straccio in mano? No, non sono felice. È solo che non mi va di chiudere gli occhi. E lo sai perché? Perché una volta l’ho fatto. E tutto d’un tratto non ero più immersa nella cenere, ma nella luce di mille scintillii di stelle, tra le braccia di colui che credevo mi vedesse davvero. Ma quando ho aperto gli occhi, ho capito. Ho capito che i suoi occhi, pur rivolti verso di me, guardavano oltre e che, anche in mezzo a tutto quel brillare, io ero invisibile come sempre. E allora sono fuggita.

Ma per me sarà diverso. Vedi, io non cerco sogni, cerco il sonno. Io non voglio chiudere gli occhi per vivere, li voglio chiudere per mandare avanti rapidamente il nastro di un’esistenza che mi lacera dentro, infettandomi i visceri con il suo pugnale arrugginito. Non m’importa se mentre dormo non sognerò nulla. I sogni li lascio agli altri. Sono un tipo che non ama costruire castelli in aria, ghirigori di zucchero caramellato fragili come l’anima che li crea. No, grazie. A me interessa solo rimettermi in viaggio. Ho perso il treno una volta; ora, pagando il biglietto, sono qui che aspetto di prenderne un altro.

E pensi davvero che ti daranno un’altra occasione? Voglio dire, pensi davvero che potrai ricominciare daccapo, in una situazione totalmente nuova dove finalmente tirerai fuori tutti i tuoi talenti, il tuo servizio buono, il vestito della festa? Io invece credo che riaprirai gli occhi su un mondo che sarà tristemente uguale a quello che hai lasciato abbandonandoti al tuo sonno. Come per me, anche per te la mezzanotte segnerà il vero risveglio e allora ti accorgerai che il prezzo del biglietto per una nuova vita tu l’hai pagato troppo caro. Quindi no, io non voglio chiudere gli occhi. Preferisco l’immobilità annichilente della mia cenere al risplendere di stelle ingannatrici.

È vero, il biglietto che sono disposto a pagare costa caro. Cedo anni della mia vita, di questa vita, per poter vivere sul serio, anche se magari solo per quella manciata di tempo che mi rimarrà. Cara amica, partendo dalla stessa origine, io e te abbiamo preso direzioni diverse. È davvero curioso che ci siamo incontrati qui, in questa stazione di passaggio. Buon viaggio.

© Ilaria Dal Brun





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