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IL PIACERE, GENESI DI UN ROMANZO
di Marco R. Capelli


D'Annunzio voleva scrivere un romanzo. Questo lo sappiamo. Del resto aveva lo stile, la tecnica e l'esperienza ( maturate con la stesura delle novelle raccolte in Terra Vergine (1882) e Il Libro delle Vergini (1884)). Quello che gli mancava era pero' un soggetto che lo interessasse e che lo appassionasse. Lo trovo' quasi subito : se' stesso. Andrea Sperelli, raffinato e decadente protagonista del romanzo, e' infatti l'alter ego letterario dello scrittore: un Gabriele D'Annunzio rivisto, corretto ed adattato ai canoni estetici del decadentismo.
Molti i paralleli: l'ambiente in cui Sperelli si muove e' quella stessa societa' elegante di inizio secolo di cui anche D'Annunzio faceva parte e gli avvenimenti, le passioni e gli interessi di quel mondo sono trasferiti nelle pagine del libro.
Non e' un caso che la storia d'amore tra Andrea Sperelli ed Elena Muti si svolga tra Novembre e Marzo 1885, proprio quanto era durata l'intensa
passione di Gabriele per Olga Ossani (l'episodio d'addio tra i due è riproposto, in forma romanzata, nel primo capitolo de Il Piacere ).
Ancora, parzialmente autobiografica e' pure la condizione dell'uomo diviso tra due donne: D'Annunzio, infatti, dopo essersi dimesso dal compito di cronista della "Tribuna" per potersi dedicare interamente alla scrittura, incontro' Barbara Leoni ( Aprile 1887 ) e se ne innamoro' profondamente. Parte delle esperienze vissute con l'amante vengono riproposte nel romanzo, cosi' come interi passi delle lettere a lei scritte.

Quando, nel 1888, D'Annunzio si recò presso l'amico Francesco Paolo Michetti, per dedicarsi alla stesura finale del romanzo, la trama era ormai completamente definita. Nel gennaio dell'89 avviò le trattative con l'editore Treves per raggiungere accordi finanziari; il 1° febbraio gli inviò il manoscritto e sollecitò gli amici a tener desta l'attenzione del pubblico scrivendo di lui sui giornali. D'Annunzio fu sempre un buon venditore di se' stesso ed il lancio de Il piacere venne preparato con scrupolosa attenzione. Il ritardo della casa editrice indispettì l'autore, ma il 13 maggio 1889 il romanzo era finalmente in libreria e, come programato, riscosse subito un grande successo tanto da dover essere ristampato quattro volte in quello stesso anno.
Uscì soltanto qualche mese dopo "Mastro Don Gesualdo" di Verga ma, mentre quest'ultimo stava concludendo una stagione, "Il Piacere" ne stava aprendo una nuova. (MRC)


A FRANCESCO PAOLO MICHETTI
Gabriele D'Annunzio
(Tratto dall'introduzione de "Il Piacere")

Questo libro, composto nella tua casa dall'ospite bene accetto, viene a te come un rendimento di grazie, come un ex-voto.
Nella stanchezza della lunga e grave fatica, la tua presenza m'era fortificante e consolante come il mare. Nei disgusti che seguivano il doloroso e capzioso artifizio dello stile, la limpida semplicità del tuo ragionamento m'era esempio ed emendazione. Ne' dubbii che seguivano lo sforzo dell'analisi, non di rado una tua sentenza profonda m'era di lume.
A te che studii tutte le forme e tutte le mutazioni dello spirito come studii tutte le forme e tutte le mutazioni delle cose, a te che intendi le leggi per cui si svolge l'interior vita dell'uomo come intendi le leggi del disegno e del colore, a te che sei tanto acuto conoscitor di anime quanto grande artefice di pittura io debbo l'esercizio e lo sviluppo della più nobile tra le facoltà dell'intelletto: debbo l'abitudine dell'osservazione e debbo, in ispecie, il metodo. Io sono ora, come te, convinto che c'è per noi un solo oggetto di studii: la Vita. Siamo, in verità, assai lontani dal tempo in cui, mentre tu nella Galleria Sciarra eri intento a penetrare i segreti del Vinci e del Tiziano, io ti rivolgeva

un saluto di rime sospiranti
all'Ideale che non ha tramonti,
alla Bellezza che non sa dolori!

Ben, però, un vóto di quel tempo s'è compiuto. Siam tornati insieme alla dolce patria, alla tua " vasta casa ". Non gli arazzi medìcei pendono alle pareti, né convengono dame ai nostri decameroni, né i coppieri e i levrieri di Paolo Veronese girano intorno alle mense, né i frutti soprannaturali empiono i vasellami che Galeazzo Maria Sforza ordinò a Maffeo di Clivate. Il nostro desiderio è men superbo: e il nostro vivere è più primitivo, forse anche più omerico e più eroico se valgono i pasti lungo il risonante mare, degni d'Ajace, che interrompono i digiuni laboriosi.
Sorrido quando penso che questo libro, nel quale io studio, non senza tristezza, tanta corruzione e tanta depravazione e tanta sottilità e falsità e crudeltà vane, è stato scritto in mezzo alla semplice e serena pace della tua casa, fra gli ultimi stornelli della messe e le prime pastorali della neve, mentre insieme con le mie pagine cresceva la cara vita del tuo figliuolo.
Certo, se nel mio libro è qualche pietà umana e qualche bontà, rendo mercede al tuo figliuolo. Nessuna cosa intenerisce e solleva quanto lo spettacolo d'una vita che si schiude. Perfino lo spettacolo dell'aurora cede a quella meraviglia.
Ecco, dunque, il volume. Se, leggendolo, l'occhio ti corra più oltre e veda tu Giorgio porgerti le mani e dal tondo viso riderti, come nella divina strofe di Catullo, semihiante labello, interrompi la lettura. E le piccole calcagna rosee, dinanzi a te, premano le pagine dov'è prappresentata tutta la miseria del Piacere; e quel premere inconsapevole sia simbolo e augurio.

Ave, Giorgio. Amico e maestro, gran mercé.
Dal convento: secondo Carmine, 1889.
G. d'A.


Il Piacere, in formato E-book puo' essere scaricato ( gratuitamente ) dal sito :
https://www.romanzieri.com/

 

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