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Baricco e la crisi della repubblica delle lettere in Italia
di Marco Montanari
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A dicembre l’evento del mondo letterario italiano, la strenna natalizia più ghiotta, era lui: Baricco e il suo ultimo romanzo QUESTA STORIA. Era anche la sua prima uscita con una nuova casa editrice, la Fandango, di cui era anche diventato socio.
A marzo, di nuovo, Baricco è il tema del giorno, almeno nel settore della critica letteraria. Non per il successo di vendite ma per una sua circostanziata denuncia apparsa sul quotidiano la Repubblica: Citati e Ferroni vanno ad allusioni perché non hanno il coraggio di recensirmi, malgrado mi disprezzino. E giu` botte, verrebbe da aggiungere. Perché un articolo pubblicato sulla prima pagina del secondo giornale più venduto in Italia, quello più autenticamente “nazionale” non può che innescare polemiche a non finire. Oltretutto se a lanciarlo, lancia in resta, è un autore popolare contro il circolo accademico che non lo vuole riconoscerlo: tema popolare come pochi. E l’articolo, si sa, non è un dibattito, non lascia la possibilita` di una pronta risposta.
L’effetto infatti è stato notevole: per giorni e giorni non si è parlato che di questo, almeno tra chi si interessa di queste cose e legge le pagine di cultura. In tanti hanno espresso la propria opinione sui blog, diversi giornali hanno ripreso l’argomento col parere di un proprio critico. Perfino la Repubblica non ha trovato di meglio che far esprimere sul tema una delle sue firme più prestigiose per allunare il brodo.
Un risultato eccezionale vista l’evoluzione reale della polemica innestata da Baricco. Il giorno dopo il “fattaccio”, infatti, lo stesso Ferroni aveva risposto a tono, con un suo articolo in prima pagina sulla Repubblica. E il critico scriveva: guarda che ho recensito il tuo libro alla sua uscita, di che parli?
E infatti Baricco non ha più detto niente sull’argomento, lasciando parlare gli altri. Neanche ci ha pensato a chiedere scusa.
La cosa che lascia pensare è il fatto che entrambi i protagonisti di questa storia hanno attaccato l’altro accusandolo di non averlo letto. Il che, per persone per cui leggere e scrivere sono tutto, non è un’accusa da poco. Ed è la spia dell’unico dato interessante di questa polemica sterile: la presa d’atto della scomparsa di una qualsivoglia repubblica letteraria in Italia. Cosa avvenuta prima allegoricamente, con la diffusione del mito negativo del “salotto letterario” indicato come un covo quasi mafioso con cui si facevano e disfacevano scrittori vari. Poi economicamente, con la scomparsa dell’editore “puro” e la trasformazione del libro in un prodotto commerciale da vendere esattamente come tutta l’altra merce (come ha dimostrato anche il passaggio del direttore del settore vendite della Esselunga allo stesso ruolo all’interno del gruppo Feltrinelli). E, soprattutto, con la scomparsa di un qualsivoglia spazio di confronto pubblico condiviso, come poteva essere una rivista letteraria qualche decennio or sono.
L’ultimo punto è forse il più rappresentativo dello stato della repubblica delle lettere. Infatti chi scrive lo fa per comunicare e, quindi, il fatto che il gruppo degli scrittore italiani non sia in grado di avere dei mezzi di comunicazione di riferimento è una cosa notevole.
Certo, andando all’indietro coi tempi si vede che, una volta, bastavano i caffè letterari. Gli stessi che ancora si possono ritrovare in tutte le città italiana (un esempio è il Giube Rosse di Firenze). L’unico problema è che gli scrittori italiani sono ormai sparsi per la penisola e mancano di un centro aggregativi reale. E allora i caffè rimangono importanti come punti d’incontro locale e poco più. Come le librerie, del resto. Che, non a caso, spesso si re-inventano anche caffè letterario.
I giornali e le riviste dovrebbero essere i mass media d’elezione di questa fantomatica repubblica delle lettere. Non a caso anche la polemica di Baricco è nata dalle pagine del giornale e dopo la lettura di altri giornali. Purtroppo, tranne poche eccezioni, le pagine culturali dei quotidiani sono tutto tranne che un punto di contatto di questa repubblica. Le critiche possibili sono tante, ma le principali sono che ci scrivono sempre gli stessi nomi (come Baricco, per esempio) e che si parla quasi sempre delle pubblicazioni delle case editrici principali (ma guarda caso…). Ci sono le riviste, è vero. Purtroppo, nel complesso, sono o troppo generaliste (penso ai vari Espresso), o troppo locali (penso a un Terza Pagina) o, infine, maldistribuite (ad esempio Inchiostro). Non sempre è così, per fortuna, ma anche in quesi fortunati casi (penso a Giudizio Universale, a Il diario della settimana e a L’Indice dei libri) capita spesso di incontrare scrittori che non sanno neanche che roba siano. Come Barricco, che forse non ha mai letto Giudizio Universale e non sapeva neanche della sua esistenza fino all’articolo di risposta di Ferroni (sempre che poi sia andato a cercarsi l’arretrato).
Internet ha dato una soluzione drastica a questo problema: ha riabilitato il mestiere di scrivere, ha definitivamente distrutto ogni possibile parvenza di repubblica delle lettere sostituendola conun’anarchia virtuale e, soprattutto, ha dato la voce ai lettori. Regalando così l’illusione di aver dato il via ad un’era in cui il contatto tra autore e lettore è diretto e spontaneo, non più mediato dal critico o dalla casa editrice: insomma, la democrazia assoluta nella repubblica delle lettere, a morte l’oligarchia dei critici!
Un esempio valido in questo senso riguarda proprio il delicato tema delle recensioni. Basta andare sul sito www.ibs.it e cercare QUESTA STORIA di Baricco per trovare delle recensioni spontanee e veraci. Ad oggi ci sono 123 commenti volontari di lettori qualunque. Il loro giudizio, a volte lapidario e volte un poco più approfondito, positivo o negativo che sia, dovrebbe valere mille recensioni di Ferroni perché sono critiche passionali. E leggere non è altro che passione.
Anche se, purtroppo, osservando il grafico delle vendite si nota come, spesso, una recensione di Ferroni vale ancora moltissimo. Addirittura si era calcolato che una sola apparizione nelle pagine di cultura di un quotidiano come Repubblica valeva qualche migliaia di copie vendute in più. Questo testimonia il limite più grande di internet, quello di creare un mondo virtuale in grado di autoalimentarsi indipendentemente dalla realtà: come ha dimostrato proprio la polemica Baricco-Ferroni che ha continuato su internet incurante di quello che si dicevano i due.
Insomma, internet fa girare le idee, i giornali fanno vendere. I commenti dei lettori sui forum sono letti da altri lettori, quindi non fanno aumentare il successo del libro. Al contrario, una recensione di un qualche critico su un quotidiano è letta da cani e gatti e rende un relativo best seller il titolo di cui tratta. E forse anche per questo Baricco si è lamentato con Ferroni…
Le fonti di questa polemica raggiungibili attraverso internet:
L’articolo iniziale di Baricco (Repubblica del 1 marzo 2006) );
la risposta di Ferroni (Repubblica del 2 marzo 2006); Il commento di Berselli (Repubblica del 3 marzo 2006);
Commenti vari sulla rete: https://www.ilprimoamore.com/testo_75.html e Vibrisse;
Le due puntate dedicate al tema di Fahrenait con la partecipazione, tra gli altri, del direttore di Giudizio Universale (https://www.radio.rai.it/radio3/fahrenheit/mostra_evento.cfm?Q_EV_ID=166216 e https://www.radio.rai.it/radio3/fahrenheit/mostra_evento.cfm?Q_EV_ID=166071 ).
>>QUESTA STORIA recensione a cura di
A cura di Marco Montanari
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