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Basta Domandare
di Marco Montanari
Pubblicato su PBSR2006
Anno
2004-
Sovera Editore
Prezzo €
7-
62pp.
ollana La scaletta di Caronte ISBN
9788881244492
Una recensione di
Salvo Ferlazzo
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79.97%
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Come in uno specchio logoro dal tempo, che rimanda immagini strappate alla realtà, i personaggi del libro di Montanari si muovono dentro un arco temporale che ne modifica i contorni, dissolvendo persino l'elemento significante di ognuno di loro. La rappresentazione dell'assurdo così sapientemente descritta attraverso i personaggi di Montanari, ci mostra il volto di un dio lucreziano, una divinità criminale che schiaccia l'uomo e lo nega, in una scansione storicistica che materializza mostri dall'esasperato individualismo. Nonostante il continuo pungolo di Caterina, sia Alfredo che Bruno non sembrano cogliere l'invito a far meglio. Il loro meglio procede con un'andatura zoppicante, per realizzare azioni individuali di minimo spessore. C'è una costante attenuazione dei propri compiti che trovano, solo per un attimo, una variazione più tonica nell'imminenza dell'intervista. Montanari coglie gli aspetti più centrali di una serie di fatti che si legano gli uni agli altri, in una sequenza spazio-temporale che legittima più di una domanda. Si sperimenta, così, la costante seduzione di una voglia di riscatto, attenuata nei contenuti, quanto velleitaria negli intenti. I dialoghi sempre fedeli ai personaggi, si snodano lungo una scala diacronica che impedisce persino alla cronaca giornaliera, quella minuta, di entrare quasi con violenza in quel mondo di tutti i giorni, incapace di stabilire una relazione fra realtà e finzione. Alfredo scopre da dietro la sua sghemba cecità , che il mondo, fuori,è probabilmente soltanto dolore, inganno, intriso di un potere misterioso e irresistibile come una forza della natura, o come la stessa vita. L'evocazione di una quotidiana monotona integrità, regnante in un periodo di particolare delicatezza, dove gli equilibri socio-politici sono sul punto di implodere, diventa valore-base, nonché accettazione di traguardi minimi che rispettano questa integrità. A differenza de l'Homme rèvolté di Camus, dal quale traspare la richiesta di una maggiore consapevolezza da parte dell'uomo di mettere da parte la propria angoscia di fronte al destino, ed assumere piena coscienza della sua situazione reale, sperando di avere fiducia nel futuro e nell'uomo stesso, dal libro di Montanari viene fuori un quadro allegorico dove i personaggi si incontrano per dare vita ad una richiesta risarcitoria, che stuzzica piacevolmente il futuro di Bruno e Caterina, abilmente nascosti dietro la maschera di possibili beneficati, mentre assolve il passato di Alfredo con il riconoscimento della presunta invalidità. La misura della loro complicità viene fornita dall'apparente, mistificante lettura di un " falso" giornale che da " false" notizie, frammentando la realtà attraverso un metalinguaggio, volto più alla teorizzazione di ciò che è " male", piuttosto che alla ricerca concreta di soluzioni adeguate che smontino il concetto di torpida acquiescenza, di inutilità della lotta contro il dolore e contro l'ingiustizia. L'ignobile atteggiamento di Alfredo nel dichiararsi appartenente, in passato, ad un servizio segreto parallelo a quello ufficiale, sfocia in un gesto meschino, beffardo: colui che teneva sotto al suo comando coorti di piccoli uomini obbedienti, togliendosi gli occhiali da "cieco" mostra un aspetto della sua personalità obliqua, intrisa di codardia, perché impossibilitata a comprendere, ad ascoltare. La forza del racconto di Montanari sta proprio nel denunciare, con onestà intellettuale, l'assenza di qualsiasi etica nel comportamento dei personaggi principali: Alfredo, Bruno, Caterina e Daniela, in seconda battuta.. La "A" di Alfredo, e a seguire la "B" di Bruno, la "C" di Caterina, la "D" di Daniela, rappresentano una sorta di grammatica della creazione, calata in una cosmogonia intraducibile. Una lettura al contrario, detronizza un uomo compiaciuto dei suoi ricordi, che tenta di conservare un brandello di dignità appoggiandosi a Bruno, sul quale sa di poter sempre contare. Impudica complicità, smascherata tardivamente dalle impennate di Caterina, a cui non fanno seguito obiezioni e comportamenti positivi, per una riscoperta della propria storia, in un sussulto d'orgoglio, razionale e fondante. Montanari spinge i suoi personaggi fuori dalla tranquillizzante ghettizzazione esistenziale, invitandoli ad assaporare il rifiuto di una morte sociale inevitabile. L'impianto pedagogico dell'autore, intende scardinare, pertanto, quelle false rappresentazioni di una società dove "la polizia arriva sempre in ritardo", le cose " è così che debbono andare", per ridare smalto e spessore a quelle "pratiche quotidiane" che tendono al ri-acquisto di una "prassi" sistemica, come risposta ad un fatalismo sempre provvisorio, e mai creativo.
Una recensione di Salvo Ferlazzo
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