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PB Intervista:
Luca Briasco, direttore editoriale di FANUCCI

a cura di Carlo Santulli e Marco R. Capelli


E’ con grande piacere che presentiamo ai nostri lettori questa intervista, cortesemente concessaci da Luca Briasco, direttore editoriale della casa editrice Fanucci, storico baluardo del fantastico e della fantascienza sulla scena letteraria italiana. Leggetela con attenzione, forse a dirlo sembreremo parziali... ma è davvero molto interessante!


Nella storia della vostra editrice siete sempre stati attenti, oltre che ai generi, anche alla "contaminazione" tra vari generi, al punto da avere una collana, AvantPop, dedicata proprio alla letteratura di confine tra un genere e l'altro. Come vedete il futuro della lettura: ci saranno più lettori di genere, oppure la tendenza è verso il lettore "onnivoro"?

Va fatta prima di tutto una distinzione tra generi letterari: la fantascienza è in crisi di lettori (e anche di idee), mentre impazza il genere giallo (definito, in modo onnicomprensivo e spesso improprio, noir) e anche il fantasy, finita la sbornia di Tolkien, sembra godere di buona salute. Il punto mi sembra piuttosto che certe tematiche e strutture di genere hanno invaso la letteratura mainstream, dove sono utilizzate in modo sempre più consapevole, e che ciò facilita senza ombra di dubbio una tendenza verso modelli di lettura "onnivori".

In quasi trentacinque anni di storia, avrete visto cambiare la fantascienza: quali sono gli elementi più significativi, secondo voi, che differenziano la fantascienza anni '70 da quella di oggi?

Come ho già accennato nella mia prima risposta, a noi sembra che la fantascienza abbia perso molto del suo slancio. E lo ha perso perché non riesce più a essere narrativa di anticipazione e di speculazione, perché tenta vanamente di reggere il confronto con il cinema, dove l'innovazione è tutta giocata sull'immagine, la fotografia, gli effetti speciali, e la trama spesso tende a divenire un pretesto (tra l'altro, quasi tutte le trame dei film di fantascienza degli ultimi anni sono sostanzialmente "gialle"). Non so se esista un margine per il rilancio della fantascienza. A me sembra che i giovani autori più vitali e più consapevoli del loro mestiere tendono a scrivere romanzi nei quali, anziché speculare su possibili mondi futuri e giocare tutte le proprie carte sull'anticipazione, viene stabilito un nuovo patto con il lettore, che deve accettare di venire proiettato in un mondo privo di legami diretti e cronologici con il nostro presente. Un mondo che appartiene in tutto e per tutto alla dimensione dell'immaginario, e che proprio per questo - e per via essenzialmente metaforica - può dirci molte cose sul nostro presente.
A questo proposito, vorrei soffermarmi brevemente sulla distinzione tra fantascienza e fantasy. Tradizionalmente, alla fantascienza si associa il concetto di anticipazione, di discorso sul futuro, sviluppato sovente a partire da elementi scientifici: al fantasy la magia, il medievalismo, l'invenzione di mondi che guardano al passato e alla mitologia e che tendono a svincolarsi da qualsivoglia rapporto - anche metaforico e indiretto - con la realtà. Mi sembra che quella che definirei come "nuova letteratura fantastica", o dell'immaginario (e che include al suo interno autori come Neil Gaiman e China Miéville) tenta di operare una mediazione tra i due generi, usandoli uno contro l'altro: reclamando cioè al tempo stesso la forza speculativa della fantascienza come riflessione indiretta sul nostro presente e la libertà inventiva del fantasy. Forse il futuro del genere sta proprio in questi autori, e nei loro mondi.

Nonostante ci siano sempre più donne che scrivono, anche professionalmente, la fantascienza sembra rimasta un genere "maschile". Siete d'accordo con questa diagnosi, ed avete una spiegazione per questo?

Credo che il fenomeno abbia a che fare "storicamente" con il côté scientifico del genere, tradizionalmente associato a interessi e professionalità più maschili che non femminili. Non è un caso, infatti, che la diagnosi non si applichi al fantasy, dove c'è una notevole e qualificata presenza femminile (e la stessa Ursula LeGuin ha scritto molto fantasy). E per analoghe ragioni, la nuova letteratura fantastica ha una presenza femminile più forte rispetto al passato, con autrici di grande talento come Kelly Link o l'australiana K.J. Bishop, di cui pubblicheremo il romanzo d'esordio, The Etched City, il prossimo luglio.

Seguite con interesse la letteratura su Internet, per esempio quella che esce nelle E-zine? Pensate che potrebbe accadervi di trovare un nuovo talento tra gli scrittori dilettanti "in rete", o avete un qualche scetticismo verso questa possibilità?

Nessun preconcetto: solo la consapevolezza che, per strutture a dir poco "snelle" come quelle di un piccolo editore, seguire la produzione narrativa su Internet è un onere spesso proibitivo.

La maggior parte degli inediti che considerate vi giungono attraverso agenzie letterarie. Se doveste dare qualche consiglio ad uno scrittore esordiente (o ad un suo agente) sugli errori da evitare per non essere cestinati, cosa suggerireste?

Un solo suggerimento: nello scegliere i potenziali destinatari di un manoscritto, evitare i criteri a pioggia per cui lo si manda a tutti e a nessuno. E studiarsi bene cataloghi e linee delle case editrici, per verificare in anticipo le possibilità che un certo prodotto possa essere considerato interessante. I migliori agenti lo fanno sistematicamente, ma è difficile immaginare quante volte veniamo contattati da aspiranti autori che, a semplici domande, dimostrano di non sapere nulla del catalogo e di non aver letto neppure un libro da noi pubblicato!

Fino a qualche tempo fa c'erano veramente pochi scrittori italiani di valore che si dedicassero alla narrativa "fantastica" (in senso lato). Adesso sembra che le cose stiano un po' cambiando. Chi sono, secondo lei, in questo momento i migliori autori italiani di fantascienza? Avete in programma di pubblicare a breve romanzi di scrittori italiani?

Non sono molto d'accordo su questa moltiplicazione di autori di valore. A me sembra che, con la parziale eccezione di Luca Masali, quello di Valerio Evangelisti tende a rimanere un caso isolato. E del resto, lo stesso Evangelisti (non a caso, io credo) si sta progressivamente allontanando dalla letteratura fantastica e si sta avvicinando piuttosto a moduli narrativi più riconducibili al "nero".

Qualche anno fa la Newton & Compton, con la collana "Il fantastico economico classico" ha compiuto un'interessante operazione di riscoperta e ripresentazione di autori semidimenticati. Certo le edizioni non erano particolarmente curate (ma si salvavano, se non altro, per il contributo dei responsabili della collana, gli inossidabili Pilo e Fusco) però i testi proposti erano, se non proprio tutti di elevata qualità, certamente interessanti e rari. La N&C ha interrotto la pubblicazione dopo poche uscite, eppure ci sono ancora moltissimi autori di racconti e romanzi fantastici del primo novecento che restano inediti, in tutto o in parte, in Italia. Avete mai pensato alla possibilità di inaugurare una collana economica dedicata proprio alla ripubblicazione di quest'enorme patrimonio narrativo? La Fanucci avrebbe certamente titolo e tradizione per un'operazione di questo tipo!

Non solo ci abbiamo pensato, ma lo stiamo già facendo! Lo scorso maggio abbiamo inaugurato, all'interno della linea tascabile, una mini-collana di classici della letteratura fantastica. Oltre a riproporre testi noti come Frankenstein e Carmilla, abbiamo rilanciato con buon successo una grande autore dimenticato come Machen, di cui abbiamo ripubblicato I tre impostori e Il gran dio Pan. Abbiamo celebrato il centenario di Verne riproponendo un testo tanto interessante quanto trascurato come I cinquecento milioni della Bégum. E a luglio proseguiremo con il primo volume dei racconti completi di Ambrose Bierce e con il primo volume de Il pozzo alla fine del mondo, di William Morris, antesignano del fantasy più colto e raffinato.

Nel vostro vastissimo catalogo, ci sono autori come Philip K. Dick, Zelazny, Michael Moorcock e Jack Vance, solo per citarne alcuni. C'è uno scrittore del quale andate particolarmente...fieri? Qualche rimpianto per un autore che vi è "sfuggito"?

Sembra quasi ovvio rispondere Philip K. Dick: non solo perché si tratta di un vero e proprio classico del novecento, che finalmente sta ottenendo il riconoscimento che gli spetta di diritto, ma anche perché, proponendolo al lettore italiano in toto, attraverso edizioni critiche curate da un accademico di valore assoluto come Carlo Pagetti e in nuove traduzioni, abbiamo ottenuto un grande salto di qualità nella percezione esterna del nostro lavoro editoriale. Certo, molta strada resta ancora da fare, ma ci sembra sempre più diffuso un atteggiamento verso la Fanucci che tende a vederla come casa editrice di qualità e di progetto.
Quanto ai rimpianti, uno su tutti: Jonathan Lethem, che abbiamo "mancato" per un soffio e che, dei tanti autori americani pubblicati in Italia, sentiamo particolarmente vicino per tematiche e uso delle forme narrative.

Qualche anticipazione (in quasi-esclusiva) sui programmi futuri della Vostra casa editrice?

A febbraio, con la pubblicazione di Ombre senza nome del messicano Ignacio Padilla, abbiamo inaugurato una nuova collana, la 'Collezione narrativa', che speriamo segni in modo inequivocabile quella vocazione verso una letteratura per lettori onnivori che la Fanucci ha cominciato a coltivare fin dai tempi della collana AvantPop. Il nostro impegno in questa direzione ci porterà già quest'anno a pubblicare qualcosa come dieci titoli, che diventeranno almeno quindici il prossimo anno. Con nomi già presenti nel nostro catalogo AvantPop (Vollmann, Ruff, Powers, Millhauser) ma anche con autori nuovi e, da ottobre, con autori italiani.

Mille grazie per la sua cortesia e per averci dedicato un po' del suo tempo! C'è qualche "consiglio di lettura" che vuol dare ai nostri lettori prima di salutarci?

Due consigli: La casa delle anime, di quel Matt Ruff che considero uno dei talenti più grandi espressi dal romanzo americano negli ultimi anni, e Dhalgren, di Samuel Delany, per riscoprire (o scoprire per la prima volta) cosa era in grado di produrre la miglior fantascienza degli anni settanta. E magari per accorgersi di quanto quella fantascienza sia presente nei migliori romanzi americani d'oggi, da Wallace a Lethem.

Per gentile concessione di Luca Briasco


DA LEGGERE (SUL SITO):

>>LE CASE EDITRICI: FANUCCI

 

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