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I colori del pomeriggio assolato gocciolano pigramente attraverso le tapparelle socchiuse e nella penombra ovattata che ammanta la stanza il cd gira nel lettore riversando le note struggenti e malinconiche dei Rolling Stones: Oh Angie, Oh Angie, when will those dark clouds disappear. (Oh Angie, Oh Angie, quando scompariranno quelle nuvole scure?) Angie, Angie, where will it lead us from here. (Angie, Angie, dove ci condurrà il destino da qui?) Mi abbandono sul vecchio divano che ormai ha assunto la forma del mio corpo e seguo con svogliato interesse le evoluzioni acrobatiche di una mosca che svolazza instancabile su e giù per la stanza finché annoiata da tutta quell’immobilità che la circonda si posa sulla tenda, l’unico oggetto animato della stanza. La stoffa leggera altalenando si gonfia e ritorna al suo posto secondo lo spirare di un impercettibile alito di brezza. But Angie, Angie, you can't say we never tried (Ma Angie, Angie non puoi dire che non ci abbiamo mai provato), le parole risuonano nella stanza e si spengono frizzanti come bolle di sapone. La città, al di là delle imposte, si è svuotata per le ferie estive. Il cd con un clic sommesso termina la sua corsa e così mi ritrovo ad ascoltare con una sorta di estatica apprensione il silenzio che rimbomba dalle strade semivuote. Nella quiete surreale di un’interminabile domenica, con le membra intorpidite da una volontà anestetizzata, mi dibatto per evitare di incespicare nell’inestricabile matassa che hanno formato i miei pensieri aggrovigliati nella mente e di cui non voglio assolutamente trovare il bandolo. In quel galleggiamento artificiale mi sembra di percepire una presenza. I sensi allertati tornano subito vigili e sono colpiti da un piccolo fruscio, ora l’impressione è divenuta certezza. «Ciao» ti dico senza voltarmi, «non ti aspettavo». Ostentando un tono di falsa condiscendenza, aggiungo: «dimentico sempre di averti dato le chiavi e poi, lo so, non ricordarmelo, tu non hai bisogno di chiedere il permesso per entrare…». Angie, I still love you, remember all those nights we cried (Angie, io ti amo ancora, ricorda tutte quelle notti in cui abbiamo pianto) mi canta la mente. Mi strizzi un occhio e con lentezza esasperante la punta della tua lingua scorre sulle tue labbra. Vuoi provocarmi, ma ormai ti conosco e non cedo più alle tue lusinghe. «La tua assenza questa volta è stata più lunga del solito» ti apostrofo sprezzante «ma non ho sentito la tua mancanza e come puoi vedere sono ancora qui a sopravvivere a me stesso». Mi immagino con chiarezza i nervi del tuo collo lungo e sottile che si tendono per replicare, ma non te ne lascio il tempo: «Taci! Non dire nulla» grido alla numerose immagini di te riflesse dalle cornici specchiate dei quadri sopra il divano. «Non sono ancora pronto ad ascoltare il suono della tua voce. Essa inevitabilmente, scioglierebbe i ricordi che sono già qui, baluginanti nella mia testa», ti dico picchiandomi le tempie «non attendono che un tuo segnale per avvolgermi nelle loro adescanti spire e trascinarmi nel tuo mondo apparente… Ma, forse, è gia tardi! Li sento avanzare come antica marea. Invadermi la mente e frastagliarsi in mille sensazioni pulsanti ed in infinite tonalità di colore, ustionarmi la pelle come piccole scintille di braci ardenti». Con gli occhi socchiusi ripercorro la lunga striscia bianca e polverosa di una strada di campagna e rivedo il suo seno sodo fasciato dalla leggera maglietta di cotone che si solleva al respiro affannato della corsa e i lunghi capelli biondi che si confondono con l’oro delle messi mature. Ritrovo nelle morbide ciglia appena dischiuse il riflesso di due lagune incantate che, increspate dal vento vorticoso della gioventù, lambiscono i contorni del mio cuore. Vedo ancora impresse sulla spiaggia del mio desiderio le delicate impronte della sua acerba femminilità e risento il contatto della sua pelle di seta che come una preziosa essenza odorosa si espande, avvolgendomi le membra ed annebbiandomi i sensi mentre tutto diventa passione. Spossato, ripenso alle piccole gocce di sudore che scivolano fuggevoli sul suo corpo come bagliori di stelle cadenti. …Angie, you're beautiful, but ain't it time we said goodbye (Angie, sei bella, ma non fu quello il momento in cui ci dicemmo addio?)… A fatica mi rimetto seduto e prendendomi la testa tra le mani mi tappo le orecchie per non udire il calpestio affrettato dei nostri passi che si separano. Ognuno percorrerà per suo conto il cammino indicatogli dal destino. «Non prendermi in giro» ti imploro, «lo sai bene anche tu che non sarebbe servito a nulla rimanere mano nella mano. Eri con me mentre il suo viso radioso sbiadiva, confuso nella miriade di volti incrociati per strada. Quando il suo sorriso argentino svaniva, trascinato lontano dallo scorrere impetuoso del tempo. Non ci sarebbero più state labbra arrossate dalla foga di un bacio rubato, né più tempo per fugaci carezze… ed era già tardi per sussurrarle ti amo» Tu non mi ascolti ed inesorabile, a passi felpati mi giungi alle spalle ed io trattenendo il fiato, attendo impaziente di sentire le tue mani impossessarsi del mio corpo. «Vieni distenditi su di me» ti chiedo impaziente, «sei il rimpianto del passato, di ore lontane, di una vita diversa, di un sogno mai vissuto. Non ti ho cercata, ma ora che sei qui non intendo rinunciare a te, alla tua presenza indiscreta e importante». …But Angie, I still love you, Baby, ev'rywhere I look I see your eyes. There ain't a woman that comes close to you (Ma Angie, io ti amo ancora, piccola, dovunque guardo vedo i tuoi occhi. Non esiste donna che si avvicini a te)… Tu, la solitudine, sei un’amante generosa. Ti apri a me e concedendoti tutta mi catturi nella malia del tuo caduco abbraccio. Il tuo alito odoroso mi avvolge nella carezza di antiche illusioni, nella dolcezza dei sogni perduti, nella tenerezza di sopiti sentimenti. Vorrei giurarti fedeltà eterna, ma dalle labbra socchiuse non si affaccia alcuna parola solo gemiti silenziosi squassano il mio petto mentre amare lacrime di malinconico rimpianto graffiano le mie guance e le braccia si tendono per stringere l’aria ormai rappresa e pesante della tarda serata di una solitaria domenica estiva.
©
Cinzia Baldini
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