Racchiusa da qualche parte in fondo al mio cuore c’è la speranza che forse qualcosa possa cambiare, ma la ragione mi suggerisce di non crederci.
Dare retta al cuore significa sacrificare l’equilibrio interiore che con tanta fatica ho ricostruito, assecondare la ragione mi porterebbe, poi, a fare i conti con i sensi di colpa… Non so cosa fare.
Mi hai chiesto di incontrarci. Non ne ho voglia. Non ho più intenzione di soffrire per te.
E’ questa la rotta che ho imposto alla mia vita e non ne modificherò le coordinate, non per te almeno.
-Dammi un’ultima opportunità- mi hai pregata.
«L’incontro non sarà un’ulteriore opportunità che avrai» ti ho precisato al telefono. «Non illuderti, il tempo è scaduto, non ti permetterò di tornare» ho aggiunto per essere ancora più chiara, per non sentirti dire di avermi fraintesa.
…In fondo rivederti sarà come affrontare il temporale, mi incoraggio.
Ricordo che nella mattina della nostra vita c’era sempre il sole, poi nel pomeriggio il tempo era andato peggiorando fino a guastarsi del tutto, a divenire buio pesto.
Le raffiche di vento ci sbattevano in faccia una quotidianità logora e infelice che ci lasciava umiliati e annichiliti. La pioggia ci sferzava violenta inzuppandoci l’anima e i sentimenti.
Tu rimanevi acquattato al buio dietro i vetri della finestra a contemplare ciò che ci accadeva. Non riuscivo a penetrare i tuoi pensieri. Mal digerivi la fine del nostro rapporto, era uno smacco che ti avrebbe svilito come maschio. Per il tuo ego era una sconfitta inconcepibile, un’onta alla tua virilità.
La consapevolezza di non essere in grado di mutare gli eventi ti rendeva irascibile, cattivo. Pian piano, ti convincesti di essere la vittima e non il carnefice.
Io, senza reagire, accettavo tutto passivamente: gli epiteti irripetibili, le offese, gli insulti e, in un crescendo senza fine, le liti e le ripetute violenze. Pur temendo quel fronte tempestoso, in qualche modo ne subivo il fascino perverso.
Quando presi coscienza e decisi di andarmene, i tuoni si intensificarono. Brevi ed accecanti erano i lampi che illuminavano, impietosi, la mia partenza.
Per pietà, per affetto, per un atavico retaggio d’inferiorità o per espiare, forse, un distorto senso morale ho acconsentito alla tua richiesta di rivedermi, ed ora sei qui, di fronte a me.
«Per nessun essere umano è mai semplice crescere e per noi non c’è stata eccezione. Quando si è concluso il tempo dei giochi ci siamo ritrovati adulti senza nemmeno accorgercene» dico, scrutando “il re nudo” che ora appari ai miei occhi. «Da amici siamo diventati una coppia poi, due estranei che non condividevano più nulla se non recriminazioni e insoddisfazioni. Ora siamo un uomo e una donna che, ognuno per proprio conto, si faranno carico degli oneri e degli onori che la nuova vita ci proporrà. Per questo, non posso aiutarti ed anche se potessi non lo farei. Devi cercare in te le risorse necessarie per diventare un uomo. Se troverai il coraggio di riconoscere i tuoi limiti e mostrarti, senza vergogna, per ciò che realmente sei e non per come gli altri vorrebbero che fossi, sarai finalmente libero. In caso contrario rimarrai prigioniero dei preconcetti e delle paure che t’intorpidiscono la mente ed il cuore».
Ecco! Te l’ho detto!
In un fiato ti ho esposto il mio punto di vista ed ora sono serena. Ho fatto la mia scelta e sono determinata a portarla fino in fondo.
Sono finalmente libera da quel giogo psicologico di subordinazione che mi dilaniava interiormente e in pace con me stessa.
Ho ritrovato la mia indipendenza e il piacere di essere donna. Ho ridato dignità a quelle cose che, con le tue irrazionali convinzioni, avevi mortificato.
Non hai battuto ciglio.
Forse cominci a rassegnarti, a capire che non tornerò mai più sui miei passi.
Quando mi hai abbracciata pensavo volessi accomiatarti, invece…
Li ho sempre temuti i temporali. Fin da piccola.
E in questo che si stava abbattendo su di noi, non era più il bambino con gli occhioni sgranati e poi l’uomo con cui avevo condiviso gran parte della mia esistenza a tenermi le mani tra le sue e a rivolgermi parole rassicuranti. Ora, i ruoli si erano invertiti.
Non ti stavi rassegnando, invidiavi il mio coraggio.
A tuo modo di vedere, la mia emancipazione conclamava la tua condizione d’inferiorità. E questo, la tua arroganza, i tuoi pregiudizi, gli orpelli sociali in cui eri vissuto e dai quali mai ti eri liberato, non potevano permetterlo.
Sono sola ad affrontarti ed ho paura.
Lampi di ogni colore saettano davanti ai miei occhi mentre il mio corpo, madido di sudore freddo, vorrebbe sciogliersi, liquefarsi per sfuggire alla ferrea stretta delle tue dita intorno al mio collo.
Ed è il buio dell’eternità che raccoglie il mio rantolo sommesso: «Il temporale…»
In memoria di: Laura, Immacolata, Pamela, Gessica, Valentina, Michela, Stefania, Antonietta, Angela, Roberta… e di tutte le donne Vittime di femminicidio