Dunque, il cambio di prospettiva è ciò che in linea di massima concede una comprensione anche di fronte alle situazioni più intricate. Si tratta di volgere l'analisi di una questione in un modo che divenga più prossimo alla nostra comprensione dei dati. Si dice, in pratica, che guardando il tutto da un'altra angolazione, le cose assumano significati differenti. Quel che narra questa storia è, appunto, il percorso, di certo alternativo, del protagonista Stefano, nel bel mezzo di quella selva oscura che altro non è che la flora del suo terrazzo (costellazione di nanetti inclusa!). Trovando la porta d'accesso a questo nuovo mondo, Stefano decide di intraprendere una missione esplorativa. Rapportato in tempi e spazi, l'esperienza vissuta è fucina d'apprendimento, scoperta e, perché no, anche sfoggio di nozioni pratiche. Il nostro è attrezzato a puntino moralmente, con i giusti stimoli, e praticamente, con adeguati strumenti. La distanza, la differenza di vita, lo portano a riflessioni che dal quotidiano si irradiano su scala ai rapporti umani, con una sfumatura di giustizia sociale, a volte forse troppo marcata nella sua teoria pura, ben pedagogica per bambini e per adulti. Una giungla creativa in cui il nostro, con stupore e meraviglia, ritrova tra la vegetazione anche ricordi di viaggi, di volta in volta posti come oggetti d'arredo.
Premessa all'operazione di lettura: credere nelle favole. Con quell'innocenza puerile per cui nella sfera del possibile ci cascano anche tutte le cose improbabili, in linea teorica s'intende, come cambi di dimensioni, nanetti parlanti, creature tra il mistico e l'epico. E il rientro a casa che sempre, oltre alla gioia in sé stesso, è approccio diverso, dosato tra nostalgia e lezioni imparate, dictat per ogni esperienza profonda.