"Non fu colpa mia se, quel mattino, incontrai la bellezza..."
E' con questa frase, vaga e piena di pudore, che la scrittrice francese Marguerite Yourcenar rivela l'omosessualità di Alexis, il protagonista del suo romanzo d'esordio.
Perché sto parlando di Alexis?
Vorrei prendere a modello questo piccolo gioiello letterario della Yourcenar, per provare a ridisegnare i modi e la sensibilità con cui, nella letteratura moderna, ci è stato descritto l'amore omosessuale.
Chi l'ha fatto? Perché l'ha fatto? Come l'ha fatto?
Sono molteplici gli autori che hanno fatto innamorare i loro personaggi di persone dello stesso sesso, suscitando scandalo e scalpore: hanno così dovuto fare i conti con il costume, con la società, con la morale, per poter descrivere certi sentimenti.
Ma questi amori, queste passioni, questi complessi legami, non sempre vengono narrati allo stesso modo; hanno caratteristiche diverse, intensità diverse, modalità diverse.
E' impossibile non citare Oscar Wilde, che nel suo celebre "De Profundis" getta via le vesti dell'intellettuale trasgressivo, per indossare i panni più modesti di un uomo che, cambiato dal dolore, confessa all'amato amato Bosie (Alfred Douglas) il rancore celato da tempo.
La sua storia d'amore con Douglas non è mai raccontata esplicitamente, ma l'intensità delle parole di Wilde la lasciano intuire con facilità.
E' questo un amore difficile, controverso, vissuto, giunto perfino a condurre lo stesso Oscar Wilde alla rovina e alla prigione (il padre di Douglas lo aveva infatti fatto processare proprio per sodomia); ma non sempre nella letteratura è stato questo il tipo di amore omosessuale che è stato raccontato.
Un piccolo capolavoro dimenticato e poco conosciuto della letteratura inglese è "Olivia", solo di recente attribuito a Dorothy Strachey (probabilmente appartenente al Bloomsbury Group): sono solo un centinaio di pagine, che con delicatezza, ci regalano il tenero e commovente amore di una studentessa adolescente, per la giovane direttrice della propria scuola.
Questo è al contrario il caso di un amore, sebbene corrisposto, impossibile da realizzare, eternamente desiderato, ma per forza di cose mai tradotto in realtà.
Qui l'amore omosessuale, contrariamente a quanto fatto in tutti i testi del periodo, non è celato da reticenze, è anzi descritto, se pure con il dovuto riguardo, nei minimi toccanti particolari.
Il modo per fondere la necessità di conformarsi alla morale imposta dal periodo storico, e l'esigenza di ogni scrittore di esprimersi con quanta più sensibilità possibile, sembra averlo trovato, nel succitato romanzo "Alexis o il trattato della lotta vana", Marguerite Yourcenar (che introdusse il tema dell'omosessualità anche nel suo celeberrimo "Memorie di Adriano").
"Alexis" non è altro che la lunga confessione di un marito alla propria moglie, alla quale si trova a dover raccontare la costante lotta vana contro la propria natura, in disaccordo con l'etica comune.
Non è una storia d'amore ad essere descritta, ma l'angoscioso e tormentato stato d'animo di un uomo dilaniato dalla mancata accettazione di sé stesso.
Si avverte in ogni parola la forte sensibilità femminile che la scrittrice trasferisce nel suo personaggio, capace di raccontare in modo profondo e toccante la propria omosessualità, senza mai doverne fare esplicita menzione.
Infine, come non citare Virginia Woolf, il caso più celebre fra gli autori che hanno fatto dell'omosessualità un punto cardine delle proprie opere?
Analizzarle tutte sarebbe impossibile: da "Orlando" a "Mrs Dalloway", si nota sempre qualche elemento che riconduce all'omosessualità, a volte lieve e appena accennato (come il bacio dell'amica Sally a Clarissa Dalloway), altre invece più marcatamente evidente (l'intero intreccio di "Orlando", prima uomo e poi donna, ne è la prova). Ma anche una donna emancipata come la Woolf, si trova a dover fare i conti con le ristrettezze mentali della sua epoca, e deve fare in modo che tutti i suoi riferimenti all'omosessualità risultino poco evidenti e manifesti.
Una caratteristica accomuna tutti questi testi (ad eccezione di quello di Wilde, in cui non si tratta di una storia inventata, ma di una lettera): non si parla mai, in nessun caso, di amori appagati o giunti a buon fine.
Ma se analizziamo infine uno dei più recenti casi letterari con tema "amore omosessuale", ovvero "Chiamami col tuo nome" dello statunitense Andrè Aciman, ci rendiamo conto che la morale della favola non è cambiata: anche in questa storia, l'amore dei due protagonisti non riuscirà ad avere un lieto fine.
Vorrei concludere allora con una provocazione rivolta alla società odierna che si vanta spesso della propria emancipazione: se allora era la morale a condannare l'amore omosessuale, come sarebbero finite queste storie se fossero state scritte oggi?