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LE INTERVISTE
DI PB
Morena
Fanti Intervista VALERIO VARESI
Chi è Valerio
Varesi?
Valerio Varesi è
nato a Torino l'otto agosto 1959 da genitori
parmensi. A tre anni è tornato
nella città emiliana dov'è
cresciuto e ha studiato. Si è laureato
in filosofia all'università di
Bologna con una tesi su Kierkegaard. Nel
1985 ha iniziato a scrivere su giornali
e riviste pubblicando anche racconti in
raccolte collettive. Dopo essere stato
corrispondente da Parma per La Stampa
e La Repubblica, nell'87 ha lavorato alla
Gazzetta di Parma e nel '90 è passato
alla redazione bolognese di La Repubblica.
La prima pubblicazione è del '98,
un romanzo giallo (Ultime notizie di una
fuga ed. Mobydick) liberamente tratto
dalla vicenda Carretta. Nel 2000 è
uscito Bersaglio, l'oblio edito da Diabasis
con il quale è stato finalista
al festival del noir di Courmayeur e al
premio Fedeli, organizzato a Bologna dal
Siulp. Assieme a una decina di altri autori
(tra i quali Macchiavelli, Manfredi, Barbolini
e Pederiali), ha pubblicato Aelia Laelia
Crispis (Diabasis), una raccolta di racconti
ispirati a una misteriosa lapide bolognese.
Nel 2002 è uscito Il cineclub del
mistero edito da Passigli con la presentazione
di Carlo Lucarelli. Sono Seguiti L'Affittacamere,
Il Fiume delle nebbie, Le Ombre di Montelupo
e A mani vuote (tutti per Frassinelli).
Il commissario Soneri, protagonista dei
romanzi di Varesi, con il volto di Luca
Barbareschi è approdato in Tv nella
serie di sceneggiati Nebbie e Delitti
su Rai Due nel novembre 2005 (al fianco
di Barbareschi c'era anche Natasha Stefanenko).
Nel 2007 è uscito Le imperfezioni,
edito da Frassinelli, e un racconto nell'antologia
"Crimini in provincia" (edito
da Guanda) curata da Marco Vichi. Per
altre notizie su Valerio Varesi consulta
il suo sito:
Il noir si cambia dabito un colloquio con Valerio Varesi
di Morena Fanti
E una sera destate e dentro la
biblioteca fa molto caldo. Laria è
satura dumidità ma non di tensione.
Largomento è il noir e la letteratura
gialla in genere, ma la voce di Valerio Varesi
è quanto di più tranquillizzante
si possa immaginare. Ogni argomento, anche il
più truce come un assassinio, è
trattato da Varesi in modo tranquillo e rilassato,
quasi elegante, con la serenità che viene
dalla conoscenza della materia e dal suo carattere,
così riservato e pacato.
La scrittura di Varesi rispecchia questo suo
modo di fare, con una scelta di termini e di
frasi non usuali al genere noir. Il romanzo
poliziesco è spesso associato ad un linguaggio
rude e scabro. La scrittura di Valerio Varesi,
invece, è più ricca, quasi ricercata,
anche se questo non è un termine perfetto,
perché di ricercato Valerio non ha nulla.
Penso che la sua scrittura sia, invece, molto
spontanea, e credo che i termini da lui usati
e le frasi che escono dalla sua penna, siano
il modo particolare che lui ha di scrivere,
siano cioè il suo stile, limpronta
che lo distingue subito dai colleghi scrittori
dello stesso genere. Quello stile che è
la voce personale di ogni scrittore e che ormai
non si trova più tanto spesso.
So che lei ha lavorato anche come cronista
di nera. Doveva frequentare, perciò,
la questura e i commissariati per avere le notizie
di cronaca. Per scrivere buoni romanzi gialli
è fondamentale la conoscenza delle dinamiche
che circondano il crimine e le indagini? Per la verità non ho frequentato
tantissimo le questure perché di nera
mi sono occupato solo a sprazzi. Però
ne ho avuto sufficiente esperienza per poter
conoscere i poliziotti e il loro modo d'agire.
Credo che non sia fondamentale conoscere la
vita della questura o della caserma per scrivere
dei buoni gialli, ma è anche vero che
ogni scrittore che si cimenti in questo genere
di narrazioni deve essere verosimile e pertanto
informarsi al riguardo. Altro discorso è
quello del crimine. Io uso la cronaca in quanto
emblematica del mondo d'oggi e quindi il crimine
può essere un modo per leggere la realtà.
Mi ispiro ai fatti di cronaca, quindi, ma solo
a quelli che hanno una forte rappresentatività.
I romanzi del Commissario Soneri sono diventati
una serie televisiva molto seguita dal pubblico.
Per trasformare un romanzo in una fiction serve
un buon, e a volte grande, lavoro di sceneggiatura.
Se non partecipa personalmente alla sceneggiatura,
le dispiace vedere altre persone che mettono
mano alla sua opera? Sì, mi dispiace vedere manipolata
la mia storia. Rispetto al lavoro dello scrittore,
quello dello sceneggiatore è assai più
ridotto. In fondo gli basta conoscere le tecniche
di narrazione per immagini e tradurre una storia
già fatta. Quello che però ho
trovato pregevole nella produzione che mi ha
riguardato è che i personaggi e le atmosfere
da me inventate sono rimaste le stesse il che,
variazioni a parte, ha mantenuto inalterati
i contorni dei miei libri.
Questa è lepoca di internet,
dei siti web, dei blog. So che anche lei ha
un blog molto seguito dai suoi lettori, ma mi
sembra di capire che il mezzo internet non sia
tra i suoi favoriti. E vero? Internet è una delle più grandi
invenzioni degli ultimi anni. Peccato che venga
usato nel 95% dei casi per comunicare o porcherie
o stupidaggini. I blog sono utili strumenti
di discussione, ma vedo che anche lì,
fra lettori di libri, quindi tra un pubblico
culturalmente selezionato, si riproducono i
meccanismi delle discussioni televisive con
i provocatori, le liti, gli insulti, le cattiverie
gratuite quasi si dovesse ricercare gli ascolti
nella stessa maniera di una trasmissione Rai
o Mediaset. C'è anche da dire che nascosti
dietro una sigla (si chiamano nikname o avatar
ecc) è più facile scatenare le
cattiverie gratuite, i colpi mancini, le carognate...
E queste ci sono, purtroppo.
Lei lavora alla redazione di Repubblica,
perciò tutti i giorni è impegnato
con la materia scrittura. So che
la sera o durante i giorni di ferie, lei si
ritaglia degli spazi per poter scrivere. Come
mai chi fa il ragioniere se può, evita
di portare il lavoro a casa e gli scrittori,
invece, hanno questo maledetto vizio di scrivere
sempre e ovunque? Credo perché il ragioniere quasi
sempre tratta un lavoro che non lo coinvolge
e a volte è alienante. Per questo, appena
può, ne fugge. Lo scrittore invece deve
sentire l'urgenza di scrivere e comunicare.
Se non la sente, significa che non è
uno scrittore. D'altro canto, pensandoci bene,
chi è che dedicherebbe tante ore di tempo
per costruire qualcosa che, nella stragrande
maggioranza dei casi, ti frutta pochissimo in
termini economici e ti può dare solo
qualche sporadica soddisfazione? Solo chi ha
una smisurata passione per la scrittura e per
l'interiorità può farlo. Gli altri
arriverebbero alla conclusione di ritenersi
dei pazzi.
Il suo ultimo romanzo Le imperfezioni
è molto diverso dalle storie in cui è
protagonista il Commissario Soneri, infatti
non è un romanzo giallo. Si può
definire, forse, un romanzo dintrospezione,
di ricerca interiore e di lotta tra diverse
forme di pensiero e modi di essere. Una ricerca
che deriva da una sua personale forma dintrospezione? Le Imperfezioni è un romanzo di idee
che ha l'ambizione di raccontare due tipologie
umane. Una è quella che vive l'interiorità,
che cerca le ragioni di vita dentro se stessi,
che persegue il bello e la trascendenza di valori
capaci di trasportarci in un mondo che non sia
solo quello della materialità, delle
cose. L'altra è la tipologia umana dedita
al profitto e all'autorealizzazione attraverso
le cose e il loro possesso prescindendo da un'etica.
La tipologia oggi vincente. Il mondo delle idee
contro quello delle cose, la qualità
contro la quantità. Savani, il protagonista,
contro il suo caporedattore Corbetta. Il tutto
nella personale convinzione che il mondo non
possa prescindere dalle idee che sono il patrimonio
umano più prezioso. Se continuiamo a
pensare solo alle cose non arriveremo che allo
scontro e alla disperazione.
Pensa che per uno scrittore sia più
interessante, e forse qualificante, spaziare
da un genere allaltro, oppure crede che
specializzandosi in un certo filone si possa
produrre storie migliori? Uno scrittore è
tale solo se riesce a scrivere cose diverse,
piuttosto che se si limita ponendosi dei confini,
seppur immaginari, oltre cui non andare con
le sue storie? Penso che le storie in qualche modo impongano
lo schema narrativo col quale narrarle. Ci sono
vicende che hanno bisogno di un'investigazione
e quindi rientrano nel genere, mentre ce ne
sono altre che suggeriscono modalità
diverse. Io sono un fautore delleclettismo
narrativo e quindi mi piace spaziare dal giallo
al noir al romanzo d'introspezione. E' evidente
che ne deve discendere anche una lingua differente
a seconda di cosa si narra. Per queste ragioni
penso che uno scrittore debba poter spaziare.
Secondo me i grandi narratori sono quelli che
riescono a miscelare bene le varie modalità
del raccontare.
Penso ai nomi più noti di scrittori
italiani di noir e mi viene spontaneo notare
che sono tutti uomini. Forse il noir sembra
un genere più adatto alla scrittura al
maschile e le scrittrici prediligono altre storie?
O è un problema di mercato? E' comunque vero che, in generale, ci sono
più scrittori che scrittrici. Nel noir
forse la presenza maschile è più
accentuata perché, per tradizione, è
un ambito letterario nato al maschile. La sensibilità
femminile ha portato molte narratrici a spostarsi
sui temi più intimistico-sentimentali.
L'esempio di Virginia Wolf ha fatto scuola e
ha lasciato il segno tra le autrici di tutto
il mondo. In questi ultimi tempi, tuttavia,
si assiste a un riequilibrio. Autrici come la
Bartlett, Ben Pastor, la Vargas o la Cornwell
stanno ribaltando la situazione. Credo che sia
solo questione di tempo.
Immagino che stia già lavorando ad
un nuovo romanzo. Possiamo avere unanteprima
sulla storia, o su un personaggio? Sarà
una nuova avventura del commissario Soneri o
ha altri mondi interiori da mostrarci? Sto lavorando all'editing del prossimo libro
in uscita contemporanea con la seconda serie
televisiva del commissario Soneri, sei puntate
a partire da novembre fino a gennaio. Si tratterà
di un poliziesco, ovviamente, che tenterà
di sfruttare la popolarità del commissario
televisivo per trainare quello di carta. Questa
volta Soneri sarà alle prese col delitto
di un'immigrata rumena uccisa e bruciata per
essere poi gettata in una scarpata dell'Autosole.
Si tratta di una vicenda che racconta la provincia
forse nel modo più spietato che io abbia
mai inscenato, tra ipocrisie, avidità,
meschinerie, ansia di arricchimento. Non si
salva nessuno: né i ricchi né
i poveri, anche loro già corrosi dalla
ringhiante corsa al benessere. E Soneri ha pure
una crisi con la sua compagna. L'unico a emergere
è un marchese decaduto e ridotto allo
stato di barbone che tuttavia conserva la forza
vitale di non rassegnarsi e di aiutare il prossimo.
Per gentile concessione di
Morena Fanti
e Valerio Varesi
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