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LE INTERVISTE
DI PB
Morena
Fanti intervista ALESSANDRO BERSELLI
Chi
è Alessandro Berselli?
Alessandro
Berselli, nato a Bologna, dove ancora
vive e lavora, inizia la sua attività
come umorista. Le sue Lettere al condominio
catturano l'attenzione del Maurizio Costanzo
Show nel 1992. Collabora con le riviste
"Comix" e "L'Apodittico"
e con il sito di satira on line "Giuda".
Dal 2001 inizia un'attività parallela
di scrittore noir. Dopo aver pubblicato
diversi racconti su varie antologie, nel
2005 pubblica il suo primo romanzo Storie
d'amore di morte e di follia (ARPANet).
Per il quotidiano "La Repubblica"
scrive Commando sette (2007), inserito
nella rassegna Bologna 2040. E poi il
suo ultimo lavoro, da poco uscito nelle
librerie "Io non sono come voi"
(Pendragon).
I suoi scritti denotano un evidente debito
tanto nei confronti della scrittura pulp
quanto di un certo tipo di letteratura
psicologica dove all'indagine si preferisce
l'analisi dei processi mentali, del senso
della sconfitta, dell'insoddisfazione
del vivere quotidiano. L'universo nel
quale Berselli si muove è fatto
di persone mediocri, figure border line
incapaci di trovare un riscatto e per
questo condannate al baratro emotivo.
La "normalità" è
la vera follia
Normalità
e invisibilità: lì si nasconde
il gesto improvviso, quello che sorprende e
taglia, affetta e nasconde.
Io non sono come voi (pagine 125 - euro 12,00
- Pendragon ), l'ultimo romanzo di Alessandro
Berselli, è una storia al limite della
follia nascente, che poi si sviluppa e si forma
sotto ai nostri occhi mentre leggiamo. Io non
sono come voi, è ciò che pensa
Paolo Graziani, portiere di un condominio di
via Saragozza a Bologna, e diventa quasi un
grido di non appartenenza: una dichiarazione
d'intenti in un compiacimento che elabora e
enfatizza la diversità assecondata con
cui il protagonista si guarda e guarda gli altri.
La scrittura di Berselli è graffiante
come il coltello, o come qualsiasi altra arma
che usi il suo protagonista, e il ritmo è
serrato, pur essendo un romanzo di pochi fatti
- a parte gli omicidi che avvengono in un'aria
rarefatta e incompleta: inevitabili e quasi
annunciati ma non temuti.
Frasi brevi - brevissime, spesso di una sola
parola - e ben divise.
Punteggiatura secca e pulsante.
Cadenza ripetitiva che diventa quasi ossessiva.
Tra monologhi interiori e frustrazioni accumulate,
la vita di Graziani scorre in una pochezza e
in un grigiore da bottiglie - troppe - vuote
e cd degli anni '80 e '90 in sottofondo: gruppi
musicali e cantanti maledetti finiti prematuramente.
La scrittura di Berselli è in soggettivo:
un viaggio dentro alla testa del protagonista
e nei suoi pensieri di rivalsa verso gli altri
che lo sottovalutano e lo deridono, rendendolo
sempre più conscio di non essere come
noi.
E noi? Noi non siamo come lui. Ma sarà
vero?
Una vera personalità borderline,
questa di Paolo Graziani, e leggendo il tuo
romanzo è così che ci si sente:
sempre sull'orlo della caduta, sempre in precario
equilibrio con la follia. In pratica, come certi
personaggi che vediamo al telegiornale? Se è così che il lettore si
sente, allora l'obiettivo è raggiunto.
Il concetto di equilibrio precario è
un tema che mi è molto caro, così
come il senso di pericolo emotivo, o la paura
di cadere. In effetti la follia del quotidiano
è un po' il leit motiv che accompagna
sempre i miei racconti: l'orrore nascosto nella
vita di tutti i giorni, gente apparentemente
normale che poi non lo è. Garlasco, Cogne,
il delitto di Perugia: siamo tutti potenziali
vittime. O carnefici
Cinismo e rancore sono i compagni di vita
di Graziani. Quando si legge un romanzo si è
spesso portati a identificare l'autore con il
suo personaggio e anche se noi ci auguriamo
che tu non sia proprio come lui, possiamo pensare
che ci sia una comunione di sensazioni tra te
e Paolo? Di sensazioni sì, questo è
normale che si crei tra chi scrive e la propria
voce narrante. La identificazione con il proprio
personaggio è fondamentale nel processo
di creazione, diversamente non si verrebbe a
formare nessuna partecipazione emotiva. Ma altrettanto
importante è che anche chi legge aderisca
a questo patto: scrittore e lettore votati alla
stessa causa, quella del protagonista. Non importa
se positivo o negativo: il gioco narrativo è
quello che possiamo essere chi vogliamo, non
saremo giudicati per questo.
Qualcuno ha definito questo tuo romanzo
un noir, seppure atipico. So che tu non ami
le definizioni di genere, e inoltre io non vedo
nulla del noir nella tua opera. Direi piuttosto
che il tuo sia un romanzo di introspezione psicologica,
di 'internità' assurda e malcombinata
che sfocia in un mare di follia ancora più
assurda. Se tu fossi un tuo lettore cosa penseresti
di Berselli scrittore? La divisione in generi sono attribuzioni
di comodo. Servono per posizionare i libri negli
scaffali delle FELTRINELLI, chi scrive non è
interessato alla discussione se il suo libro
sia NOIR o meno. IO NON SONO COME VOI è
NOIR nella scenografia, ma non nell'anima. I
delitti sono sfondo, non parte centrale dell'opera.
Non ero interessato agli aspetti investigativi
mentre lo scrivevo, volevo fare l'autopsia al
cervello del protagonista, a Paolo Graziani.
Raccontare la sua discesa agli inferi, da cittadino
apparentemente normale a serial killer.
Hai un bellissimo sito web (sappi, peraltro,
che ti chiederò i danni perché
per caricare la homepage e poter entrare ci
vuole mezz'ora e con la mia connessione è
una tragedia) e ho visto che hai aperto da poco
un blog. Con un pizzico di cattiveria - d'altronde
anch'io ho diritto ai miei cinque minuti in
stile 'Graziani' - ti chiedo se l'hai fatto
per avere un dialogo ulteriore e più
immediato con i tuoi lettori, o se è
solo un'operazione meramente pubblicitaria.
Il sito è un mezzo fondamentale per arrivare
alla gente. Uno digita il tuo nome su un motore
di ricerca e sei subito lì, a disposizione.
Ci sono le date, la bibliografia, i recapiti.
Non si può prescindere dalla comunicazione.
La gente ti scrive, ti chiede cose. E si acquista
una visibilità che sarebbe altrimenti
possibile. La risposta alla tua domanda è:
entrambe. Marketing ma anche rapporti interpersonali.
E' bello dialogare con chi ti legge.
Ho letto anche alcuni tuoi racconti e in
tutti i tuoi scritti ho trovato un'atmosfera
cupa e 'malsana', come tu stesso hai detto in
un'intervista. I tuoi protagonisti finiscono
spesso per prendere a martellate la testa di
qualcuno, come fosse una rivalsa verso il mondo
e le sue incongruenze. La scrittura è
anche un modo per esorcizzare il timore di Berselli
di essere come loro? La scrittura è uno spazio fantastico
dove lascio decantare la mia anima nera. Ci
si pulisce scrivendo, si mettono su carte delle
cose che si hanno dentro e ci si purifica l'anima.
Si lascia decantare la propria DARK SIDE. E'
catarsi, o esorcismo. E quando inizi non puoi
più farne a meno.
Paolo Graziani uccide, passa da una vittima
all'altra - non entro nei particolari per non
rivelare di più a chi non ha ancora letto
il romanzo - e la cosa strana è che ogni
volta usa modalità differenti, mentre
ogni serial killer degno di questo nome, applica
comportamenti rituali e uguali per ogni sua
vittima. Questa diversità nel modus operandi
di Graziani è voluta o è casuale? Paolo Graziani è un serial killer
atipico. E' un disorganizzato, non ha cognizione
di causa, colpisce random sperando di riuscire
e risolvere il suo problema, che è AVERE
VISIBILITA', conquistarsi un ruolo nella società
che tanto disprezza. Come dice a un cero punto,
uno che si rende conto che "se sei incapace
di amare, anche l'odio può diventare
un sentimento apprezzabile".
Tu hai iniziato scrivendo brani umoristici
e satirici, poi la tua scrittura è 'scivolata'
verso protagonisti e storie di cruda follia,
di cinismo, rancori, insoddisfazioni. Questo
processo di cambiamento è avvenuto per
via naturale o è stato il seguito di
un'evoluzione desiderata da Alessandro Berselli
per seguire le esigenze del mercato? Il mio umorismo era un umorismo nerissimo,
a dire il vero non so se è più
folle, cinico e rancoroso quello che scrivo
adesso o quello che scrivevo dieci anni fa.
Ti risponderei naturale evoluzione, vero è
che il NOIR ha spazi di mercato più importanti
della satira, quindi un po' di opportunismo
ci sarà pure stato. Ma assolutamente
inconsapevole: è che a un certo punto
mi sono trovato a scrivere storie di morte e
ho scoperto che mi divertivo un sacco.
Nel 1992 sei stato ospite del Maurizio Costanzo
Show, proprio a seguito dell'interesse suscitato
dalle tue Lettere al condominio. Com'è
stata questa esperienza e cosa ti ha portato? Non significativa. Difatti non mi ha portato
nulla. Costanzo è un trampolino di lancio
se lo assecondi, o se fingi di farlo. Io ero
troppo giovane e inesperto, e purtroppo non
l'ho fatto. Non mi ha più richiamato
Per gentile concessione
di Morena Fanti
e Alessandro Berselli
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